Nel momento in cui i tifosi vicentini stanno ancora assaporando le gioie e le emozioni della straordinaria annata scorsa, esce Vicenza Biancorossa, una raccolta di ritratti e interviste ai personaggi più significativi della storia del Vicenza Calcio di oggi e di ieri realizzati dalla giornalista Luisa Nicoli. Il volume, pubblicato da Berica Editrice, raccoglie il materiale uscito dal 2011 al 2015 nella rubrica “Vicenza Biancorossa” del Corriere Vicentino. Presentato qualche settimana fa in Sala Stucchi a Palazzo Trissino, sede del Municipio di Vicenza, il libro della collega Luisa è un viaggio tra presente e passato: dai protagonisti del Real Vicenza alle promozioni e ai successi degli anni Novanta, con qualche tappa più recente. Ci sono allenatori, giocatori e dirigenti, che si raccontano in quel momento. Dal presidente Pieraldo Dalle Carbonare a Gianni Lopez, da Francesco Guidolin a Gianni Comandini, da Renzo Ulivieri a Marco Zanchi, da Franco Cerilli a Gabriele Ambrosetti. Con il ricordo di Piermario Morosini e la storia di Julio Gonzalez. Più di una quarantina i protagonisti presenti nel libro. La prefazione è firmata da quelli che i tifosi biancorossi ricordano come i “Quattro Moschettieri”: Mimmo Di Carlo, Gianni Lopez, Fabio Viviani e Roberto Murgita.
La rubrica di Luisa sul Corriere Vicentino - Vicenza Biancorossa - doveva essere un piccolo accenno a che fine avevano fatto i giocatori che avevano indossato la maglietta del Lane - scrive nell'introduzione Stefano Cotrozzi - . Siamo partiti con Lele Ambrosetti, che a quel tempo lavorava nel campo immobiliare. Poche righe, una foto e si pubblica. Nei giorni successivi i lettori chiamano continuamente al nostro centralino. Ma perché così poche notizie, vorremmo sapere questo, non è possibile sentire quell’altro giocatore? Ci rendiamo conto così che gli eroi in biancorosso hanno ancora il loro posto nel cuore dei tifosi, che anche dopo la fine della loro carriera in molti gli sono rimasti realmente affezionati. Decidiamo che la rubrica si trasformi in una pagina mensile, che ormai dura da anni. Il punto cruciale è l’agenda di Luisa, lì si cela il tesoro nascosto di tutti i numeri di telefono dei giocatori che hanno vestito la maglia del Vicenza Calcio. Se non sono lì significa che non vanno intervistati. Per creare questa pagina non abbiamo seguito nessun ordine logico. In maniera naturale abbiamo amalgamato giocatori del passato lontano con quelli del passato recente e condito il tutto con giocatori che in quel momento stavano giocando o allenando il Vicenza. Perciò le interviste che troverete seguono tempi diversi, chi nel passato e chi nel presente di allora, non abbiamo voluto aggiornarle, sta al lettore divertirsi nel capire la situazione o il campionato in cui è stata fatta.
Ma chi erano i quattro moschettieri? Presto detto... Mimmo Di Carlo, Giovanni Lopez, Fabio Viviani e Roberto Murgita. Leggiamo cosa hanno detto di Luisa Nicoli, come fedelmente riportato nelle prime pagine del libro stesso. Luisa è stata una donna pioniera in un’epoca in cui il giornalismo sportivo era affare da uomini - dice Di Carlo - . Anzi, qualche volta mi viene da chiedermi se Luisa sia veramente una donna... Scherzi a parte, per conoscenza della materia, competenza e passione per questo sport, supera molti dei tifosi maschi più sfegatati che conosco. Abbiamo vissuto insieme gli anni che hanno portato il Vicenza dal calcio di provincia delle serie minori ai grandi palcoscenici. Io sono arrivato con Caramanno, quando Luisa era giovanissima. È sempre stata una giornalista curiosa ma non è mai andata oltre nei toni e nei modi. Puntuale e precisa, ha costruito legami umani forti con me e con tutti, senza approfittare delle cose che magari uscivano come sfoghi o come confidenze, per trovare la notizia a tutti i costi, come oggi accade troppo spesso. Luisa fa parte di un periodo e di un mondo indimenticabili, che mi porterò dietro sempre.
Luisa è una persona molto intelligente, di cui ho grande stima - dice Lopez - . Fra di noi c’è un’amicizia di lunghissima data, da quando sono arrivato al Vicenza nel ’91. Poi gli anni d’oro, la Coppa Italia... Abbiamo condiviso tantissime emozioni. Abbiamo sofferto, ma anche gioito. Luisa è una brava giornalista e una bravissima ragazza. Dico ragazza anche se abbiamo la stessa età… Abbiamo continuato a sentirci anche quando sono andato via da Vicenza. Il rapporto non è cambiato, nemmeno quando ho iniziato a fare l’allenatore. Ricordo l’euforia dell’intervista che mi ha fatto dopo la vittoria della Coppa Italia. Che momenti! Essere un giornalista sportivo e allo stesso tempo un tifoso, intendo un tifoso vero, non è qualcosa che puoi improvvisare. È qualcosa che senti dentro e che traspare. Con Luisa accade proprio questo. È una professionista che sa criticare quando è il momento di criticare, ma non fa mai mancare il sostegno e l’apporto alla squadra. Sono orgoglioso di aver conosciuto una persona così.
Ci siamo conosciuti al mio arrivo a Vicenza nel ’92 - dice Viviani - . Mi ha colpito subito la sua grande professionalità: Luisa era sempre preparata, non faceva mai domande banali. E dire che erano tempi in cui non era facile trovare una donna che sapesse dove andare a parare occupandosi di calcio... Era piacevole condividere con lei in modo amichevole sia i momenti più formali, come le interviste e i resoconti delle partite, che quelli più informali. Ricordo in particolare che teneva una rubrica, mi pare sulla Domenica di Vicenza, in cui raccontava le vite di noi calciatori anche fuori dal campo. Era una cosa simpatica, in anticipo rispetto ai tempi. Con Luisa ci sentiamo spesso, è sempre piacevole fare due chiacchiere con lei. Posso solo dire che le faccio un grande in bocca al lupo perché continui a raccogliere i frutti di un lavoro attraverso cui ha seminato tanto e con una professionalità unica.
Ho conosciuto Luisa agli inizi della sua avventura giornalistica - racconta Murgita - . Un momento magico, in cui ha potuto unire le doti che hanno sempre contraddistinto il suo lavoro al grande entusiasmo che c’era attorno al Vicenza di quegli anni. Un’occasione unica per lei, che ha sfruttato al meglio, mettendo insieme le qualità con cui ha condotto la sua professione e i risultati sportivi della squadra. Luisa ha sempre avuto un atteggiamento molto umano, grazie al quale si è fatta ben volere da tutti. Non è mai andata alla ricerca del gossip da sbattere in faccia al lettore. Anche con i suoi colleghi, in quel periodo, si respirava un ambiente sano, di amicizia e condivisione. C’era una grande fame di calcio. Solo creando un’atmosfera del genere una realtà media o piccola come la nostra poteva arrivare ai grandi risultati che abbiamo raggiunto. Giornalisti come lei sono veri tifosi. Oggi una cosa del genere sarebbe impensabile.
Avevo 9 anni la prima volta che sono andata al Menti a vedere il Vicenza - scrive Luisa nel capitolo iniziale Un cuore a strisce bianche e rosse - . Ed è stato subito amore. Il cielo azzurro, il campo verde brillante sotto il sole. E tutte quelle sciarpe e bandiere biancorosse che sventolavano sugli spalti mi hanno conquistata. E poi le emozioni dello stadio. Era come essere all’interno di un cuore pulsante. Che batte forte. Qualcosa di vivo che trasmette brividi e sensazioni che senti dentro. Così dal campionato successivo, 1977/78, non ho mancato una partita. Del resto come poteva quell’amore non trasformarsi in una passione davanti al Vicenza di G.B. Fabbri e di Paolo Rossi? Ero una bimbetta, bionda, con le codine. E andavo allo stadio con il nonno. In tribuna numerata laterale scoperta. Quella che poi è diventata la Curva Azzurra. Ho ancora negli occhi alcuni flash di quella stagione bellissima. La sfida con il Milan sotto la neve per me ha rappresentato qualcosa di magico. Così come le emozioni del 4 a 3 con la Roma. Nel giornalino della scuola, in quinta elementare, scrivevo di calcio. E quando ci hanno assegnato un tema a titolo libero… beh, il mio è stato Mister cinque miliardi, ovvero Paolo Rossi, protagonista indiscusso di quel Vicenza. Quasi un destino. È partita da lì la voglia di diventare una giornalista sportiva. Perché avevo capito che da donna difficilmente avrei potuto vivere certe emozioni sul campo. Ma che invece avrei potuto raccontarle. Da allora lo stadio è stato quasi una seconda casa. (...) Ho vissuto da vicino anni bellissimi. Le promozioni in B e in A. La conquista della Coppa Italia. E come dimenticare l’emozione della prima trasferta europea a Varsavia. E la tristezza di Londra dopo la semifinale col Chelsea. Prima della gara, al megastore dello Stamford Bridge, avevo acquistato una felpa, con i colori della squadra londinese. Un ricordo da portare a Vicenza. Da quel giorno è in fondo all’armadio, nascosta in qualche angolo. Non l’ho mai indossata...
Abbiamo fatto una chiacchierata con la collega Luisa.