(g. ar.)- La stagione dei raccolti dell'agricoltura deve anche troppo spesso fare i conti -e non sempre purtroppo si tratta di conti che tornano- con i problemi legati all'andamento delle condizioni metereologiche. Partendo dai due mesi micidiali che hanno aperto quest'anno si capisce immediatamente come il problema non sia affatto di scarso peso. Se è vero che in gennaio e febbraio è caduta tanta pioggia quante se ne ha in genere per tutta la durata di un anno mediamente normale, è chiaro anche che gli agricoltori si sono dovuti applicare alla ricerca di misure importanti di rimedio.
L'eccessiva presenza di acqua nei campi ha da una parte ritardato il normale processo di maturazione delle graminacee mentre dall'altro ha posto problemi fortissimi per riuscire a riassorbire nella falda il sovrappiù. Il che, anche se lentamente, è alla fine accaduto tra aprile ed i primi di maggio.
Ma a parte questa situazione generale abbastanza allarmante si sono presentate altre variabili che hanno attirato l'attenzione del mondo agricolo ma non solo: se va in crisi la produzione dei beni alimentari derivati dall'agricoltura va in crisi tutto il sistema del rifornimento alla vendita al dettaglio e quindi a poco a poco ne restano coinvolte in prima persone anche le famiglie, cioè i consumatori.
Proprio parlando di queste variabili verificatesi da gennaio ad oggi, c'è da dire che risale alla metà di marzo l'allarme cavallette suscitato in quasi tutta la provincia dalla presenza di sciami consistenti di questi insetti che minacciavano di moltiplicarsi e di danneggiare i raccolti ormai vicini allo sbocciare.
A distanza di tre mesi, grazie alla collaborazione dei tecnici dell'istituto fitopatologico di Lonigo in collaborazione con l'Università di Padova, si è messo a punto il sistema per evitare il peggio. L'intervento è stato cominciato da subito sulle cosiddette grillare che si conoscevano, cioè sui nidi stessi delle nuove generazioni delle cavallette (due specie autoctone, quindi l'invasione minacciata era ad opera di origini locali e non importate) per poi passare ai sistemi di prevenzione scientificamente più adatti.
Oltre ai raccolti minacciati dalla cavallette un pericolo molto serio lo hanno corso anche le coltivazioni di ciliege minacciate da un parassita. Anche qui pare che si sia trovata la soluzione ed è prettamente tecnica, di conoscenza delle premesse e naturalmente dei mezzi che vanno posti in essere per evitare che le anomalie si facciano strada rispetto alla regolarità e finiscano con il trovare un modo per vincerla sui procedimenti scientifici di riparo e lotta ai parassiti. Anche in questo caso è stata la tempestività delle procedure di studio e successivo intervento ad evitare che il pericolo andasse molto oltre il livello della sopportabilità
Se entrambe le situazioni sono davvero arrivate alla svolta finale con l'applicazione di metodi di intervento tanto più efficaci in quanto sperimentati a lungo in collaborazione con i laboratori di ricerca universitari, è anche vero che la verifica più autentica sta per scadere proprio in questi giorni e quindi ci sarà un faccia a faccia quanto mai eloquente destinato a dare risposte chiare e affidabili su tutta la questione.
Altrettanto evidente, portando a termine questa ultima fase dell'intervento cominciato a cavallo di marzo/aprile, l'efficacia di una tradizione che si nutre di conoscenza e capacità tecnica da parte degli agricoltori. Quando si parla di sorveglianza del territorio e presenza dell'uomo ci si affida anche e soprattutto a queste considerazioni.
Di cavallette e anche della stagione della ciliegia IN PIAZZA parla con SERGIO CARRARO referente del Servizio Fitopatologico Provinciale, LUCA MAZZON ricercatore DAFNAE Università di Padova, GIUSEPPE ZUECH presidente consorzio IGP di Marostica.