“Her” (il film premiato come migliore sceneggiatura agli Oscar, diretto di Spike Jonze con Joaquin Phoenix, ndr)
Pg.P.: “Si. Anche lo sviluppo tecnologico è il superamento di un limite in una direzione sconosciuta verso un progresso che ci porta sempre a interrogarci sui limiti dell’uomo a livello intuitivo e di percezione, di cogliere dei segnali che non siano solo quelli empirici ma onirico-metafisici".
Quando si parla di Edgar Allan Poe non si può non pensare ai film con Vincent Price e Barbara Steel che sono stati consacrati da quel filone. In precedenza ci sono stati altri film dell’orrore molto famosi, negli anni ‘20 e ‘30: “Il gabinetto del dottor Caligari”, i film di Tod Browning come “Freaks” e il “Dracula” con Bela Lugosi. Oggi è sempre più difficile trovare delle produzioni in cui la creatività e l’efficacia coincidano, i film degli ultimi anni sono “L’esorcista” negli anni ‘70, “Nightmare” negli anni ‘80 poi forse qualcosa negli anni ‘90 ma l’ultimo che iconograficamente ha segnato è stato “The ring”.
A.G.: “Perché probabilmente si parte molto meno dalla letteratura, soprattutto negli anni ‘90 e la fine degli anni 90 c’è stato un po’ il rinvigorire dello splatter, meno filosofia dell’horror e più immagine e questo probabilmente lascia meno ricordi forti, forse si è anche esaurita una produzione letteraria di questo tipo".
Pg.P: “È molto più difficile di una volta spaventare attraverso le immagini al cinema: anche a livello di stimolare la repulsione dello spettatore, si è fatto un po’di tutto. È diventato difficile trovare la chiave, trovo che sia molto più orrorifico, a volte, un certo tipo di racconto: ci sono dei film minimali che sono inquietanti. Un film che io ho trovato horror è stato “Funny Games”.
Quello delle uova.
Pg.P.: “Quello è un film horror vero e proprio nonostante gli siano date delle connotazioni sociali e di cronaca. Però i canoni sono cambiati, non ti spaventi più davanti all’effetto speciale e al sangue, secondo me resta forte, come resa sullo spettatore, il thriller psicologico".
Nello spettacolo vediamo anche dei numeri di danza: le parole e la musica sono particolarmente adatte ad alimentare degli stati d’animo di paura, così come le immagini. Il linguaggio della danza come può tradurre la letteratura e l’iconografia horror?
Pg.P: “Nell’iconografia cinematografica abbiamo dei momenti non parlati inquietanti, i film horror di una volta sono pieni di questi momenti di silenzio in cui vivono delle figure in movimento. Le performance di questa sera avevano tutte un riferimento al racconto precedente, c’era il momento del “Il cuore rivelatore”, de “La maschera della morte rossa”. Visto che abbiamo dedicato alla recitazione pura e alla pittura (perché questi fumetti sono delle piccole opere pittoriche e li trovo straordinari) pensavamo di dedicare anche uno spazio al tema del racconto del terrore con questa citazione di un movimento senza parole che può ricordare il cinema espressionista: “Freaks”, “Il gabinetto del dottor Caligari”, Murnau. La lampadina che oscilla arriva direttamente dalla scena finale di “Psycho” ".
Il racconto della morte rossa, con la maschera mostruosa coperta da un sudario che viene considerata sconveniente anche alla festa mascherata: ci sono dei miti che vengono valorizzati dall’arte, sia che vengano rappresentati in modo serio che in modo comico, genere che dovrebbe essere demolitivo, eppure questi miti non vengono scalfiti. Da una parte penso alla scena de “Il settimo sigillo” di Bergman dove Max Von Sydov gioca a scacchi con la morte e dall’altra al corto dei Monty Python con il tristo mietitore che si presenta a cena. Cosa rende il mito così versatile da uscire sempre valorizzato da qualsiasi tipo di lettura e rilettura?
Pg.P.:“Dici anche in chiave ironica e grottesca?”
Si.
Pg.P.: “Il mito vive di luce propria e qualsiasi citazione tu faccia, anche se in chiave di parodia è sempre un omaggio: il fatto di vederlo, trasfigurarlo, riproporlo in una chiave diversa, anche di ridicolizzarlo non può che essere sempre un riconoscimento che nell’ immaginario collettivo quella cosa lì è indimenticabile".
nr. 11 anno XIX del 22 marzo 2014