NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
google
  • Newsletter Iscriviti!
 
 

Il cantautore e scrittore

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

facebookStampa la pagina invia la pagina

Emidio Clementi

I testi sono molto sintetici e minimal, senza necessariamente sacrificare la forma poetica. Scrivendo romanzi si ha molto più “spazio letterario” a disposizione: come gestisci l’organizzazione dei contenuti esprimendoti sia conforme molto sintetiche che più analitiche?

“Proprio lì è il problema perché da una parte devi comunque raccontare, non puoi giocare su quelle zone d’ombra che invece in una canzone possono funzionare e quindi sono due momenti diversi. Io, per esprimere poi non ci riesco mai, mi piace dedicarmi per un periodo ai testi delle canzoni e un periodo ai racconti o ai romanzi, poi per necessità mescolo tutto ma almeno ho bisogno che nell’arco della giornata ci sia un momento preciso in cui lavoro ai testi e un’altro in cui lavoro alla pagina scritta”.

Emidio Clementi (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Anche perché tu spesso nelle tue canzoni fai dei riferimenti a dei libri.

“Si, certo, anche perché tutto il materiale è buono per essere raccontato”.

Canzoni recitate e molti reading, una forma teatrale di narrazione: sarebbe possibile una qualche astrazione in un tipo di proposta come la vostra, abbastanza simile al teatro canzone, se vogliamo?

“Non lo so, io ho un rapporto abbastanza difettoso con l’immaginazione, invece ho un rapporto molto stretto con la realtà: quello che mi ispira è quello che vedo e che mi circonda. Poi è sempre una realtà romanzata, rivisitata e passata attraverso il mio vissuto ed è il mio punto di vista, però tutto quello che faccio, la mia poetica si nutre di realtà quindi anche l’astrazione mi risulta difficile, poi”.

Hai mai pensato, oppure ci sono stati dei periodi, a una forma di ironia o sarcasmo? Molto spesso si dice che la parte drammatica ha una faccia anche ironica.

“Ironica ce n’é specialmente nella parte mia più letteraria dei romanzi, a tratti anche di umorismo, di ironia ce n’è anche in qualche testo dei Massimo Volume, però è anche vero che è più difficile essere ironici o far funzionare altri registi in una forma così strutturata drammaticamente come la nostra musica”.

Carnevali1 (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Il tuo nuovo spettacolo teatrale è ispirato a Emanuel Carnevali, scrittore che ha avuto una storia di immigrazione negli Stati Uniti molto tormentata, dedicaste a lui una canzone nel vostro album del ‘95. Cosa ti ha colpito di questo autore?

“Che a tratti la sua biografia poteva essere un po’sovrapposta alla mia e lui mi ha donato una consapevolezza nello sguardo, cioè alla fine quello che lui vedeva era un mondo molto più drammatico, un’esistenza molto tragica la sua, però era quello che io all’epoca non riuscivo a vedere: che quello che avevo intorno bastava per essere raccontato, raccontare una vita e un’esistenza. Io pensavo che per poter scrivere occorreva una vita diversa o più fascinosa della mia e invece avevo tutto accanto e bastava vederlo”.

I punti di contatto tra te e l’autore?

“Lui ha fatto una fuga anche più chilometricamente più evidente della mia perché è andato in America poi ha fatto una vita di lavori marginali, a lungo tempo è stato anche povero, per molto tempo è stato anche un autore sconosciuto però lui ha raccontato quello che aveva intorno e questo mi ha aiutato per trovare la mia voce e il mio sguardo”.

Voi avete un suono che una volta sarebbe rientrato nella grande cerchia della new wave. Ti riconosci nell’atmosfera dei gruppi di quegli anni? Quali sono state le la caratteristiche di quel tipo di corrente musicale e culturale che hanno influenzato anche un certo tipo di musica pop di pop di qualità, diventando un cult come potevano essere Bronsky Beat, Marc Almond, gli Yazoo di Alison Moyet?

“Siamo cresciuti con le stesse matrici musicali, quelle degli anni ‘80 e della new wave, del post rock. È la musica che un po’ci ha formato e che in qualche maniera abbiamo superato e però rimane nella nostra formazione musicale di autodidatti”.

Quali erano i gruppi dell’epoca che ti piacevano di più?

“Tanti: dai Gun Club ai Joy Division, i Clash, al punk americano tipo Fugazi, Black Flag, Germs, gli X ma potrei citarne centinaia; però sai, dopo, le influenze andando avanti nel tempo diminuiscono sempre di più la capacità che hai di assorbirle perché poi, a un certo punto, quando riesci ad avere una voce e uno stile tuo, è quello a cui ti rifai”.



nr. 27 anno XIX del 12 luglio 2014

Emidio Clementi (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

 



« ritorna

Come installare l'app
nel tuo smartphone
o tablet

Guarda il video per
Android    Apple® IOS®
- P.I. 01261960247
Engineered SITEngine by Telemar