In effetti è un po’disturbante. C’è una scelta registica che è quella delle mani che lavorano, è elegantissima: queste mani che tu muovi sulla finta macchina da scrivere e che si contrappongono appunto con quello che lei dice. Cosa rappresenta quest’eleganza delle mani in movimento con il suo carattere così scontroso e duro?
“Beh è molto doppia Anna Cappelli: propone una maschera di perbenismo ed educazione con la signora Tavernini e dentro invece c’è questo mostro. Le mani sono state una cosa registica perché la scena è completamente vuota, non c’è nulla, sono quelle cose che vengono così, provando gli spettacoli, fa parte di quelle trovate magiche che ti danno la sensazione che sei sulla strada giusta; è elegante, evocativo, alleggerisce e quindi dà questo senso di gioco e di doppiezza. Trovo che anche il fondale dietro sia elegante, scritto coi caratteri della pubblicistica degli anni ‘60”.
Questo testo è scritto in forma di monologo, sebbene ci siano dei dialoghi: ci sei presente solo tu e in base alle risposte che dai, si capisce cosa dice il tuo interlocutore. Secondo te è stato scritto così per rendere un maggiore distacco dall’ambiente che la circonda oppure è anche un po’un’eredità eduardiana, tipo il monologo del caffè sul terrazzo in “Questi fantasmi!”? Essendo l’autore stabiese…
“Penso che ci siano tutte queste cose: sicuramente l’influenza del teatro di Eduardo c’è perché lui ci ha lavorato, si conoscevano bene ed è anche una struttura particolare”.
Lei si prepara per uscire nei primi appuntamenti col ragioniere, per cui dovrebbe essere una cosa allegra, dovrebbe essere contenta perché sta ottenendo almeno una parte di quello che vuole e invece sembra che si stia preparando per una spedizione punitiva. Perché non è soddisfatta nemmeno quando ottiene ciò che vuole?
“Perché lei ha un piano in mente. Intanto non sa ancora che cosa succederà da questo incontro e infatti si capisce che lei non ottiene quello che vuole perché lei vuole sposarsi e lui le dice di no. Questo mettere le mani nei guanti è un po’anche richiamare quello che sarà la fine, quando lei lo segherà e lo taglierà per farne carne da mangiare. Anche lì è tutto portato su quella doppiezza: mi preparo, faccio la modellina ma mentre mi vesto esce qualche cosa, anche la musica richiama qualche cosa di feroce che sta per accadere”.
Lei è una pioniera perché va a convivere senza sposarsi, la cosa le pesa moltissimo, il prezzo da pagare è un ennesimo disagio psicologico. È l’ambiente che la circonda che la incattivisce oppure c’è qualcosa di regresso dentro di lei che si è frantumato e che la rende rigida e insofferente?
“Sì, Anna Cappelli non è una che diventa così perché gli altri sono cattivi, è qualche cosa che c’è già dentro di noi e che sicuramente in un mondo di negazioni e che non sta usando bene il proprio benessere, si esaspera ed esplode”.
È il periodo del boom per cui la gente comincia ad esprimersi attraverso la mercificazione dei beni. Lei è molto legata a tutto ciò che possiede però le sfugge sempre qualcosa, sembra quasi un personaggio senza speranza.
“Effettivamente lo è, basta vedere come va a finire: la sua missione è quella di avere le cose, purché siano “mie”, non importa cosa siano, purché io abbia la sensazione di possedere. In realtà anche i personaggi che sono intorno a lei sono negativi ed è un personaggio senza speranza ed infatti da quel momento storico del boom economico non possiamo dire di esserci ridotti bene, ecco, basta vedere dove stiamo adesso con la disperazione e la difficoltà economica”.
Quindi la sua è un’ambizione mal riposta? Un’espressione deviata di ambizione?
“Sì, assolutamente, è tutto incentrato lì: è una donna che non ha ben chiaro cosa sia l’amore, gliene frega poco, è una cosa che sta un po’più a lato, l’importante è avere delle cose. Ora uno potrebbe anche dire che è gente che è uscita dalla guerra da poco e questo bisogno di recuperare e di riscattarsi gli fa perdere la ragione. Probabilmente tutto questo accade anche per ignoranza”.
Anche perché è un periodo in cui le donne cominciano a lavorare e comunque lei vive la necessità del possesso esprimendola attraverso l’uomo: non pensa di poter ottenere ciò che vuole da sola, attraverso se stessa o il lavoro, pur avendo le possibilità economiche perché è il periodo del boom.
“No, infatti: c’è anche tutta una situazione culturale per cui una donna è una donna solo se ha l’uomo e si esprime attraverso l’uomo”.
nr. 10 anno XIX del 15 marzo 2014