NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Quando gli ospedali psichiatrici erano manicomi

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Muri- prima e dopo Basaglia

Infatti voi lo dite: ignorare l’altro è una forma di violenza.

Muri- prima e dopo Basaglia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Sì, è come essere chiuso dentro te stesso perché nessuno si occupa di te: se una persona vive la sua solitudine tremendamente, oggi non ha solidarietà. È un momento difficilissimo per l’umanità, credo”.

Nel testo si dice: “Riconoscersi nell’altro”,”domani potrei soffrire anche io così”, “la libertà dell’altro estende la mia all’infinito”e altre cose bellissime come i principi di sofferenza dell’anima che diventano strumenti per capire, il rischio di identificarsi troppo.

“Nella professione ci vuole preparazione, non basta saper pulire il malato, perché sennò lui “ti mangia”. Tu devi sapere che lui è più fragile ma ha gli stessi diritti che ho io, però non per questo può saltarmi addosso. Io devo essere pronta a difendermi sennò divento matta pure io”.

Muri- prima e dopo Basaglia (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Un’altra cosa interessante che dite è che il matto ti mette in risonanza perché ti chiede chi sei, qual è il tuo scopo. Sembra quasi che parliate di qualcosa che succede a teatro: quest’analisi di uno scontro e incontro con l’altro, il matto che è una persona ma che è come se fosse in un’altra dimensione. Come a teatro, qualcosa che succede realmente e che noi percepiamo come reale ma che è come se fosse da un’altra parte.

“Dà questa sensazione perché il matto ti mette in risonanza nel senso che è nel suo diritto sapere chi sei, vuole sapere e partecipare, non è paziente né tollerante, quindi tu devi essere pronta a rispondere alle sue domande e dargli delle sicurezze che lui vuole da te. Questa penso sia una delle cose più difficili”.

Portare un testo come questo coinvolge il pubblico allo stesso modo di un altro in cui magari c’è un delitto dove vittima e carnefice hanno dei ruoli ben chiari e definiti?

“Io penso di si. Questo qui forse chiarisce di più determinate sofferenze. Tutti i giorni ci sono omicidi efferati e poi lo vedi a teatro e dici: “è un giallo” ma ormai non esiste nemmeno più il giallo, non fa più impressione. Cosa fa impressione, oggi, secondo lei?”.

Lo chiede lei a me!?

“Ti fa impressione vedere un delitto?”.

Secondo me oggi fa impressione non sapere cosa sta per succedere. Una domanda che sto facendo è come il terrorismo potrebbe cambiare il teatro, il nostro modo di comunicare e di fare televisione e nessuno mi sa rispondere, nessuno. Il fatto che nessuno sappia darmi una risposta vuol dire che il terrorismo, secondo me, sta veramente disorientandoci.

“Sì. Non vedi la politica? Il potere stesso non sa cosa sarà perché lo stesso potere è instabile. Non sai più qual è il nemico, mandano 5000 uomini e i generali stessi lo dicono: dove, come, contro chi devono combattere? Con chi devono allearsi? Siamo peggio dell’8 settembre che in Italia si era ribaltato tutto e i poveri o stavano col re o coi repubblichini sennò fucilati dai tedeschi, ho sentito interviste paurose di ufficiali che dicevano cosa li avevano obbligati a fare. Siamo come in quel momento, solo che allora ci siamo arrivati ancora umanamente prendibili perché sapevamo con chi stare, oggi usciamo e ci ritroviamo una bomba sotto al sedere e non sappiamo chi “ringraziare”. Come ti difendi? Galimberti in un’intervista bellissima diceva che tra 20 anni non si sa che percentuale di gente malata di mente ci sarà da curare e non riusciremo nemmeno più a curarla perché saremo tutti sfasati”.

La protagonista parla del suo amore per il lavoro: si sente così realizzata che anche se in pensione va a fare volontariato nello stesso posto in cui lavorava e la sua giornata è talmente piena che la sera, anche se è da sola, sente il bisogno di scriverne. In questo momento, qui nel Nordest, la crisi è particolarmente sentita dagli imprenditori, la gente non riesce a reindirizzarsi perché è talmente cambiato il mondo che ci sono nuovi lavori. A noi giornalisti arrivano indicazioni su come trattare i suicidi e anche i teatri hanno delle iniziative a livello anonimo. Secondo lei queste parole possono dare qualche speranza?

“Lei viveva di volontariato ma di pensione, nel luogo in cui aveva lavorato tutta la vita, ho visto il suo studio, facevano di tutto coi pezzetti di stoffa, con gli ombrelli e le borse, facevano cose bellissime in sartoria con queste donne che uscite non avevano niente da fare le teneva lì tutto il tempo. L’imprenditore, oggi, ha bisogno di un aiuto dallo stato, a mio parere, che aiuti questa gente a riemergere e a portare avanti determinate cose”.





nr. 09 anno XX del 12 marzo 2016

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