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Qual è il rapporto rischio resa, energie spese e beneficio ottenuto? Chiaro che qui stiamo parlando di ricerca di limiti che fa parte degli obiettivi di qualsiasi alpinista, sempre tenendo conto della preparazione e di tutte le altre componenti indispensabili in montagna.
SILVIO REFFO- È ricerca del limite, sì, qualcosa che ti spinge sempre più avanti, seguendo la curiosità ma anche i limiti della preparazione. Difficile fare un passo indietro, ma ci sono dati oggettivi che la montagna ti fornisce e ti permette di fermarti. In arrampicata invece ci sono i limiti del danno fisico ma anche lì potendo fermarsi prima di aver superato un certo limite e salvaguardare il fisico. Nell'attività sportiva il fisico va ascoltato con grande attenzione, ti dà tutti i segnali per capire dove stai andando con l'impegno e le energie che stai impiegando.
In più ci sono i segnali fisiologici, cioè i segnali di cui parla Reffo, che sono quelli dovuti soprattutto ai cambiamenti nell'equilibrio interno del corpo. È su questo che bisogna lavorare?
MARIO VIELMO- Io sono d'accordo con Silvio: conoscersi dentro e il linguaggio che ci si crea nel proprio corpo sono indispensabili. Silvio ha la gestualità per comunicare in pieno col suo corpo, io invece devo ascoltare il mio corpo dall'interno, devo fare attenzione al mio motore, cioè il cuore, e poi devo sorvegliare la mia lucidità man mano che più su io mi spinga; e poi non dimentichiamoci che devo affrontare un ambiente di per sÈ particolare, un contesto generale che presenta pericoli non generici ma oggettivi come è il caso valanghe, dei crepacci e molto altro ancora. Un esempio terribile è quello dell'anno scorso: eravamo in 13 sul Kancengiuga, già sopra il campo quattro: si è staccato un seracco enorme che ha sepolto il campo 2: pensate un po' se c'era qualcuno in quel momento. Sarebbe stata una strage. Vuol dire che anche la fortuna è una componente importante e la sua mano ci vuole.
CLAUDIO TESSAROLO- Aggiungiamoci anche che la massima dei greci "conosci te stesso" è sempre assolutamente attuale. Bisogna capire tutto, da quando andare e quando fermarsi e che cosa fare. Dopo di che sono tutte attività estreme e come tali vanno prese, c'è una esposizione a cui non si può sfuggire, Il primo che è andato a 8000 metri ha parlato di conquista dell'inutile ma io non sono d'accordo: se l'uomo nel corso della sua storia non si fosse esposto esponendosi a grandi rischi i risultati non si sarebbero mai ottenuti; quando Messner è salito sull'Everest senza ossigeno ha stravolto la medicina e le conseguenze anche terapeutiche e di studio fisiologico sono state importantissime. Ora chi va in montagna dedica all'ambiente molta più attenzione di prima; ora chi va sull'Everest quando torna deve avere con sé otto chili di materiale trovato o scartato durante la salita. È un obbligo, ed è giusto così.
MARIO VIELMO- Nel mio caso penso che la montagna rappresenta una grande opportunità per me stesso, accresce la mia curiosità, la mia fame di emozione. Per me non è mai stata una sfida verso la natura ma invece una ricerca interiore profonda che forse va anche al di là della passione per la montagna stessa. Messner nel 78 ha superato una barriera all'epoca proibitiva ma ha anche dimostrato che la macchina-uomo è perfetta, che può arrivare fino alla vetta dell'Everest, appena cento metri sotto i 9000, dove si respira un terzo di ossigeno rispetto al livello del mare. Da quel momento in poi tutti abbiamo cominciato a domandarci tante cose e lo studio è ancora in corso, la piramide del CNR per esempio si trova ancora lì alla base del monte per studiare la fisiologia dell'uomo. Per tornare alle fasi di preparazione ad una spedizione come quella che sto per fare in aprile sul Odze, il periodo più importante per tutti è l'acclimatazione: per salire bisogna abituarsi alle quote e farlo gradualmente, cosa che del resto vale anche parlando di Alpi. Ognuno con i suoi tempi personali deve permettere al proprio corpo di segnalare quando si può o non si può affrontare un certo sforzo. Ci vogliono tre o quattro settimane per acclimatarsi, salendo ogni giorno e scendendo di qualche quota, montando i campi, dormendo in quota e quindi aiutando il più possibile il fisico al momento della partenza vera, quando poi si va davvero su per affrontare il monte.