NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Palladio nel tempo

La ricercatrice Lucia Paternò ha indagato sul Grande architetto andando alla ricerca di tutte le trasformazioni effettuate sulle sue opere, non per condannarle ma per conoscerle e interpretarle

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Palladio nel tempo

E se provassimo per un momento a prendere a prestito la teoria dello spazio tempo - più vicina alla fisica e all'astronomia - e ad applicarla all'architettura, cosa ne uscirebbe? Sembra un'eresia e mi consenta il lettore questo excursus trasversale tra scienze diverse - eppure non è poi così lontana dal vero. Sappiamo già, ad esempio, che l'architettura palladiana nel mondo - quindi nello spazio - si è diffusa nei secoli scorsi diventando addirittura un vero e proprio stile noto come Palladianesimo.

Palladio nel tempo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Esempi, soprattutto nei paesi anglosassoni (ma anche in Russia) ce ne sono a iosa e per approfondire il tema potrebbe essere interessante, tra le altre cose, fare una visita alla bella mostra Jefferson e Palladio, ancora aperta al Palladio Museum in contrà Porti a Vicenza, tempio della conoscenza palladiana. E allora, sempre seguendo questo ipotetico ragionamento, potremmo anche chiederci quali strascichi abbia lasciato lo stile palladiano nel tempo, ovvero nei cinque secoli abbondanti trascorsi dalla morte di Andrea Palladio (1508-1580) ad oggi. E Palladio nel tempo - Trasformazioni, autenticità, mito tra Ottocento e Novecento - è proprio il titolo di un recente volume di grande formato pubblicato dall'editore padovano Il Prato a firma di Damiana Lucia Paternò, ricercatrice in materia di conservazione dei beni architettonici. Quando pubblicò nel 1570 I Quattro Libri dell'Architettura, Palladio non poteva immaginare che lo avrebbero reso famoso in tutto il mondo e che sarebbe diventato il riferimento di generazioni di architetti. La storia di questo successo è anche una storia di continue trasformazioni: quelle che hanno segnato la vita delle sue architetture, spesso modificate e corrette nei secoli successivi alla loro costruzione nel tentativo di adattarle ai modelli ideali presentati nelle pagine del Trattato. I completamenti, le demolizioni e i ripristini di opere iconiche come la Basilica, la Loggia del Capitaniato o il Palazzo Chiericati non raccontano però solo del modo in cui il mito di Palladio venne di volta in volta interpretato, ma rappresentano uno specchio in cui si riflettono vicende più ampie.

Anche se sul territorio veneto sono numerose le tracce dell'architettura palladiana, divenuta realtà con la ben nota civiltà delle ville venete, sappiamo bene tuttavia come la metamorfosi da scalpellino ad architetto di Andrea di Pietro abbia come scenografia principale la città di Vicenza. Nel centro storico, a breve distanza l’una dall’altra, sono concentrate molte delle sue opere: ma quanto di tali edifici corrisponde effettivamente a quel momento in cui è riconoscibile la mano dell’architetto cinquecentesco? Quanto invece è frutto delle numerose trasformazioni attuate nei secoli successivi? La scelta di Andrea Palladio è dipesa dallo straordinario successo di cui ha goduto nei secoli, tale da condurre all’apparizione di un vero e proprio genere architettonico, il Palladianesimo, e da alimentare un’estesa storiografia specifica. Rispetto ad altri protagonisti del Cinquecento, come Bramante, Michelangelo, Sansovino o Sanmicheli, il ‘mito’ di Palladio nel mondo si fonda sulla circolazione de I Quattro Libri dell’Architettura: essi costituiscono il sacro testo su cui si fonda la fortuna di quel nuovo stile di cui Palladio è ambasciatore.

Palladio nel tempo (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)La storia che Paternò racconta - scrive Howard Burns nella presentazione - è quella di architetture diventate simboli della città e affermazione della presenza e identità di Vicenza in tempi di cambiamento: sotto il dominio napoleonico, sotto gli austriaci, nella nuova Italia, durante gli anni del fascismo, e poi nel periodo della ricostruzione in seguito ai gravi danni al patrimonio architettonico, subìti tra il 1943 e il 1945. In questo lungo periodo gli edifici palladiani a Vicenza dovettero sopportare il peso derivante dall'imposizione di funzioni nuove (Palazzo Chiericati diventato Museo Civico, la Loggia del Capitaniato integrata nel nuovo palazzo municipale), da ricostruzioni post-belliche e in generale dalla meta-funzione, ovviamente non prevista da Palladio, di rappresentazione non solo della città stessa, ma dopo l’unificazione, anche della Nazione. Damiana Paternò avrebbe potuto proporci – e sarebbe stato già molto – solo una specie di "Tutto quello che avreste voluto sapere su Palladio ma non avete mai osato chiedere" (adattando il titolo di un film di Woody Allen). Indicando cioè carattere e data di ogni importante intervento di restauro o trasformazione, e chiarendo alcune questioni chiavi: quando e come fu portato a termine palazzo Chiericati, dopo la prima fase di costruzione guidata da Palladio; che cambiamenti al palazzo furono introdotti nel corso dell’Ottocento, quando diventò Museo Civico; quante campate furono previste da Palladio per la loggia del Capitaniato, e se le sue colonne fossero in origine intonacate. E inoltre: com’era l’aspetto originale del soffitto del Teatro Olimpico, e quando e perché furono inseriti due gradini sotto le basi della Basilica? Palladio nel Tempo offre dettagliate risposte a queste e a molte altre domande, importanti per capire l'approccio di Palladio progettista e le molte trasformazioni delle sue opere nel corso degli ultimi due secoli. E, come il titolo promette, offre molto di più. Non è una semplice cronaca d’interventi e manomissioni, ma una vera storia che per la prima volta traccia l'intreccio tra l'immagine di Palladio, come simbolo della città e personificazione dell’Architettura, e il carattere degli interventi sui suoi edifici... Riccamente illustrato, ci restituisce un'idea più chiara dell'aspetto originale di edifici importanti e delle strategie costruttive del Palladio. Offre una storia nuova, che coinvolge (tra l’altro) la fortuna di Palladio, la cultura vicentina, la storia del restauro come teoria e come prassi, la ricostruzione post-bellica di Vicenza e il ruolo del CISA, dalla sua fondazione nel 1958, fino alla fine degli anni '70. Questo è un libro importante, ricco d’idee e informazioni; uno studio preciso e penetrante, che illumina in modo nuovo Palladio e la storia e fortuna (in ogni senso) dei suoi edifici vicentini durante due secoli di dibattiti e restauri.

Sono ben delineate nel testo - si legge nella prefazione firmata da Amedeo Bellini (che fa comprendere ancor meglio il perché del titolo del volume) - le revisioni critiche che l’architettura di Palladio ha avuto nel tempo, che potremmo anche considerare accrescimenti delle qualità della sua figura, contributi alla definizione del ruolo che essa ha nella nostra cultura. Comunque sia, sussiste un rapporto tra persona ed oggetto, e questo non può che essere influenzato dalle qualità delle due entità a confronto, il fruitore con la propria soggettività, l’opera come assieme dei dati materiali che lo compongono ma anche delle interpretazioni che ha avuto nel tempo che, se note, influenzano direttamente esperienza e nuova interpretazione, se ignote hanno tuttavia contribuito a formare quei modi di lettura che sono parte di una cultura generale, e che quindi risultano, anche in questo caso, influenti. Fino all’affermazione, sconcertante per qualcuno ma incontestabile, che non sussista un opera originaria per così dire incontaminata, quella che si raggiunge con il 'ritorno all'antico splendore'... Il Palladio visto come interprete il più fedele della tradizione classica; il Palladio espressione di una visione serena della realtà, fiducioso dell’espressione del vero attraverso la proporzione, il ritmo pacato, l’alternanza dei pieni e dei vuoti; il Palladio autore di opere di forte drammaticità e quindi consapevole delle molteplici declinazioni del classico, sia nelle scelte lessicali sia nella composizione; molteplici visioni che hanno influenzato i restauratori, che si sono in parte materializzate nel loro lavoro influenzando i giudizi successivi; in particolare il Palladio visto dai neoclassici e dal classicismo romantico sembrano, o forse sono, due artisti diversi.

Abbiamo rivolto all'autrice alcune domande.

Palladio nel tempo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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