NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminile

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Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminil

È UN PROGETTO DA SUPERMAN- Restiamo a Vicenza per domandarci come andrà a finire, a parte la novità degli assetti territoriali diversi, tutto il progetto che coinvolge l’ex ulss 6. Siamo infatti alle porte di alcuni adempimenti che prevedono un impegno molto pesante da parte degli amministratori; al nuovo direttore generale si chiede di occuparsi a brevissimo giro di tempo di alcuni progetti decisamente importanti: il completamento del 6. Lotto per l’ospedale San Bortolo, ad esempio, l’ultimo pezzo del grande insediamento sanitario che arriva a compimento dopo decenni dall’inizio del progetto. Dopo di che il discorso non è esaurito perché sempre nell’area San Bortolo l’amministrazione ospedaliera si deve occupare della grande area acquistata dal Seminario che deve essere ristrutturata e riadattata alle esigenze ospedaliere e ambulatoriali. Anche in questo caso si tratta di un lavoro da cominciare immediatamente perché l’acquisto è fatto e i finanziamenti già destinati. Se questi primi due punti progettuali rappresentano un bell’impegno per il nuovo direttore generale arrivato da Monselice, altrettanto pesante è l’altro lato del problema che coinvolge invece l’ospedale nuovo di Arzignano. Anche in questo caso non è una faccenda aleatoria ma un progetto arrivato all’esecutività: l’ospedale a questo punto bisogna soltanto costruirlo. Punto e basta, c’è ben poco da aggiungere. La difficoltà è immaginabile, un autentico impegno da Superman, e tutto il contesto deve causare qualche livello di nervosismo se è vero come è vero che i giornalisti con telecamera presenti nella palazzina dell’amministrazione del San Bortolo il giorno dello sciopero dei medici sono stati espulsi in malo modo perché “non autorizzati”. Nervi scoperti, dunque. Forse stanno venendo a galla anni di scarsa attenzione e di vari tentativi di aumentare la sensazione che i medici della medicina pubblica non siano poi così importanti da richiedere che gli si domandi un parere quando si decidono riforme anche molto approfondite come quella in atto. Della vera e propria mortificazione dei medici parla Michele Valente nell’ultimo capoverso di questo servizio.

IL NODO DELLE ASSOCIAZIONI UTAP- Sempre per rimanere al ragionamento della funzionalità dei manager, anche l’Ordine non può non domandarsi quale sia la ragione per cui le unità territoriali UTAP funzionano praticamente dappertutto in provincia tranne che a Vicenza. Se i confronti sono sgradevoli, pure bisogna farli per capire fino in fondo come vanno le cose. L’esempio di Thiene sarà anche fastidioso, però è lì a dimostrare che una lunga tradizione di attenzione e cura delle esigenze del territorio non può che dare frutti visibili e duraturi. Thiene da sempre ragiona a livello ospedaliero con una classe manageriale che ha avuto il territorio ed i servizi da fornire come unico punto di riferimento accettabile. Questa politica ha fornito alla fine il risultato che vediamo e cioè quello di una presenza fitta e intensa delle associazioni tra medici e le UTAP rappresentano ora una realtà funzionale e funzionante. In tutta la provincia l’impostazione è più o meno la stessa anche se Thiene rimane un caso virtuoso senza confronti. Il punto negativo riguarda invece Vicenza che nel settore specifico ha visto nell’ultimo anno l’apertura di un ambulatorio collettivo. Non di più. Questo almeno risulta. Che cosa vuol dire? Semplicemente testimonia il fatto che il management ha puntato tutte le proprie energie sulla struttura ospedaliera ed ha tralasciato di fatto tutto il resto, cioè i servizi sul territorio intesi come realizzazione delle UTAP. Valente spiega che nell’area del Seminario, quella che va ora ristrutturata e resa disponibile per il complesso del San Bortolo, aveva proposto all’ultimo direttore generale l’insediamento di due nuove unità UTAP, ma non se n’è fatto niente ed ora i tempi saranno quelli presumibili per una operazione che comincia il recupero e la ristrutturazione partendo da zero. La situazione è evidentemente tutta da riconsiderare. Quel che è certo, dice ancora il presidente dell’Ordine. È che quando si parla di sanità non è possibile ridurla ad una serie di complicatissimi recinti e steccati: bisognerebbe considerarla invece un tutto, un valore unico e ben determinato, privo di qualsiasi rigidità.

Sorpresa: la medicina parla sempre più al femminil (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)A CHI CONVIENE MORTIFICARE I MEDICI?- Michele Valente, presidente dell’Ordine di Vicenza e provincia, scrive d’altra parte nella sua rubrica “stetoscopio” qualcosa di molto chiarificatore proprio a proposito dell’offerta sanitaria in Italia, sull’intonazione della politica governativa in materia, sulla medicina privata e sul possibile futuro che la situazione di oggi potrebbe risegnarsi in futuro: “L’offerta sanitaria in Italia sta diventando sempre più disuguale, troppi cittadini rinunciano alle cure, le liste d’attesa sono preoccupanti, la compartecipazione alla spesa è in aumento e chi può permetterselo ricorre sempre più frequentemente alla sanità privata che ha strutture eccellenti e ottimi medici. Il fondo sanitario pubblico è di circa 120 miliardi, il 30% in meno della media Ue, e a questi gli italiani aggiungono 34 miliardi di spesa (560 euro a testa) destinata alla Sanità privata: una cifra corrispondente a quel 30% che lo Stato ha deciso di non finanziare. Si tratta, a ben vedere, di una forma di tassazione occulta a favore del mercato, una tassa destinata ad aumentare a causa delle inefficienze e dei ritardi del servizio pubblico. Il problema di fondo è proprio questo: il nostro Servizio Sanitario ha finora assicurato servizi di buon livello rispondendo alle aspettativa dei cittadini ma se le cose continueranno come stanno andando rischiamo il naufragio. Perché la popolazione più longeva fa aumentare la spesa sanitaria così come le tecnologie avanzate e i nuovi farmaci e le carenze strutturali e qualitative diventano ogni giorno più gravi. Fronteggiare quella che è già stata definita “la tempesta perfetta” puntando esclusivamente sulla mortificazione del ruolo, dell’autonomia e della responsabilità dei medici è solo una inaccettabile invasione di campo che non risolve, anzi aggrava i problemi. È questa la ragione di fondo del disagio e della conseguente protesta dei medici che chiedono alla politica non di definire i criteri di appropriatezza dell’atto clinico attraverso aride statistiche e ridurre i livelli di assistenza e di accesso alle cure aprendo praterie a vantaggio dell’Assistenza privata solo per chi può permetterselo, ma di consentire agli italiani di essere equiparati di fronte alla salute e non di pagare caro le prestazioni dopo avere finanziato la Sanità attraverso le loro tasse”.

 

nr. 01 anno XXI del 16 gennaio 2016

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