NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi…

di Giulio Ardinghi

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Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi…

LA VOCAZIONE SOCIAL/PACIFISTA- Chi confonde la presenza degli alpini e le loro manifestazioni come omaggi alla vita militare o peggio ancora come attaccamento e sostegno alla guerra non ha capito quel che vede e quel che sente. Cherobin conferma: “Siamo i primi a detestare la guerra ed a volere fortemente la pace. Il che non toglie che per questione di pratica praticata rimaniamo legati sia alle guerre e ai sacrifici che le penne nere hanno compiuto, sia alle istituzioni militari perché ne abbiamo fatto parte. Il collegamento è questo e non si va oltre. Del resto la nostra presenza sul territorio nazionale oltre che sul nostro territorio provinciale è ben testimoniata da fatti inequivocabili come il contributo in solido che l’ANA alla solidarietà: sono 65 milioni all’anno che hanno un significato e di questi fanno parte i 5 milioni che arrivano dalle nostre cinque sezioni della provincia di Vicenza. Noi pensiamo che i conflitti vadano annullati con la mediazione e che sia la pace lo stato naturale al quale bisogna tendere perché è il modo di convivenza più consono a tutti noi, alla gente. Da noi non arriverà mai una qualunque esaltazione delle vicende guerresche, se ne parliamo ogni tanto è perché i nostri morti, i nostri eroi, vanno ricordati e rispettati nel modo più adeguato, a questo non possiamo mai rinunciare. Del resto penso che non dobbiamo dimostrare niente dal momento che la nostra presenza è da sempre assicurata senza condizioni, noi siamo pronti a intervenire ed aiutare, siamo nella società, non ne siamo fuori. È alle penne nere che si deve l’istituzione della protezione civile: in Friuli il nostro lavoro fu così rapido e importante che il comando americano in Italia assicurò il proprio aiuto in soldi, uomini e mezzi con la condizione precisa che a gestire questa parte dell’intervento di soccorso ai terremotati fosse gestito dagli alpini e non dallo Stato italiano. Un bel riconoscimento”.

Gli alpini che se ne vanno in punta di piedi… (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)C’È IL RISCHIO DI ESTINZIONE?- L’esaurimento della possibilità di assicurare agli alpini dell’ANA i nuovi ricambi generazionali è indubbiamente causato dall’abolizione della coscrizione obbligatoria. Come se la caverà l’associazione che pure può contare sull’adesione di amici e sostenitori divenuti nel frattempo parte integrante della comunità? Luciano Cherobin dice che negare l’evidenza di un pericolo di esaurimento del tesseramento sarebbe una sciocchezza, ma aggiunge anche che questo calo di organico è abbastanza lento da lasciar sperare in qualcosa di diverso rispetto alla “chiusura” per sopravvenuta mancanza di candidati alla tessera: “In questo momento stiamo piano piano scendendo di tesserati nella misura di circa lo 0,8% all’anno. Si tratta di un ritmo da tenere sotto controllo, ma certo non così forte da lasciare pensare che non ci sia qualche rimedio all’orizzonte. Io personalmente credo che prima della nostra estinzione effettiva qualcosa cambierà nella storia, anche se non saprei dire con precisione che cosa cambierà. Resta sempre il fatto che l’abolizione della leva obbligatoria è stato un grave errore e sarebbe il momento di ripensarci, con altri indirizzi, altra impostazione, ma riconsiderare il problema. In questi undici anni abbiamo sentito più volte voci che si sono incrociate sulla necessità di decidere l’esatto contrario della abolizione della leva. È successo fin da subito, perché già nel momento in cui fu deciso si manifestarono notevoli opposizioni, ma adesso le voci si sono moltiplicate e credo sia arrivato il momento di ripensarci davvero riconsiderando tutto per quel che vale e nella misura che i nuovi provvedimenti potranno avere tenendo conto della realtà così profondamente cambiata in questo periodo. Intanto ci prepariamo ai nostri appuntamenti: volevamo l’adunata nazionale ma è andata ad Asti dove saremo tutto presenti, ma abbiamo una nostra manifestazione intersezionale e due manifestazioni nazionali che sono quelle della coralità alpina e quella delle fanfare. Pensiamo a questo, intanto, il resto lo vedremo dopo convinti come siamo che qualcosa sia destinato a cambiare. E senza… temere la nostra estinzione”.

ANCHE PER I MILITARI IN MISSIONE- Tra le attività dell’ANA, come testimoniano le sezioni vicentine, c’è quella di assicurare alle famiglie dei militari in missione all’estero l’appoggio necessario in caso di necessità. Le sezioni vicentine mettono in campo circa 20mila penne nere a Vicenza, più le 11mila di Bassano, le 3mila di Marostica, le 3mila di Valdagno e le 2mila dell’Altopiano di Asiago. È con questi numeri che la provincia di Vicenza si trova al vertice dei numeri nazionali. Per dire che non c’è momento della vita sociale e delle eventuali emergenze in cui non venga assicurato l’intervento alpino. Una operatività messa così tante volte alla prova dei fatti che nessuno se ne meraviglia più. Come in Friuli i primi ad accorrere dopo la devastante scossa del 7 maggio furono gli alpini seguiti a ruota dall’esercito austriaco che mandò una colonna di soccorsi da Tarvisio, così questo rituale della operatività organizzata e del tutto generosa e gratuita si è ripetuto e si ripete lungo i decenni fino ad oggi. Gli alpini assicurano ad un momento difficile del contesto sociale come una grave emergenza per cause naturali un intervento misurato ed organizzato fino al punto da non rendere la loro presenza di alcun peso per le comunità che vanno a soccorrere: dal Trentino all’Albania, passando per tante altre sciagure, come l’Irpinia e appunto il Friuli, questo è un leit motiv che non cambia, è sempre uguale e non si smentisce, non delude mai i destinatari dell’opera di soccorso. Ecco perché di fronte al lento esaurirsi degli organici per una progressiva mancanza di cambio generazionale si fa sempre più strada la convinzione che sia un buon servizio reso a tutti se si assicura che le penne nere continuino a costituire per la comunità una punto di riferimento di autentica sicurezza. Uno spiraglio esiste anche se nessuno ancora ne parla e meno ancora ne parlano quelli che potrebbero farlo anticipando gli orientamenti dei politici: in qualche cassetto di qualche ministero c’è un progetto che si propone di ristabilire la leva anche se non obbligatoria. Certo, non potrà trasformarsi in un ritorno a prima della riforma perché le lancette dell’orologio del tempo non gradiscono arretramenti; ma altrettanto certo che qualcosa di molto utile e proiettato al futuro può e deve essere fatto. La formula sarà quella del servizio sociale volontario. Il richiamo per i giovani potrebbe essere quello giusto e sarebbe la chiave per assicurare continuità al ricambio generazionale senza il quale nel giro di qualche decennio l’ANA potrebbe davvero dissolversi.

 

nr. 13 anno XXI del 9 aprile 2016



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