Dì la verità... quando hai cominciato a seguire il Vicenza immaginavi che un giorno ci avresti scritto un libro?
"Assolutamente no. Detto che comunque il libro è una raccolta di interviste, pubblicate dal Corriere Vicentino, che Berica Editrice ha voluto raccogliere in Vicenza Biancorossa, il calcio mi ha affascinato da subito, fin da bambina, da quando ho iniziato ad andare allo stadio con il nonno, come ho raccontato nella prefazione. Il sogno di allora era diventare una giornalista sportiva. Ed era appunto un sogno. Difficile quindi immaginare che poi lo avrei realizzato. Ma era un sogno che mi ha accompagnato sempre. In quinta elementare, tema a titolo libero, ho scritto Mister cinque miliardi dedicato a Paolo Rossi. E nel giornalino della scuola scrivevo di calcio. Del resto come non farsi conquistare dal Lanerossi Vicenza di Fabbri?"
Nel libro racconti le tue prime emozioni da bambina tifosa... e oggi ti emozioni ancora guardare il Vicenza?
"Oggi è diverso. Le prime emozioni da bambina tifosa erano quelle di chi vede il mondo del calcio per la prima volta e ne resta affascinato. I colori, il tifo, le bandiere, i cori allo stadio. Ma ho comunque il Vicenza nel cuore. E ci sono momenti in cui, anche se oggi è diventata una professione, il calcio riesce ancora a regalarmi emozioni forti. Un esempio? Sono passati diversi anni dalla conquista della Coppa Italia, ma quando sento i Carmina Burana, che quella sera musicalmente hanno accompagnato l’ingresso in campo della squadra a tutto volume al Menti con una straordinaria coreografia della curva… beh, mi vengono ancora i brividi. È difficile da spiegare. È qualcosa che ti resta dentro. Incancellabile".
Cos'è davvero il calcio per te: uno sport, un lavoro, una passione?
"Prima di tutto rimane una passione. Calcio inteso come Vicenza Calcio. Perché ai colori biancorossi mi lega qualcosa di speciale. È comunque uno sport che mi piace, ora per questioni di tempo e di lavoro non riesco a seguire tutto, ma fino a qualche anno fa non perdevo una partita di coppa, seguivo tutte le trasmissioni sportive, gli approfondimenti. Da tanti anni poi, dal 1989, per me è diventato anche un lavoro. Ed era quello che sognavo, come dicevo prima. Riuscire a coniugare la professione con le proprie passioni è qualcosa di speciale. Mi aggiorno e mi preparo per seguire il campionato del Vicenza, per conoscere le squadre avversarie... ma con il desiderio di fondo di vedere sempre i biancorossi protagonisti".
Il calcio è un mondo di uomini... come si sente una donna lì in mezzo?
"Ormai ci sono abituata. Non ci faccio nemmeno caso. E comunque non è mai stato un problema. Solo una volta, all’inizio della professione, ho avuto uno scambio di battute non proprio piacevole con un dirigente di una società dilettantistica: pensava che le donne andassero allo stadio solo per vedere i calciatori! Ma è successo tantissimo tempo fa. Adesso comunque è diverso. Non è un mondo solo di uomini. Perché comunque giornaliste e tifose ce ne sono moltissime. Lo era molto di più quando andavo allo stadio da bambina. E quando ho iniziato ad occuparmi di calcio per lavoro. Una cosa non mi è mai riuscita bene: giocare a figurine. Non vincevo mai con i miei compagni di scuola".
Come vedi il calcio di oggi, tra stadi semivuoti, dirigenti e presidenti indagati e diritti Tv?
"Molto diverso dal calcio di cui mi sono innamorata da bambina. Allora per vivere la partita bisognava andare allo stadio, non c’erano alternative. E per me è ancora così. Stare davanti alla televisione non potrà mai regalare le stesse emozioni. Fa male vedere gli stadi deserti o leggere di indagini legate al calcio scommesse. È un mondo che dovrebbe recuperare certi valori. A volte cerco di non pensare a tutto questo. Perché mi toglierebbe il gusto di continuare a seguire questo sport che mi appassiona da sempre. Voglio pensare che il risultato lo decidano le squadre che vanno in campo. Anche oggi".
Un pronostico... credi che la squadra possa farcela quest'anno a tornare nei piani alti?
"Non faccio mai pronostici. Da sempre. Per scaramanzia. Credo che la squadra quest’anno debba ancora trovare un suo equilibrio. Rispetto alla scorsa stagione ha perso alcune pedine importanti. Ed è stata bersagliata dagli infortuni, che hanno tolto al tecnico Marino alcuni elementi fondamentali. Ne approfitto per fare un grande in bocca al lupo a Brighenti. Ci sono alcuni giocatori poi che devono ancora trovare la migliore condizione, perché reduci da problemi fisici o da stagioni vissute poco sul campo. Credo che per un posto ai play-off la squadra se la possa giocare fino in fondo. Per salire in serie A serve la concomitanza di tanti fattori... e anche un pizzico di fortuna".
nr. 40 anno XX del 7 novembre 2015