NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Storia di vino, di contadini e di Gambellara

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Luigi Zonin Gambellara

Perché ha scelto questo titolo tra vino e pane?

"È un ricordo della mia infanzia, trascorsa nel paese dove sono nato e dove ho sempre sentito dire che nelle nostre famiglie contadine il vino era importante e vitale come il pane, anzi il vino era il pane quotidiano. E questa motivazione di fondo, che è anche il mio pensiero, viene ripresa e commentata nelle pagine introduttive, sia quando presento la storia della viticoltura e del nostro vino, sia quando racconto le vicende passionali e a tratti violente del Comune fino al ventennio fascista del secolo XX".

Luigi Zonin Gambellara (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Perché si è interessato di Storia oltre che di vino?

"La storia è sempre stata una passione ed un interesse che mi hanno accompagnato per tutto il mio percorso scolastico; però l’occasione determinante è capitata all’università, durante il corso di Storia romana. Ero una matricola impaurita e sprovveduta di Lettere, ma ho subito raccolto la proposta del prof. Sartori, che ci aveva sfidato a dimostrare se la fonte latina che presentava il profilo di Massimino il Trace (235-238 d.C.) era credibile o del tutto falsa, con ovvie conseguenze. Il passo incriminato e discusso riguardava l’alimentazione dell’imperatore barbaro, che mangiava e beveva quantità mostruose di cibo, ma possedeva anche un fisico fuori dal comune e dai tratti singolari. Mi fissai sulle anfore di vino che beveva ogni giorno; consultai altre fonti (greche) ed ogni sorta di pubblicazioni sull’argomento, dai SS. Padri agli storici del III secolo; trascorsi settimane intere nelle biblioteche di Padova e di Vicenza e soprattutto interrogai e registrai quanto vino bevevano i grandi bevitori di Gambellara nei primi anni Sessanta; infine elaborai i dati raccolti: in qualche giorno superavano gli 8/10 litri. Riuscii a dimostrare che le misure militari del Basso Impero erano il doppio di quelle civili in uso e che Massimino, tutto sommato, beveva come numerosi grandi bevitori nei giorni di grazia e che dunque la fonte latina era attendibile".

Alcuni luoghi sono legati a doppio filo ai loro prodotti, anche Gambellara lo è?

"Credo di aver dimostrato e scritto che il vino e le viti sono stati indissolubilmente legati alla storia di Gambellara e che le “lingue sonore e libere” dei suoi abitanti, descritte da un parroco 'al verderame’ nel Veneto austriaco, siano la più bella e schietta definizione dei suoi abitanti (complice il vino?). In effetti ho parlato del paese solo da quando le fonti la nominano e poi ho seguito tutte le tracce possibili che documentano la presenza delle viti sulle nostre colline ed in campagna comune; perciò ho descritto a lungo la presenza e la coltivazione delle viti schiave dal tardo Medioevo fino ai primi anni veneziani, collegando la viticoltura con la ricchissima toponomastica antica, con la presenza dei poderi e dei feudi dell’episcopato vicentino intensamente vitati, con i contadini delle due Gambellara e di Sorio che nei secoli veneziani sono stati i veri protagonisti di questa rivoluzione ,dai boschi sterili fino al dissodamento, cioè le colture intensive. Documento dunque dal 1428 la presenza della garganega, che in pochi anni è diventata il vitigno d’eccellenza dei colli di Gambellara, segnalato da agronomi e da trattatisti come esempio da imitare (vitigno unico e vino garganego)".

Luigi Zonin Gambellara (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Com'era la vita contadina nei secoli scorsi in quelle terre?

"È un tema importante, che riprendo in diversi capitoli e periodi, in cui illustro e descrivo la vita dei nostri contadini desunta dai contratti agrari dai livelli feudali fino alle più recenti condizioni contrattuali stipulate nell’Ottocento. Pongo in evidenza le colture della campagna ed in particolare quelle del monte, dove la vite è sempre stata una priorità assoluta con le piante da frutto, i gelsi e gli ulivi. Ho cercato di rappresentare la vita contadina attraverso le fonti notarili dell’epoca: partendo dai testamenti, dagli inventari e dai contenziosi divisionali ho potuto raccogliere notizie particolari e descrivere le case, le cantine, gli attrezzi rurali e gli aspetti più interessanti della vita sociale e famigliare dei contadini del paese in un affresco variegato, che ripropongo poi in momenti diversi e con dettagli specifici sulla viticoltura e sulle viti garganeghe".

Cosa rappresenta per lei il vino: solo un prodotto della terra o anche una filosofia?

"Penso a tutte e due le cose, ma anche quando parlo delle celebrità enologiche, come il Vin Santo o il Recioto di Gambellara, mi limito a ricostruire le origini e il loro percorso storico, con qualche risvolto di marketing attuale. Rifletto e documento, in diversi momenti, il problema del consumo del vino, da quello rituale al vino piccolo destinato ai braccianti stagionali o a quello che non mancava mai sulla parca mensa dei contadini. E se gran parte del vino veniva riservato al consumo familiare (e non solo quello mediocre) una ragione ci doveva pur essere: era senz’altro essenziale come il pane per integrare l’alimentazione delle classi meno abbienti. Però ci sono sempre stati gli abusi, anche perché il vino, a casa o all’osteria, era forse l’unica trasgressione del nostro tribolato mondo contadino. La filosofia del vino, nei secoli violenti che hanno attraversato la nostra storia, rimaneva un campo esclusivo degli accademici o dei trattatisti, dei poeti e di quanti frequentavano le case, i salotti e le cantine dei ricchi".

Oggi in tempo di crisi come risponde il mercato vinicolo? C'è un futuro o la strada è ancora in salita?

"Non ho affrontato questi aspetti, se non marginalmente quando parlo delle infezioni che hanno colpito la nostra viticoltura dalla metà dell’Ottocento ad oggi o quando presento alcune problematiche che non lasciano spazio e prospettive a certi vini di eccellenza come il Vin Santo. Poi ci sono le mode, il marketing spinto, le etichette fasulle che presentano castelli e terroir, cantine e prodotti di fantasia, con vini frutto più di sofisticati laboratori che del duro lavoro dei contadini. Un ritorno al passato? No di certo, come ho avuto modo di ribadire; semmai prospetto, ma non è il mio campo, una dimensione più equilibrata e saggia tra chi vive e fatica sulle terre del vino e chi invece specula nel rutilante mondo del commercio e del consumo di Bacco".

 

nr. 18 anno XIX del 10 maggio 2014

Luigi Zonin Gambellara (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

 



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