NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza?

di Giulio Ardinghi

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Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza?

Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)CONOSCERE MEGLIO STE STESSI…- Sott’acqua occorre una conoscenza tecnica ed una freddezza di carattere che vanno attribuite da una parte alla qualità dei corsi e alla loro frequenza diligente, mentre dall’altra parte è il carattere della persona che domina la scena. Paolo Gecchelin, presidente di Piscine Di Vicenza, è buon testimone delle due parti del discorso: “Ad andare sott’acqua si impara abbastanza velocemente. I neonati, da tre mesi in su, neppure hanno bisogno di imparare perché istintivamente vanno sotto e tornano su con gli occhi spalancati e la bocca ben chiusa. Dal punto di vista tecnico per chi fa corsi di immersione è importantissimo che segua sistematicamente le lezioni e che percorra tutto il periodo del corso che da noi può durare anche un anno. In immersione si va quando si è ben preparati e anche quando ciascuno sa di sÈ quel che deve sapere e cioè quali sono le sue reazioni di fronte ad un problema da risolvere, le scelte corrette da fare nel caso si presentino situazioni di rischio. I nostri corsi sono articolati in attività propedeutica, in lezioni di teoria e ovviamente in lezioni di pratica che si svolgono in piscina salvo la fase finale, quando si fanno le uscite prima del brevetto. È molto importante essere in possesso di una preparazione idonea che non è soltanto quella del corso che si segue: prepararsi in modo idoneo dipende anche da una serie di variabili che investono tutto il complesso della vita di ciascuno di noi: idoneità fisico-sanitaria prima di tutto, ma poi anche altri fattori come la conoscenza di se stessi, i non eccessi di peso, un soddisfacente stato generale del proprio fisico. Sono le condizioni essenziali per andarsi poi a misurare con una attività come l’immersione. È molto importante il rapporto con il mezzo, come si dice: i neonati non hanno bisogno di un avvicinamento all’acqua, lo hanno già dentro, noi adulti invece manifestiamo anche qualche problema di approccio. Comunque io vedo che qui da noi passano allievi di età senza limite, dai tre mesi ai 90 anni, e il contatto ed il risultato sono sempre buoni, secondo una progressione di abitudine all’acqua che si acquista col tempo e con la pazienza. Le immersioni vengono soltanto dopo”.

DAL ROSSI IN GIRO PER IL MONDO- Uno dei punti chiave che forse spiegano più di altri la grande frequentazione dei vicentini nel mondo dell’immersione è stato sicuramente l’Istituto Rossi. Ancora oggi, vent’anni dopo l’eliminazione dei corsi che facevano parte del percorso didattico dei futuri periti meccanici, dentro alla scuola c’è sempre quella vasca che veniva utilizzata per la preparazione dei ragazzi. E un cilindro di quattro metri di diametro per quattro di profondità dove si può ben dire che intere generazioni di studenti abbiano affrontato il primo esame vero di se stessi nei confronti con l’acqua. Erano i ragazzi che si specializzavano e si diplomavano poi nel mestiere di operatore subacqueo. Centinaia e centinaia, dagli anni 60 fino alle soglie del 2000 hanno potuto lavorare in giro per il mondo, soprattutto nelle piattaforme petrolifere ma anche dove si richiedeva l’intervento di un tecnico per una emergenza riguardante qualche nave affondata ed i cui resti bisognava recuperare. La vasca è sempre al suo posto, gli allievi però non ci sono più, si dedicano ad altro. I corsi per subacquei il Rossi li ha mantenuti fino alle soglie dell’anno duemila per poi decidere di sopprimerli. Non ci stava più con le spese. Il carico sul portafogli della scuola era molto pesante dal momento che non soltanto doveva mantenere le attrezzature e gli istruttori per i corsi di studio di cinque anni, ma si doveva occupare al momento delle uscite pratiche in acqua libera anche del trasporto: piattaforma, bombole, molto tempo, molte spese. Così i corsi non ci sono più, ma hanno lasciato il segno di una eredità che i molti club in attività in città e in provincia hanno saputo cogliere al volo sostenuti da una domanda di partecipazione ai corsi che continua ad essere anche oggi assolutamente rilevante.

DIABETICI? ECCO LE REGOLE- Tra le indicazioni e limitazioni di un’attività dispendiosa per il fisico come l’attività subacquea, ci sono anche. Varie situazioni legate ad infermità. Il diabete è una delle più comuni da questo punto di vista e non trova anche in questo caso nessuna limitazione vera una volta osservate le regole. Dal punto di vista del dispendio energetico le attività subacquee sarebbero quindi perfettamente equiparabili al nuoto in superficie; bisogna tuttavia considerare anche la fase di preparazione (vestizione, trasporto e montaggio dell’attrezzatura, raggiungimento del punto di immersione), le condizioni ambientali spesso comportanti escursioni termiche importanti (caldo in superficie, freddo in immersione), oltre che i possibili imprevisti che rientrano nelle eventualità dell’escursione come le correnti, le onde impegnative o i problemi di orientamento. Tutte queste componenti fanno della attività subacquea un esercizio discretamente impegnativo, che richiede da parte dei partecipanti una buona condizione fisica generale. Questo naturalmente vale per il soggetto diabetico come per qualunque altra persona; si tratta semplicemente di esaminare se la condizione diabetica comporti, di per sé, problematiche e rischi particolari, e come essi vadano affrontati. I rischi comunemente connessi alla pratica subacquea, sono rari e principalmente dovuti all’aumento della pressione negli spazi aerei, alla aumentata pressione di azoto in profondità, a disturbi gastrointestinali e, soprattutto, alla “malattia da decompressione”; questi rischi risultano solo minimamente aumentati dalla presenza di una malattia diabetica non complicata e in buon compenso, e sono prevenibili con una corretta preparazione e con l’adozione di misure precauzionali adeguate.

 

nr. 14 anno XXI del 16 aprile 2016

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