NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi…

La morte di Cristiano Dal Pozzo a 103 anni porta via uno degli ultimi reduci della Grande guerra, una generazione che si esaurisce e che pone un interrogativo non facile a cui rispondere: quanto può ancora sopravvivere l’Associazione Nazionale Alpini dopo l’abolizione nel 2005 del servizio di leva obbligatorio? – Ma spunta un disegno di legge per riattivarlo trasformandolo in un servizio civile che potrebbe ristabilire i numeri…

di Giulio Ardinghi

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Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi…

A modo loro, senza frastuoni e grandi discorsi: quando arriva il momento gli alpini se ne vanno, in punta di piedi, con la discrezione che per loro è un dovere irrinunciabile, in perfetto parallelo con un’altra qualità precipua: la generosità.

Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi… (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)A Rotzo è morto Cristiano Dal Pozzo, 103 anni, l’alpino che si presentava a tutte le cerimonie avvicinandosi al palco principale in carrozzina, ma facendo sempre gli ultimi, faticosi metri, sulle proprie gambe. Per questo era conosciutissimo da tutti. Era anche conosciuto per il semplice fatto di essere uno degli ultimi reduci ancora presente. Una statistica difficile da produrre in numeri perché si sa che un altro reduce (107 anni) vive ancora a Marostica, ma i dati sugli altri, ammesso che ce ne siano davvero ancora in circolazione, sono praticamente impossibili. Non si sa in realtà quanti siano e se ce ne siano. Cristiano Dal Pozzo era uno di cui si sapeva, un personaggio noto e simpatico: attorno a lui c’è ovviamente il cordoglio che si deve ad un uomo che non c’è più, ma, ma si moltiplicano anche altre considerazioni tutte legate allo stato dell’ANA, l’associazione Alpini, che per esaurimento generazionale e consunzione conseguente dei numeri in organico pare destinata ad un tramonto più o meno annunciato, salvo che non ci si inventi qualcosa di importante per ridurre e invertire la tendenza.

È per merito degli alpini che si è creata la protezione civile: fu ai tempi del terremoto del Friuli, quando l’on. Zambeletti chiese ed ottenne dal governo che si formasse questa nuova entità dato che l’esempio degli alpini, fin dalle primissime ore del dopo terremoto, era stato talmente importante da richiamare l’attenzione del comando USA a Vicenza: l’aiuto degli americani arrivò ma a condizione che fosse gestito dagli alpini, in caso contrario non ci sarebbe stato alcun appoggio. La protezione civile nacque così e in quasi mezzo secolo ha raggiunto l’assetto organizzativo ed operativo che conosciamo.

Per tornare al discorso del futuro anche immediato, bisogna ricordarsi di un passaggio fondamentale: a partire dal 1. gennaio 2005 è stata abolita la leva obbligatoria, provvedimento con il quale si è scelto di servirsi esclusivamente di corpi militari volontari, tra cui ci sono anche due Brigate Alpine, la Taurinense e la Julia, tutti comunque sempre impegnati in missioni internazionali. Ovviamente non basta a ripianare i numeri perché il problema è che il ricambio generazionale è praticamente annullato per quanto riguarda tutto il resto, cioè quel rifornimento costante assicurato in precedenza appunto dal servizio militare obbligatorio.

L’alternanza delle generazioni è in questo modo altrettanto nullo e per questa ragione si sta ventilando da tempo di ritornare all’antico, di nuovo alla lega obbligatoria, magari a tempi ridotti, magari riservata ai maggiorenni, e di ridurre così un difetto di fabbrica, per così dire, che sta dimostrando a distanza di undici anni di non aver prodotto quei benefici che ci si immaginava, a cominciare dal risvolto più immediato, vale a dire quello sociale. In Parlamento, in qualche cassetto seminascosto, ci sarebbe già un disegno di legge opportunamente misurato per tornare all’antico, per così dire, ma non proprio direttamente alle origini.

Ammesso che si arrivi davvero ad una riforma in questo senso, ed è lecito dubitarne, ci domandiamo quali sarebbero i punti forti della nuova organizzazione logistica perchè nel frattempo sono state dismesse o svendute molte caserme, altre ancora sono state messe a disposizione di gruppi sociali in particolare difficoltà, senza dimenticare un altro fatto statisticamente registrato e messo agli atti: anche tra i volontari militari ci sono sempre meno veneti che si arruolano nelle due Brigate, un altro particolare da tenere in considerazione se si pensa che le attuali proporzioni tra le tessere ANA in campo nazionale segna per la provincia di Vicenza qualcosa come l’11% del totale, e senza dimenticare che dei 65milioni di euro che escono dalle casse dell’ANA italiana oltre 5 hanno targa vicentina.

Se vogliamo tentare di sintetizzare, quindi, c’è un voluminoso complesso di dati da analizzare; pensare al futuro e sapere esattamente che la presenza alpina continua ad essere un fattore essenziale nella vita sociale e specialmente in occasioni difficili come le molte calamità naturali, occorrerà ricercare le migliori soluzioni che ancora possono essere reperite sul terreno organizzativo, soluzioni che mancherebbero o comunque non sarebbero facili da trovare a meno di nuove e grosse spese per ricreare sedi adeguate ai nuovi organici che si vogliono costituire. A meno che, si capisce, non si preferisca voltare di nuovo pagina destinando gli obiettivi a diverse finalità, una delle quali potrebbe appunto essere quella del servizio civile socialmente motivato e indirizzato. Un buon richiamo per i più giovani.

Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi… (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)RIMEDIARE A UN GRAVE ERRORE- Quella legge del 2005 viene giudicata da molti un grave errore: la leva obbligatoria aveva un senso e se chi ne ha riformato radicalmente la continuazione in vita provvedendo a eliminarla si fosse un attimo soffermato su qualche possibile alternativa probabilmente oggi non ci si troverebbe in questa situazione: da una parte il progressivo dissanguamento degli organici di tesseramento dell’ANA con conseguente rialzo dell’età media ormai arrivata attorno ai 50 anni, dall’altra parte l’aver tolto a tutte le nuove generazioni una occasione molto più importante dell’istruzione militare in sé perché serviva ai ragazzi come uscita dall’ambito familiare, come esperienza di vita e ancora più importante come contatto con la vita vera e impostata, disciplinata, collettiva, la vita della socialità. Luciano Cherobin, rinnovato presidente delle quasi 20mila penne nere della sezione di Vicenza, spiega che in realtà di questo si trattava, di una grande esperienza di vita che oggi è stata sottratta e le conseguenze si vedono: “Mi pare evidente che le cose non sono migliorate. L’aspetto più importante della coscrizione obbligatoria era appunto la condizione nuova in cui si trovavano i ragazzi per la prima volta al di fuori della propria famiglia. Si imparava a vivere assieme agli altri, a superare il concetto dell’individualismo a tutti i costi dentro cui siamo invece immersi oggi. Era un modo, però un modo che funzionava e per gli alpini era una specie di promessa a vita: come in montagna, dove quando si cammina tutti assieme si va al passo di quello che resterebbe indietro, non ci si stacca mai. Chiaro che l’abolizione della leva ha sottratto agli alpini quello che era il naturale e più naturale rifornimento di nuovi associati. Ne risentiamo e siamo convinti che sia stato fatto un grave errore a cui bisognerebbe poter rimediare”.



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