NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Ancora in parete, ma alla ricerca di che cosa?

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Ancora in parete, ma alla ricerca di che cosa?

Facciamo l'esempio di un appassionato come Tessarolo: a che quota sei arrivato seguendo le varie spedizioni?

CLAUDIO_TESSAROLLO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)CLAUDIO TESSAROLO- Sono arrivato a 6700 metri, sul campo base a nord dell'Everest sono rimasto una settimana per prepararmi. L'organismo è bombardato da qualsiasi cosa, siamo nati per stare altrove ovviamente, ma possiamo adattarci a tutto ognuno con le proprie caratteristiche. Silvio ha bisogno di una determinata preparazione, Mario di un'altra. La mia esperienza mi insegna che lo sforzo è mentale più che fisico, che la padronanza di sÈ è basilare, che quando ci si trova in carenza di ossigeno si rischia di perdere lucidità e quindi di commettere sbagli che poi possono rivelarsi fatali. Sono esperienze estreme che appartengono tra l'altro a pochi, ad una piccolissima comunità di persone, diciamo che allargando al massimo siamo nell'ambito di 150/200 persone, gli himalaysti sono davvero pochi. La zona in cui ci si può muovere per cercare vette di questa altitudine è vastissima, vedo che adesso non ci sono tantissimi alpinisti che vanno sia sugli 8000: sono sì e no una ventina. Ma ci sono anche altri che si dedicano ad altro genere di quote a montagne da 6 a 7mila metri dove vanno a cercare e trovano altro genere di difficoltà, come ad esempio pareti difficilissime però a minore quota. Il che cambia i termini della questione ma sicuramente non cambia la qualità della prestazione alpinistica.

MARIO VIELMO- Scremando ulteriormente dal gruppo quelli che hanno dimostrato più risorse nei risultati ottenuti forse arriviamo a 20/25 alpinisti in grado di salire oltre gli Ottomila. C'è il mondo dei professionisti e quello dei dilettanti. Anche un dilettante con una buona preparazione può arrivare in cima, magari ad una vetta meno complicata: può essere, ma è difficile che la cosa si ripeta anche perché poi ci sono i limiti economici. Lavorare a queste quote è comunque sempre difficilissimo, il singolo passo costa fatica, anche stare in tenda e accendere il fornello è un impegno, uno sforzo, ogni movimento lo è e chiede un grande sacrificio. Chi va a quelle quote deve crederci davvero altrimenti è meglio che non ci vada. Se poi ci aggiungiamo la parte spirituale che coinvolge l'impresa, io dico che per quanto mi riguarda assaporo fino in fondo una energia tutta particolare quando alla fine mi trovo là in cima.

Abbiamo ricordato che doveva esserci la Fioretti, vorrei ripartire da Reffo e dalle difficoltà del climbing rispetto a questi racconti per poi passare a un normale stato di "prigionia" dentro la tenda quando sugli ottomila si scatena la bufera e di uscire non se ne parla neppure.

SILVIO REFFO- La mia attività è affascinante, di conquista personale, un fatto sportivo che mette a confronto con i limiti personali. Magari il futuro è forse proprio quello di portare questi nostri limiti di oggi ancora più avanti dato che per noi non ci sono rischi ambientali. Credo infatti che portare l'arrampicata sportiva in ambienti estremi già potrebbe essere la strada per una nuova evoluzione, come andare all'attacco di una parete di 800 metri con difficiltà 9A o 9+. Ora in Himalaya si cerca la salita più veloce o il concatenamento tra più salite. Per noi fatte le proporzioni sarà un po' lo stesso, arrivando alla pratica in ambiente ostile. Lama è andato sul Cerro Torre dove ha liberato una via artificiale e l'ha resa via sportiva: ecco, questo sulle Ande è un esempio di dove possa andare il futuro dell'arrampicata sportiva. L'arrampicata senza corda è un campo per pochissimi, per rispondere a Vielmo, e chi la pratica ha una grande passione ed emozione ma se le supera entrambe la rende una arrampicata sportiva estremizzata.

MARIO VIELMO- 8516 metri è la prossima quota del Lodze e mi accompagnerà Annalisa Fioretti una delle pochissime donne che in Italia possono arrivare a queste quote, si contano sulle dita di una mano. Se ricordate Cristina Castagna che è caduta nel 2009, lei anche è stata una figura importante, dall'Everest a tutto il resto. Per tornare alla fisiologia c'è anche il problema di non trovarsi dentro una tempesta improvvisa; i mezzi tecnologici consentono di prevedere quasi esattamente una finestra di bel tempo: se ti capita come a me nel 2011 devi tornare indietro a cento metri dalla vetta e cento metri a quelle quote vogliono dire almeno un'ora di salita. Se capita la tempesta e ti tiene prigioniero al chiuso, quando sei in tenda resti nel sacco a pelo, ascolti musica, parli col tuo compagno, bevi acqua perché è molto importante e poi... cominci a sognare i tropici, sogni il mare. Dormire anche è un fatto tutto teorico, un dormiveglia permanente che parzialmente risana e riposa e ti ripristina, ma mai completamente. Il problema ulteriore è anche che non si riesce a mangiare abbastanza, così ci si nutre soprattutto di zuccheri come il miele. Al ritorno a casa si arriva ad aver perduto fino ad una decina di chili. Per dire che al contrario di Silvio Reffo io prima di partire dovrei ingrassare...

CLAUDIO TESSAROLO- Ci vuole una forza mentale formidabile, il rischio è quello di lasciarsi andare e di non saper gestire le situazioni successive, rischi il panico, rischi di non fare le scelte giuste, di non sapere più come proteggerti, tutte cose che comunque rappresentano un problema perché anche nella normalità ci metti qualche secondo in più a reagire. Molti crollano e dopo quel momento non si ha più la forza per tornare indietro. Insomma, ci vuole molta benzina per salire ma quasi altrettanta per tornare indietro.

MARIO VIELMO- Anche in discesa puoi sbagliare perché è il momento in cui sei sempre meno lucido, sei spossato dalla fatica appena conclusa e rischi di non avere più l'attenzione indispensabile per scongiurare problemi serissimi. Se non ci si riesce anche la discesa può diventare un problema insuperabile. Il rischio c'è, per evitarlo occorre fare una buonissima acclimatazione per la quota. A parte tutto questo, diciamo che c'è anche la parte costruttiva per l'animo di chi va il montagna. Sono estreme le situazioni ma anche le esperienze, i contatti con gli altri, ma anche l'orizzonte che è incredibile e indescrivibile. È una grande esperienza per l'uomo.

 

 

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nr. 11 anno XIX del 22 marzo 2014



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