NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Museo Diocesano e promozione culturale

Quasi dieci anni dopo la sua fondazione non si limita più ad esporre pezzi sia pure rarissimi ma apre le porte ad iniziative che vanno tutte in direzione del contatto con la realtà: 25mila visitatori all'anno da tutto il mondo e giornate dedicate a studenti, insegnanti, famiglie e ricerca di laboratorio, per realizzare un'istituzione vitale

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Museo Diocesano e promozione culturale

(g. ar.)- Verso la fine degli anni 60 il museo di Castelvecchio a Verona salì alla ribalta del mondo per la novità che seppe rappresentare: non più un luogo di rappresentazione ingessata sia pure con la ricchezza di patrimoni inestimabili, ma molto di più. Licisco Magagnato, studioso conosciutissimo anche a Vicenza dove aveva diretto Palazzo Chericati, riuscì in una impresa che sulle prime era sembrata quasi impossibile: mettere sotto contratto un architetto di punta mondiale come Carlo Scarpa, fargli trasformare in senso moderno la fisicità del castello creando all'esterno e all'interno percorsi esteticamente inediti, fatti di cemento acciaio e acqua, e inventare dentro questo vecchio/nuovo contenitore una serie di iniziative che dovevano renderlo "vivo", non più semplice espositore di cose antiche e di valore, ma nuovo motore di cultura.

Quasi dieci anni fa nasceva nel centro di Vicenza il Museo Diocesano. L'idea era stata di Pietro Nonis, vescovo per cinque anni fino al 2003, un uomo di grande cultura il quale grazie alle sue lunghe permanenze in vari paesi del mondo sapeva trasportare anche al livello più locale, quello maggiormente vicino alla gente, il messaggio di tesori d'arte e di devozione raccolti un po' dappertutto. In questi pochi anni il museo si è trasformato in un luogo di elaborazione e iniziativa culturale, lo ha fatto anche in un contesto antico come il palazzo del Vescovado precedentemente ben adattato e preparato proprio per accogliere nel modo migliore le esigenze che il nuovo museo avrebbe espresso. Alla maniera di Magagnato e Scarpa, insomma, Francesco Gasparini, il monsignore che ne è direttore dal febbraio 2006 (il primo anno dopo l'apertura fu gestito da mons. Cattin), ha cercato e trovato -ma continuando a lavorare lungo questo scoprire in permanenza nuovi stimoli- la formula forse più conciliante anche per la realtà sociale oltre che devozionale e di tradizione alla quale si rivolge. È una specie di chimica ispirata che porte il museo a proporre costantemente cose nuove: le più recenti, del resto ancora in pieno svolgimento, riguardano l'offerta di laboratori aperti che si rivolge agli studenti, alle loro famiglie, agli insegnanti. Il tutto per creare giornate di incontro e anche di studio e lavoro collettivo che stanno ricevendo come contropartita un consenso molto incoraggiante.

L'ARTE CONTRO IL DEGRADO- E del resto questo concetto di un museo vivo che attivamente partecipi alla vita del suo stesso territorio se prende le mosse da quei lontani anni di Castelvecchio, gode pur sempre di radici profonde tutte concentrate nel valore dell'arte in tutte le sue forme di espressione. L'idea fondamentale di Francesco Gasparini si lega appunto a questa funzionalità del messaggio da rilasciare verso il territorio facendo base sul valore della cultura e di tutto quanto contribuisce a fonarla: "Che cosa sono musica, poesia, pittura, scultura e arte in genere se non cultura? Io credo che specialmente facendo riferimento ai tempi che stiamo vivendo questo punto di riferimento sia di valore molto alto perchè attraverso la cultura e tutte le sue espressioni si può combattere il degrado morale e materiale dentro cui è immerso il mondo. Dico combattere e non dico vincere perchè la lotta è davvero impari. Molto più facile soffocare la cultura per dare risorse a cose che assecondano maggiormente il cattivo gusto medio in voga; molto più difficile trovare risorse per la cultura, questo è chiaro. Eppure io sono convinto che il lavoro di questo museo è quello di rendere un servizio alla Diocesi, cioè alla gente, con un messaggio molto chiaro e di grande valore anche per il patrimonio delle cose contenute nelle nostre sale. Va da sè che non ci si può limitare ad esporre. Bisogna proporre, cioè andare molto oltre il semplice richiamo che si può esercitare per attirare qui sempre nuovi visitatori".

STRANIERI 60 VISITATORI SU 100- La risposta è quasi implicita nelle semplici cifre. Inserito nel quadrilatero dell'offerta museale vicentina con Palazzo Thiene, Fondazione Roi e Palazzo Chericati/Santa Corona, questo museo sa evidentemente attrarre anche proponendo. Basti dire che il numero dei visitatori dell'ultimo anno ha superato il numero di 25mila e che il 60 per cento è costituito da cittadini stranieri. Il registro dei commenti a disposizione di tutti quelli che entrano al Museo Diocesano è una vera e propria mappa mondiale: dagli Stati Uniti al Giappone, con Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Belgio, Romania, Brasile, Argentina, Perù, sono presenti quasi tutti i paesi del mondo. E ci sono dediche di straordinaria considerazione che riguardano sia il grande patrimonio disponibile alla visione e allo studio eventuale, sia alla formula utilizzata per metterlo in mostra. Dice ancora Gasparini: "Al di là delle possibilità che ci ha dato la preziosa realizzazione del biglietto unico per i musei vicentini, ci siamo resi conto che davvero il nostro messaggio sta viaggiando lungo due grandi itinerari differenziati e che pure finiscono con il coincidere: parliamo evidentemente al mondo e quindi portiamo il mondo alla Chiesa vicentina, alla Diocesi, alle nostre Parrocchie. Questo è sicuramente un risultato di rilievo. Credo proprio che si tratti di un modo efficace per diffondere quell'attenzione al mondo della cultura di cui parlavo prima. Il nostro contatto con il territorio è molto vivo e continuo, siamo un punto di riferimento per il patrimonio affidato alle Parrocchie e anche per tutto quanto può costituire novità quotidiana in città o in provincia. Quando a Santa Corona si sono fatti i lavori che l'hanno rimessa a posto per tutti quei tre anni è stato il Museo Diocesano ad accoglierne le opere d'arte che altrimenti non avrebbero avuto una ospitalità altrettanto rapida e prossima di sede".

Museo Diocesano e promozione culturale (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)DA PIETRO MODOLO A GOLDIN- Tra le nuove iniziative c'è anche la celebrazione del centenario della nascita di Bepi Modolo, artista poliedrico che si è espresso in tutte le forme pittoriche; dalla ritrattistica all'affresco, lungo un percorso fitto di opere sacre. Modolo viene ricordato con una mostra del Diocesano che ha raccolto opere selezionate, dipinti, disegni e gli splendidi bozzetti che conducono agli affreschi, alle vetrate e mosaici intrasportabili, aprendo allo spazio delle chiese ed alla loro architettura non solo del territorio Veneto. Il titolo La pittura di Bepi Modolo -Una vita dedicata all’arte è il titolo della mostra che -scrive Maria Luisa Ferraguti- "colloca l’artista trevigiano di Santa Maria di Piave (1913-Vicenza 1987) all’interno della vicenda artistica del secolo scorso; le opere riverberano reciprocamente la luce del suo lavoro, fino a comporre l’opera unica della sua esistenza. Lo si può cogliere nella continuità della sua storia: accanto al valore estetico, le circa sessanta opere selezionate rivelano una reale spiritualità ed i temi della storia sacra ne sono, quasi in totale, l’argomento". È un'altra chiave di lettura del ruolo del museo rispetto al territorio, così come lo sarà all'apertura della nuova grande mostra in Basilica, ancora una volta realizzata dal prof. Goldin, l'altra iniziativa del Diocesano che metterà in mostra il cosiddetto Piviale dei Pappagalli, di inestimabile valore, insieme con tessuti che risalgono al 1200. Un altro piccolo grande angolo che si connette strettamente non solo alla vita devozionale della provincia di Vicenza, ma allo stesso territorio.



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