NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Medici 16 ore al giorno? Speriamo sia vero…

di Giulio Ardinghi

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Medici 16 ore al giorno? Speriamo sia vero…

Medici 16 ore al giorno? Speriamo sia vero… (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)TUTTI SEMPRE AL PRONTO SOCCORSO- Vincenzo Riboni è il primario del pronto soccorso al San Bortolo. Ben venga questa novità se davvero funziona nei termini descritti, dice, ma attenzione alle statistiche che su questo tema sono abbastanza chiare, perfino imbarazzanti per chi sostiene un cambio radicale di afflussi all’emergenza dell’ospedale: “Cifre alla mano noi constatiamo che dove la medicina territoriale c’è già in una certa misura in realtà le cose non sono cambiate di una virgola perché chi sta male preferisce evidentemente non andare dal medico, o perché non è nell’orario o a causa di altre ragioni; si rivolge invece all’ospedale e questa scelta porta tutti come primo passo al pronto soccorso e alla valutazione della serietà dello stato di salute del paziente. Possiamo dire che un paziente su cento non fa questa scelta e si rivolge prima al proprio medico di base. E allora? Allora bisogna riconsiderare la valutazione di ingresso, il momento in cui si stabilisce il codice del paziente. Il bianco e il verde, che sono quelli meno allarmanti, non è detto che funzionino sempre e comunque. Che cosa fai con uno che ha una cefalea e che richiederebbe il codice bianco o al massimo verde e poi al primo approfondimento ci si accorge che ha un tumore al cervello? Stesse condizioni per altro genere di malori come i dolori di stomaco e viscerali. Non si può mai dire di che si tratta fino a che non si fanno gli accertamenti opportuni. Del resto quella dei codici è una questione nata sulla basa delle continue proteste dei miei colleghi medici ospedalieri che lamentavano l’eccessivo affollamento nell’approdo all’ospedale. I codici sono partiti così ed anche i ticket sono partiti nello stesso modo: per evitare eccessivi afflussi basta stabilire una tassa di ingresso… non è propriamente quello che mi sarei aspettato e che possa condividere oggi. Può essere vero che tre pazienti su quattro vengano all’ospedale per qualcosa che potrebbe essere risolto benissimo dal loro medico di base ed in questo la riforma se attuata potrebbe davvero dare una mano, ma è anche vero che in mancanza di soluzioni alternative soddisfacenti i ceti sociali che ricorrono all’ospedale, cioè la classe media e quella più povera, non hanno altra scelta disponibile. Uno con i soldi va dall’amico medico e in clinica, dove paga e si ritiene tranquillo, non ci pensa neppure a ricorrere alla medicina pubblica. Non sarà una bella cosa, ma è esattamente quello che accade normalmente”. Perciò, tutti sempre e comunque al pronto soccorso, salvo che la riforma H16 sette giorni su sette non funzioni davvero, anche se abbiamo visto che per farla funzionare occorrono prima di tutto risorse economiche non irrilevanti, mentre va rifiutata nettamente l’ipotesi che per trovare denari si possa ricorrere ad altre restrizioni per quel che riguarda gli ospedali ed i posti letto disponibili o a traslare la domanda sanitaria sul settore privato. Anche se convenzionato, ai pazienti costa sempre molto denaro…

E CHI PAGA LE SEDI ASSOCIATE?- Uno degli aspetti meno tranquillizzanti quando si tratta di cercare di capire la sostanza della riforma riguarda l’investimento reale che ci si accinge a decidere. I primi passi sono francamente non molto chiarificatori, anzi, prefigurano uno scontro molto serio tra lo Stato e la Regione, che agisce di conserva, ed i medici che come al solito si trovano in prima linea nella fase più importante, quella dell’applicazione delle nuove regole. Ne parla uno di quelli che in trincea ci sta tutti i giorni avendo quindi una visione molto realistica della situazione: prima, durante e dopo la riforma, sempre che abbia attuazione. È il dott. Giuseppe Lorusso, medico di base a Dueville. Parte da una considerazione che pare perfino ovvia, ma della quale non si sono curati per ora gli annunciatori della riforma. Il tutto concentrato in una domanda fondamentale: tutto bene, ma chi paga? Il problema infatti è quello della sede degli ambulatori che si associano: “Sappiamo che a Padova le nuove sedi sono state messe a disposizione dei medici associati. Ad esempio qui a Dueville una soluzione del genere non c’è perché non ci sono sedi possibili e abbordabili. Ma il problema è ancora più grave se si pensa che si aspettano dai medici una soluzione; dovremmo essere noi a cercare un edificio adatto e a prenderlo in affitto di tasca nostra. Il che contrasta nettamente con quanto stanno facendo a Padova, per esempio, ma contrasta anche con qualsiasi logica: se dobbiamo avere una sede in cui esercitare la medicina associata bisogna che ce la forniscano. Senza parlare poi dell’altro aspetto economico dato dal fatto che la riorganizzazione di un servizio territoriale nei termini descritti dalla riforma richiede evidentemente un altro impegno di noi medici e fino a prova contraria se c’è un impegno diverso c’è anche una fase di contatto e trattativa che non si può saltare come se tutto fosse così scontato. Non è scontato… Ci sono altri problemi anche dal punto di vista puramente tecnico: con quale strumentazione possiamo arrivare ad una diagnosi completa di un caso se non abbiamo gli stessi strumenti del pronto soccorso? E poi diciamo anche qualcosa di più: chi ricorre all’astanteria del pronto soccorso può vedere direttamente che ci sono gestanti vicine al parto gomito a gomito con pazienti di tutt’altro genere, in una inaccettabile promiscuità che certo non giova né alle partorienti né a tutti gli altri. La prospettiva è quella di tagliare altri ospedali e altri posti letto? Io mi domando dove andranno tutti coloro che a partire dai grandi anziani avranno bisogno di cure urgenti anche se non catalogabili nella gamma dei codici di emergenza del pronto soccorso. E dove andranno quelli che hanno bisogno di una visita specialistica in convenzione con magari un anno di fila da fare in attesa di vedere un primario? Il nostro timore sempre più fondato è che tutto questo non faccia che lavorare ad un dirottamento delle scelte verso la medicina privata…”.



nr. 15 anno XXI del 23 aprile 2016

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