NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Quando in Corso non si girava e c’era il filobus

L’archivio dei vigili urbani contiene una straordinaria rassegna di foto d’epoca (rilievi effettuati negli anni 60/80) in rigoroso bianco e nero - Prima della pedonalizzazione dell’85 il centro storico registrava incidenti stradali di un certo rilievo anche se i morti erano in genere ciclisti investiti lungo le strade periferiche – Cerchiamo di riaprire l’album dei ricordi

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Quando in Corso non si girava e c’era il filobus

(g. ar.)- Il presidente degli Stati Uniti, il paese almeno teoricamente più libero e più laico al mondo, prima dell’investitura giura sulla Bibbia. I vigili di Vicenza dal dopoguerra fino a metà anni 80 giuravano probabilmente sulla paletta in dotazione: niente misticismi, ma la necessità impellente di cavarsela dentro una situazione che nelle ore di punta si faceva quanto meno preoccupante: in pieno centro, in Corso Palladio, circolavano nei due sensi le auto e con loro i cosiddetti tram, cioè i filobus. Da tempo sono spariti, ma allora c’erano e quando si incrociavano il vigile addetto al traffico (perché a quel tempo beato ce n’era sempre almeno uno con incarico specifico) doveva fare in modo che all’incrocio tra i due mezzi che si affrontavano in genere all’altezza di Palazzo Trissino, oppure al quadrivio con Corso Fogazzaro, si riuscisse a passare senza danni reciproci. Gli spazi erano così ridotti che il vigile doveva fare miracoli e rischiava parecchio: raccontano che questo agente venisse scelto tra i più magri, così almeno c’era per lui maggior garanzia di evitare d’essere arrotato.

Quando in Corso non si girava e c’era il filobus (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Nell’archivio della Polizia Municipale di Vicenza, in rigoroso bianco e nero, ci sono le fotografie ricavate dai rilievi sugli incidenti effettuati dalle pattuglie. Non è soltanto la documentazione che anche in centro si verificavano incidenti stradali, specialmente a Porta Castello e tra Via Roma e il punto fisso dei “maghi” dell’epoca, cioè il bar Remor: in realtà si tratta di una testimonianza d’epoca in piena regola, con le auto di quel tempo, con gli angoli di strada com’era allora. Il tutto a dare la sensazione che anche molto vicino al Corso succedeva qualcosa su cui la prevenzione era praticamente impossibile e si faceva quindi con i mezzi a disposizione, pochi mezzi e non tanti uomini a fare da controllori se non da notai sull’incidente di turno. Uno spaccato di una Vicenza che non c’è davvero più e che è ricordata esclusivamente da una sola generazione ancora in circolazione. Poco prima della metà degli Anni 80 il sindaco Corazzin decise che la misura era colma e che bisognava pensare seriamente alla pedonalizzazione di almeno una parte del centro: fu in agosto che si diede il via all’esperimento che doveva poi diventare provvedimento perpetuo, perché a partire da quella sorpresa di piena estate il cammino della chiusura al traffico nelle zone più sensibili è continuato praticamente senza soste apprezzabili e, pure in mezzo a una valanga di proteste, specie dalla categoria dei commercianti, non è tornato mai indietro trovando nelle amministrazioni successive soltanto conferme, anche se più o meno convinte, e arriva direttamente ai nostri giorni. Videocamere piantate dappertutto, valanghe di multe, linea dura verso i trasgressori, nessuno più si preoccupa che l’addetto al traffico in centro (ammesso che ci sia quando sfrecciano le bici in Corso Palladio con grave pericolo per i veri padroni della situazione, cioè i pedoni) sia più o meno in carne e men che meno che faccia giuramenti sugli strumenti di lavoro per esorcizzare malanni o incidenti…

Quando in Corso non si girava e c’era il filobus (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“SI LAVORAVA TENENDO IL FIATO”- Primo testimone di quella Vicenza così bella, rara, eppure sparita, Enrico Rossi, comandante negli anni ‘80, uno che aveva fatto il concorso e lo aveva vinto diventando vicecomandante di Danchielli e che però prima di entrare pienamente nella nuova carica aveva trascorso qualche mese nel traffico e occupandosi di tutte le mansioni previste per il vigile comunale. Rossi ricorda non a caso la difficoltà di starsene nel bel mezzo del Corso tenendo lontani l’uno dall’altro i due filobus che si incrociavano: “Il vigile lavorava praticamente in apnea, non tanto per i fumi che quasi non esistevano a quel tempo, ma perché gli restavano pochi centimetri per non evitare di essere toccato. La situazione peggiore era quella che si determinava al cosiddetto quadrivio Galla, l’incrocio Palladio/Fogazzaro, perché lì davvero gli autisti dovevano fare manovre per starci quando arrivavano contemporaneamente al punto cruciale. Dera anche il tempo dei tre vigili con la fascia sul braccio che indicava la lingua da esibire in caso di informazione agli stranieri: Michieletto per l’Inglese, Porzio per il Francese e Grezzan per il Tedesco. Nonostante l’affollamento in Corso bisogna dire che di incidenti non ne accadevano, non comunque di importanti. In compenso tra la stazione e Porta castello la situazione non era così facile, ma teniamo conto che di auto non ce n’erano molte e quelle che affollavano il centro ad una certa ora, quella del passeggio fino al Chiodo o a Santa Barbara si presentavano solo nelle ore di punta, magari posteggiavano sul marciapiedi e passata l’esibizione alle 7 in punto sparivano. L’incidente più clamoroso che ho visto in Corso Palladio lo provocò una contessa, un incidente diplomatico in piena regola: venne a protestare perché uno dei vigili addetti al traffico le aveva suggerito di spostarsi in Piazza. Ma era di giovedì e allora si usava che all’ombra della Basilica c’erano le mucche. Ecco, la signora non aveva gradito l’allusione. A parte questo debbo dire che ci fu sì qualche contatto tra bus e pedoni, ma tutto a bassissima velocità. In compenso venne giù un terrazzino di fronte alla Triestina, addosso a uno che passava. L’incidente più grave in città l’ho visto in Viale Margherita: una ragazza in bicicletta letteralmente schiacciata da un camion. Complessivamente le statistiche erano davvero irrilevanti, due o tre casi all’anno davvero gravi, per il resto niente o quasi niente. Quando è arrivata la pedonalizzazione i vigili avevano già acquistato una grande capacità di fare rilievi precisi sugli incidenti, partecipavamo a corsi nazionali di infortunistica ed eravamo in grado di fornire per il giudizio di responsabilità delle vere e proprie planimetrie che ricostruivano tutto l’andamento dell’incidente”.

Quando in Corso non si girava e c’era il filobus (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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