NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminile

La statistica dei nuovi iscritti all’Ordine negli ultimi dieci anni dice che 630 su 800 (76%) sono donne - Non solo numeri: più presenti anche in specialità quasi tabù in passato - Però sparisce la formazione e il nuovo assetto delle Ulss sembra ingigantire i problemi: come se la caverà Vicenza con un progetto che prevede nuovo ospedale di Arzignano, 6. Lotto del S. Bortolo, assetto del Seminario? – E la crisi delle UTAP…

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Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminil

(g. ar.)- Se andate a cercare sul dizionario non c’è neppure la definizione appropriata del sostantivo che indica la donna-medico. C’è solo quella maschile, la donna deve accontentarsi di utilizzare il “dottoressa”, mentre la parola medica se ne sta soltanto e rigorosamente nella categoria grammaticale degli aggettivi. Il fatto è che in controtendenza a tutto questo c’è la realtà che assegna alle donna una maggioranza di fatto nella professione perfino impensabile fino ad una ventina di anni fa. La svolta inequivocabile è invece nei numeri messi a statistica dall’Ordine dei medici negli ultimi 10 anni: su 800 nuovi iscritti le donne sono 630, che equivale a poco meno dell’80 per cento. Tra l’altro questa nuova situazione non è isolata nell’orizzonte delle professioni dove un po’ dappertutto le donne risultano in crescita. Stabilito che questa è la situazione, non finiscono nell’ombra i problemi che la categoria sta affrontando anche ricorrendo ad una serie di scioperi, problemi che non si riducono alla figura e agli interessi professionali del medico, ma che assumono invece il taglio molto più ampio collegato alla sanità e alla sua gestione. La tesi dei medici è appunto che la politica sanitaria stia mettendo uno sull’altro mattoni poco promettenti per il futuro perché il calo ulteriore degli investimenti verso la spesa sanitaria e l’allargarsi del settore privato sono lì a spiegare per quale ragione sempre più numerose sono le ricette a cui i pazienti rinunciano dopo averle ottenute e si arriva a cancellare dall’orizzonte un fattore di crescita tanto importante come la formazione: l’Ulss di Vicenza ha chiuso gli incontri quindicinali istituiti vent’anni fa e che a giudizio dei medici avevano dato un grosso contributo. Si sta verificando tutto questo tra l’altro nell’ambito della radicale riduzione delle Ulss portata a termine in termini quanto meno discutibili visto che si accentrano probabilmente verso nuclei non proprio adatti servizi e meccanismi da sempre collaudati ed effettuati in direzioni diverse: Vicenza assorbe tutto l’ovest fino a Valdagno, Valdagno lavora da sempre integrata con Schio che oggi si ritrova nella mega-ulss di Bassano; e qual è il criterio di scelta dei primari per cui a Bassano tutti trevigiani e ora non più, a Vicenza tutti veronesi e ora non più? E che cosa si mette in gioco operando i cambiamenti a spanne senza tener conto di certe realtà? E quali capacità extra deve possedere il nuovo direttore generale di Vicenza (ex Monselice) che si ritrova tra le mani un progetto a breve, già praticamente operativo perché assegnato e finanziato, che coinvolge il nuovo ospedale di Arzignano, il completamento dell’operazione Seminario e quello del 6. lotto del San Bortolo? Tutto questo gran progettare senza che nella realtà si veda possibilissima l’applicazione delle nuove regole lascia pensare che si stia dando il via ad un lungo e forse molto tormentato periodo di transizione al termine del quale si potrebbero avere brutte sorprese. Brutte perfino oltre il rischio di rendere il rapporto medici/pazienti tesi oltre il sopportabile, brutti fino a non riuscire in quella che doveva essere l’operazione principe sul territorio, l’assetto degli ambulatori UTAP, e che invece a Vicenza sta subendo uno stop con scarse prospettive (in provincia è decollato e a Thiene è arrivato all’eccellenza). Il problema, per dirla tutta, è di una classe manageriale che probabilmente ha viaggiato su altre sintonie mentre la realtà cambiava. Bisognerebbe poter dimostrare che questa essenziale parte in causa delle riforme progettate è davvero in grado di dimostrare qualcosa indipendentemente dal punto di vista dei politici che si preoccupano soltanto di tagliare le spese senza troppo valutare la convenienza di farlo senza troppo distinguere.

Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminil (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)LE STATISTICHE E LA REALTÀ- La tendenza ad essere maggioranza degli iscritti all’Ordine dei medici da parte delle donne è ormai talmente chiara da non costituire più sorpresa. Sorprendente è semmai la proporzione che il differenziale ha raggiunto negli ultimi dieci anni, al punto da registrare al femminile quasi l’ottanta per cento dei nuovi iscritti. Nessuna sorpresa sul merito: il presidente dell’Ordine Michele Valente dice che da tempo si sta dimostrando la maggiore diligenza nello studio da parte delle donne oltre che prendere atto della stessa situazione in praticamente tutte le professioni cosiddette dotte; tra gli avvocati siamo al cinquanta per cento circa, per i medici andiamo verso il superamento ampio della metà. Due gli aspetti prevalenti che il presidente indica tra le cose da sottolineare: nei congressi di livello nazionale dove ci si incontra per parlare della donna nella professione medica emergono i vari aspetti connessi, dalle esigenze tipiche della donna che può decidere anche una maternità entrando nel meccanismo di legge per cui sono garantiti tempi di assenza e tempi di recupero si va fino a considerare la realtà che le statistiche ancora non raccontano in modo specifico e cioè la diversa destinazione che la donna medico tende ora ad inseguire rispetto alla scelta all’interno della professione. Donne che si specializzano in quasi tutti i rami della medicina, anche quelli considerati da sempre territorio privato dei maschi; qualche indicazione, giusto per chiarire, come la chirurgia, l’ortopedia, l’urologia, ad aggiungersi dalle specialità da sempre più praticate come pediatria, ginecologia, ecc. Da notare inoltre che quattro anni fa è nata anche a Vicenza l’associazione delle donne impegnate nella professione medica, gruppo attorno al quale si muovono iniziative di vario genere con incontri, riunioni, a rappresentare una voce che è in grado di esprimere posizioni ed opinioni.

FUTURO… IMPEGNATO PER L’ULSS 6- La domanda è: come se la caverà l’ulss 6 dal momento che non è più una singolarità amministrativa, ma ha assunto con la riforma regionale una dimensione molto più vasta andando ad abbracciare tutto il territorio dell’ovest vicentino che significa coprire lo spazio dei servizi tra Valdagno e Lonigo passando per Montecchio/Arzignano? Il presidente dell’Ordine di Vicenza si dice dell’opinione che il periodo di transizione che si avvia in realtà servirà a variare solo gradualmente e senza troppe scosse quella realtà che il quadro dei servizi da tempo instaurato disegna in un modo collaudato; succede infatti che si stanno prefigurando grossi pericoli di discontinuità nei servizi in varie direzioni: Vicenza si occupa di Valdagno e di quell’area, ad esempio, che da sempre integrano i servizi territoriali e sanitari con l’area Schio/Thiene. Ma l’area Schio/Thiene è ora passata alla competenza della nuova mega ulss di Bassano per cui se ne ricava che la precedente organizzazione costruita sulle affinità territoriali di Valdagno e Schio, facilitate tra l’altro dal tunnel che le avvicina va verso una crisi molto allarmante, pericolosa; a meno che la tesi della transizione prudente e rispettosa delle realtà esistenti non sia affidabile, e fermo restando però il grossissimo dubbio legato alla ragionevolezza di costruire un cambiamento fondato su errori di partenza abbastanza grossolani e marcati. I medici non possono non chiedersi a che cosa serva questa nuova rete così precisamente determinata se già in partenza si sa che non potrà diventare davvero efficace. E in questa logica rientra la funzione dei manager e dei loro metodi di lavoro,



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