NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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La falda è alta: quali i tempi per la normalità?

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La falda è alta: quali i tempi per la normalità?

Come è stata pesante la decisione della quale parlano i Coldiretti di abbandonare gran parte dell'attenzione per l'agricoltura e rivolgerla invece alla produzione manifatturiera, artigianale o industriale?

IMERIO BORRIERO- Abbiamo ereditato e anche realizzato perché fino a poco tempo fa c'era lavoro e si volevano nuovi posti di lavoro. I Comuni che si sono messi assieme come abbiamo fatto noi assieme ad altri sette concertando un unico strumento urbanistico, hanno compiuto un buon lavoro, individuato macrozone, interventi, ecc., ma personalmente continuo a vedere che la tendenza prevalente è sempre quella di costruire sul proprio territorio. Oggi siamo più dediti ad ampliamenti che a costruzioni e gli ampliamenti si fanno ovviamente dove il capannone c'è già. Su tredici milioni di territorio abbiamo una incidenza di 150mila metri quadri per cui parliamo di percentuali bassissime. Gli interventi sono studiati, ma il problema ora è diventato quello di non continuare a pagare le conseguenze di quanto è stato fatto anche fino a 20 anni fa ed evitare che le progettazioni tengano conto dei pericoli come l'aumento della falda e le alluvioni: invece accade che troppo spesso si costruisce lavorando al risparmio e lo si vede dalle nuove strade che si sono allagate come a Montecchio Maggiore o sulla Pedemontana. A Montecchio Maggiore hanno costruito in trincea per ridurre l'impatto ambientale interrando i passaggi vicino agli abitati, ma è stato anche per ricavare da quegli scavi la ghiaia preziosissima che serve moltissimo ad altri usi. Questa è la verità.

MARCELLO VEZZARO- Ci doveva essere forte attenzione al territorio che per fortuna ora c'è, ma lo sviluppo maggiore degli insediamenti è stato fatto in passato e gli errori oggi ce li portiamo avanti. Ripeto, c'è adesso più attenzione comunque e su questo bisogna fondare una presa di posizione seria e forte degli amministratori dall'ente locale in su per tenere tutto sotto controllo; le norme ci sono anche se sono troppe, spesso intrecciate e di ostacolo l'una all'altra al punto da aver bisogno di interpretazioni da parte delle amministrazioni mettendo quindi in grande difficoltà chi deve gestirle. Però qui nel Veneto siamo stati sicuramente più rigorosi che altrove se si tratta di attenzione alle questioni del territorio il cui consumo deve essere finalizzato ad azioni di benessere collettivo e non solo a continue richieste di urbanizzazione. Torno un attimo alla falda e agli interrati: attenzione all'uso delle pompe per liberarsi dell'acqua. Bisogna stare molto attenti perché se dentro l'acqua che si espelle dagli allagamenti c'è molto limo e molta sabbia significa che si sta rischiando di danneggiare la staticità degli edifici che possono anche indebolirsi. I pozzi sono evidentemente altissimi, quello di Caldogno è al livello del 2010 per cui è evidente che bisogna tenere sotto controllo tutto.

MASSIMO_MAZZOLA (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)MASSIMO MAZZOLA- L'evento che stiamo vivendo è indubbiamente paragonabile a quello del 2010 e se li analizziamo confrontandoli con la serie statistica a nostra disposizione dobbiamo tornare ai primi anni 70 per trovare una situazione di stato freatico simile a questa; il sistema idrogeologico della alta pianura veneta è variato ed è una modifica in corso dal 2008. Nel giro di quattro anni abbiamo due situazioni eccezionali e significa che questa così breve distanza tra i due eventi è una specie avvertimento per il futuro. Non parliamo più di tempi di ritorno che durano decenni ma di qualcosa che si ripete e torna a verificarsi in spazi di tempo molto più ridotti rispetto al passato quando uno stato come quello di oggi non si poteva minimamente immaginare. La falda è sovralimentata, il drenaggio è sempre quello ed i fattori di alimentazione non fanno altro che sostenere i livelli ad una quota molto forte.

A questo punto ha ancora un senso parlare di ritorno alla normalità come è intitolata questa trasmissione o bisogna rassegnarsi a qualcosa che non si riesce a calcolare e tanto meno a prevedere?

MARCO RABITO- Proprio questo è il punto, dato che le situazioni anomale sono di gran lunga più numerose degli andamenti ciclici normalmente prevedibili: qual è la normalità, finiremo col chiederci, ed è questo il punto. Per normalità intendiamo un valore intermedio posizionato dentro una serie di anomalie che negli ultimi anni si sono invece continuamente estremizzate, molto al di fuori della norma, e si sono anche ridotti i tempi di ritorno: dopo il 2010 chi pensava che avremmo avuto altre alluvioni? eppure siamo arrivati a registrare eventi di questo genere ogni due anni, con pochi mesi in cui piove per tutto l'anno, come è accaduto in gennaio e febbraio. Forse dobbiamo ripensare a molte cose e il fatto è che i tempi sono troppo brevi per parlare di cambiamento climatico mentre credo che possiamo parlare tranquillamente di cambiamento meteorologico, questo sì. La gente che si chiedendo già se per caso sta scoppiano l'estate ed ha ragione perché oggi pare esplodere la stagione migliore. Forse tra poco usciremo senza giacca, le piante da frutto stanno fiorendo, gli animali in letargo si svegliano, eccetera. Ma questa normalità è strana, o va ripensata. Ora bisognerebbe calcolare una media delle varie anomalie anche se è sempre difficile stabilire se esiste veramente una media delle anomalie. Ecco perché la normalità è ancora più difficile da definire.

 

nr. 09 anno XIX dell'8 marzo 2014

 

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