NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Ma la musica è ancora…classica?

Intervista al maestro Ivan Fedele che ci porta ad una suggestiva esplorazione dei componimenti, tra spartiti moderni e di intrattenimento

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

biennale (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Si conclude questa settimana a Venezia la Biennale Musica, Festival Internazionale di Musica Contemporanea nell’ambito del quale sabato alle ore 20, al Teatro alle Tese verrà consegnato il Leone d’oro alla carriera al compositore Georges Aperghis seguirà l’esecuzione dell’opera “Machinations” tra le più celebri del compositore. Tantissimi gli autori da tutto il mondo e molti nuovi componimenti in prima esecuzione assoluta, alcuni commissionati apposta per il festival. In occasione del concerto dei Moscow Studio for New Music Ensemble abbiamo incontrato il M° Ivan Fedele, direttore artistico di Biennale Musica

 

La Fondazione Biennale di Venezia si concentra sulla ricerca e l’innovazione. In questa edizione della Biennale Musica ci sono autori da tutto il mondo, anche italiani, tantissimi giovani, 18 prime assolute. La musica classica contemporanea vive del nostro presente (questa sera abbiamo visto anche strumenti di consumo normale come bottiglie) eppure sembra destinata ad un pubblico ancora più selezionato: come mai ciò che è tanto prossimo nel tempo viene percepito come distante rispetto a un componimento dei secoli passati?

d (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ivan Fedele: “Io credo che la musica negli ultimi 50-70 anni abbia subìto una trasformazione nell’immaginario collettivo, anche di chi ascolta repertorio classico: è diventata quasi esclusivamente una musica di intrattenimento. Soprattutto quella ormai cristallizzata in un certo linguaggio pop, rock ma anche classico è entrata in un circuito di consumo: lei non deve avere un desiderio a conoscere ma a RI-conoscere; quando lei riconosce acquista, quando non conosce vuol dire che deve essere disposto, curioso di avere impatto con cose nuove che non è detto che siano tutte interessanti. La creatività si esprime come un fiume e da questo flusso emergono delle punte, personaggi geniali. Togliendo il flusso, anche l’emersione dei grandi sarà impossibile. L’atteggiamento più di riconoscere che conoscere risponde a un desiderio di essere tranquillizzati e rassicurati rispetto all’esperienza che si sta facendo. Forse, anche chiamarla “classica contemporanea” non è corretto perché “classica” si riferisce a un certo periodo: è la musica di oggi che direi che si sta configurando come una sorta di genere, certamente è una musica di scrittura ma ci sono anche meticciamenti con musiche di improvvisazione, pop nel senso più lato del termine, popular, anche jazz o della cosiddetta elettronica o digimusic. Ci sono varie istanze che concorrono nei compositori a creare nuove composizioni; poi, naturalmente, non tutte sono usate da tutti, c’è chi opta per una regione della contemporaneità, chi per un’altra".

Quindi anche nella contemporanea ci sono dei generi.

“Più che generi, stili. Ecco, questa è una cosa che in questi 4 anni di direzione artistica ho voluto sottolineare con le programmazioni: la grande varietà di opzioni estetiche, perché non è assolutamente vero che la contemporanea è tutta uguale. Questa sera con l’ensemble di Mosca abbiamo sentito compositori dell’est europeo e oriente, abbiamo visto stili completamente diversi ma anche un pubblico attento e senza dogmatismi , ha applaudito più o anche meno a seconda dell’emozione, perché possiamo parlare anche di questo: l’ultimo pezzo così delicato dell’azerbaijano , è stato molto particolare, si sarebbe potuto chiudere il concerto con tutto l’ensemble di 16-17 musicisti, invece solo 3 strumenti, con luci in penombra…”

..con questa coda “muta”, in silenzio.

“È vero, con questi suoni di risonanza del pianoforte, piccoli spunti melodici appena rammentati, un modo per accomiatarsi molto delicato e poetico".

Nell’arte contemporanea, le parole tra le più ricorrenti sono “indagine” e “ricerca”. In questa esplorazione esistono delle scoperte che cambiano in maniera irreversibile la percezione del pubblico, così come le scoperte scientifiche cambiano le nostre abitudini?

“Io direi che ciò che può cambiare le abitudini non sono tanto le modalità d’espressione artistica ma i media, piuttosto. È statisticamente provato che non siamo più mediamente in grado di stare seduti più di un “tot” ad ascoltare musica perché il 90% della musica che ascoltiamo, l’ascoltiamo in piedi. La musica più ascoltata, rock, pop, jazz, spesso la si ascolta in piedi in grandi stadi o grandi luoghi, magari accompagnandosi con la danza anche laddove non fosse richiesto; una situazione non di ascolto seduti, non di concentrazione. Anche quello che ascoltiamo in un supermercato o in un aeroporto, in casa accendiamola radio e ci muoviamo. Questo per l’uso spropositato dei media, di cui siamo circondati: dal telefonino al computer tutte le informazioni acustiche che abbiamo in tutti i luoghi, le ascoltiamo in movimento. Questo ha modificato in maniera radicale e forse anche irreversibile, come suggerisce lei, il modo di fare musica ma anche quello di leggere. Se lei scrive un romanzo ed è al suo primo libro un editore che magari lo trova anche interessante le dice di non stare al di sopra delle 200 pagine, perché magari la gente vuole leggerlo nel weekend. È la piccola forma che sta condizionando non solo la percezione ma anche la creazione e la creatività".

All’ultima Mostra del Cinema è stato presentato il film “Beasts of no nation” dove viene raccontata la storia di un bambino soldato in Africa. Questo film ha suscitato un dibattito sul piano sia etico che estetico, cioè cosa sia giusto mostrare o no. Fatta eccezione per alcuni casi come nel rock o popolare con canzoni di denuncia, la musica contemporanea sembra immune da questo tipo di reazioni e problematiche.

“No, direi anzi il contrario: quello dell’impegno sociale è sempre stata una delle tematiche forti. Qui, Venezia, è la patria di Luigi Nono che ha scritto “La fabbrica illuminata”, una composizione che si rifà a suoni e atmosfere ed emozioni degli operai in una fabbrica e all’epoca lo portò in giro per tutta l’Italia. In questi giorni c’è stato un concerto all’Auditorium Renzo Piano di Roma dove l’Orchestra di Santa Cecilia, in un programma pensato intorno alla tematica della libertà, ha presentatola IX sinfonia di Beethoven e un pezzo in prima esecuzione assoluta di Luca Francesconi, mio predecessore qui alla Biennale di Venezia, su testi di Mandela. Quindi, vede, non sono situazioni sporadiche".

d (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)

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