NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza?

di Giulio Ardinghi

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Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza?

LE STATISTICHE DEGLI INCIDENTI- Come abbiamo già anticipato più sopra, le statistiche relative agli incidenti mortali subacquei danno cifre non troppo pesanti ma comunque da tenere presenti. Detto che la statistica mondiale del 2011 segnala 1000 morti in tutto il mondo e detto anche che non sempre le notizie sono tempestive ed esaurienti, i dati di cui si è in possesso dicono che i morti sono 15 nel 2010, 9 nel 2011, 9 nel 12, 9 nel 13, 13 nel 14, 7 nel 15, 2 nei primi tre mesi del 16. L'UIS è costantemente confrontata con la questione del perché non pubblichi i dettagli degli incidenti subacquei. Si rimprovera anche "la comodità" di nascondersi dietro la protezione dei dati e di "accomodarsi sulle informazioni." Purtroppo la protezione dei dati, ma ancor di più il segreto d'ufficio e il segreto medico sono i principali ostacoli, che quasi non si riesce a superare. Inoltre, essendo l'UIS un'associazione di diritto privato, non ha il diritto di accesso ai documenti ufficiali (polizia, tribunali, esperti, ecc) e non viene informata dalle autorità sugli incidenti subacquei. Questo problema si risolve solo con la diretta conoscenza delle modalità dell’immersione, direttamente presso l’infortunato o nel caso di un morto ricorrendo alle testimonianze di parenti o amici. Per questo motivo, insieme si può fare solo una cosa: chiamare tutti i subacquei a fare rapporto all'UIS dopo un incidente subacqueo e fornire tutti i dettagli e la facoltà di pubblicare i fatti in modo appropriato. Il problema relativo all’analisi delle modalità di un incidente è legato il più delle volte, specie nel caso di incidenti mortali, ai tempi di recupero dei corpi e quindi all’esame più accurato del materiale utilizzato. Dalle statistiche vengono spesso escluse notizie essenziali per il semplice fatto che le conclusioni di chi indaga non sempre attribuiscono la morte di un subacqueo a cause tecniche pure importanti e possibili da riconoscere.

ECCESSI, FREDDO, FATALITÀ, PANICO…- Le cause possono essere rintracciate in una vasta gamma ma una sintesi è comunque possibile per identificarne perlomeno alcune importanti: eccesso di anidride carbonica, freddo, predisposizione individuale, ripetute esposizioni a range estremi, condizione fisica carente non rilevata tempestivamente anche in un soggetto bene allenato, ecc.; per quanto invece riguarda i sintomi si possono elencare in questo modo: emicranie, palpitazioni cardiache, nausea, cianosi alle punta di mani, piedi, orecchie, euforia o sensazione di dissociazione da se stessi, confusione, perdita di memoria, disorientamento, movimento scoordinati, ecc. Il giudizio di chi fa scuola sub è chiarissimo: al di là della possibile fatalità occorre che i praticanti siano ben preparati, ma prima ancora che siano in buona forma fisica, certificata da una visita medico-sportiva e naturalmente che partecipino ai corsi. Chi va sott’acqua lo può fare come una attività saltuaria -le vacanze sono un caso frequentissimo per portarsi le bombole e immergersi- ma in tutti i casi non può improvvisare. Un corso dura cinque o sei settimane con due sedute alla settimana; prima in piscina, naturalmente, poi, dopo la scadenza prevista, si passa alle immersioni di prova in acque libere: sono sei e dopo quelle si ottiene il primo brevetto e una volta all’anno c’è un controllo per verificare se le condizioni personali sono in qualche modo cambiate. In genere ai corsi si partecipa dai 14 anni in su e si comincia solo dopo avere presentato un certificato medico che può essere rilasciato soltanto dopo una visita nei centri medico-sportivi dell’ulss. Con questo certificato si assicura naturalmente l’idoneità fisica dell’allievo, ma nessuno è in grado di valutarne le qualità personali psicologiche. È un genere di analisi che il medico non è in grado di risolvere così come non lo sono gli istruttori dei corsi i quali possono eventualmente agire per intuizione visto che nel corso di quelle settimane hanno sott’occhio i comportamenti dell’allievo e le possibili lacune caratteriali. Altro non è possibile fare da questo punto di vista, cosicché una situazione di vero pericolo e di possibile reazione da panico non può essere né prevista né valutata se non utilizzando una particolare sensibilità da parte degli istruttori. Ma tutti, anche in questo caso, possono tirare conclusioni sbagliate su un fatto magari insignificante.

Sott’acqua è sempre bello, ma basta la prudenza? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)UNO CHE HA FATTO 1500 IMMERSIONI- Un errore di valutazione è sempre possibile. L’idoneità del subacqueo viene scandita da tre gradi di livello e si misura con la profondità: fino ai 18 metri in coppia con l’istruttore, fino a 39 metri e poi il brevetto più complicato che prevede una profondità fino a 80 metri. È chiaro che al sub si chiede per ciascuna di queste misure una preparazione adeguata, rigorosa, che tenga conto di tutto comprese le proprie condizioni fisiche, anche nel caso di una serata precedente di qualche bagordo, e che tenga conto della saldezza mentale. Le trappole sono molte. A parte il difetto possibile dell’aria caricata nelle bombole, il problema reale di ciascuna immersione è che le circostanze sono sempre distinte, magari prevedibili nella media di quanto si sa e si conosce, ma anche non prevedibili. Qual è in quest’ultimo caso la reazione del sub? Freddezza, esecuzione tranquilla delle misure necessarie ad uscire dal problema, oppure l’incertezza diventa paura, panico, e si annebbia così ogni possibilità reale di risolvere tutto e tornare in superficie senza altri intoppi? Ce ne parla un esperto del nuoto in superficie e della specialità subacquea. Enrico Giacomin è un fortissimo fondista che tra le altre imprese ha attraversato a staffetta il canale della Manica. È anche protagonista di circa 1500 immersioni anche ad alto coefficiente di difficoltà. Dice che se si escludono le cause obiettivi sintetizzabili soprattutto sul cattivo funzionamento di una bombola mal caricata, il problema vero è sempre umano perché la reattività è diversa caso a caso e persona a persona: “La fatalità di una bombola mal caricata, operazione a cui bisogna stare sempre molto attenti, si trasforma sempre in un grosso guaio quando si aumenta la difficoltà di un’immersione ,andando molto in profondità. Andare a 25 metri è una cosa, spingersi oltre il limite di 40, considerato ancora il limite di un’immersione sportiva, è davvero un’altra faccenda, assolutamente diversa. Si va attorno ai relitti, ma si va anche dentro i relitti e questa è una situazione di pericolo. Ti può succedere di essere in qualche modo indisposto, non in forma, magari soltanto perché la sera prima hai fatto bisboccia. Così può succedere di perdere conoscenza e di riprenderla quando hai già perso il boccaglio; istintivamente respiri, ma invece dell’aria ti entra in bocca l’acqua ed è il momento in cui la paura gioca una carta decisiva. Importantissima l’esperienza, questo è certo, perché ti aiuta ad anticipare i problemi o comunque a risolverli con calma quando si presentano. Ho avuto anch’io i miei momenti non facili però ne sono uscito non lasciando che la paura mi paralizzasse i riflessi. Detto tutto questo, sostengo che lo sport subacqueo non è particolarmente pericoloso…”.



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