Quello con la scadenza del 25 aprile sembra assumere sempre di più il rilievo di uno scontro frontale. Come in strada quando qualcuno passa sulla corsia opposta e produce una collisione da paura. Ma è possibile che il ricordo della Liberazione produca soltanto fastidio e non sappia richiamare per una volta il concetto più immediato di una festa che deve celebrare la fine della dittatura fascista e l’inizio di un’alba della Repubblica che ha portato fino a noi attraverso settant’anni un lunghissimo periodo di vita democratica? Pare proprio che i sostenitori dello scontro e del sabotaggio dei migliori valori nazionali l’abbiano ancora una volta vinta e che la festa si sia trasformata un po’ dappertutto in un penoso rosario di occasioni perdute e di tensioni artatamente rinfocolate in omaggio al tanto peggio tanto meglio che guida una volta di più i provocatori della piazza. In tutta Italia è successa qualunque cosa, non serve molta fantasia, bastano le cronache: celebrazioni anche affollate, questo sì, ma episodi scadenti, moralmente scadenti, come a Milano dove drappelli di imbandierati con le insegne palestinesi hanno contestato la presenza della Brigata Ebraica.
Che cosa c’entrino le bandiere palestinesi con la Resistenza e la Liberazione davvero è incomprensibile: tutto il mondo arabo del 1940/45 era rigorosamente schierato con le cosiddette potenze dell’asse, faceva il tifo in poche parole per Hitler e Mussolini. E quanto alla Brigata Ebraica proprio a Milano, dove ora viene contestata, seppe dare il meglio della sua partecipazione ai giorni del riscatto, quando partì l’ordine del CLN Alta Italia che con la voce di Sandro Pertini diede il via alla rivolta armata diffusa e alla ribellione che ebbe nello sciopero generale delle fabbriche di Milano, Genova e Torino il momento chiave per tutto quello che doveva essere lo svolgimento delle settimane successive, molto prima dell’arrivo dei soldati USA.
La demagogia di queste schiere di disoccupati poco più che ventenni i quali sono a completo digiuno delle cose storiche eppure allestiscono manifestazioni a dir poco discutibili per le tesi espresse, non lascia molte speranze sul futuro di questo paese o di quello dell’Europa. Da Austria, Ungheria, Danimarca, Olanda, Norvegia, per citare solo alcuni dei partner della UE in rotta di collisione con i più scontati e acquisiti princìpi democratici, arrivano segnali elettorali e non che contribuiscono davvero pochissimo alle speranze di chi ancora spera e crede nell’Unione Europea e nell’affermazione senza più equivoci della solidarietà sociale e delle istituzioni democratiche da difendere.
Per tornare al territorio vicentino possiamo dire che ci siano stati fior di esempi a confermare lo stato di emergenza in cui versano i concetti basilari della Liberazione dal fascismo e dei valori repubblicani. Le manifestazioni che i sindaci organizzano nella giusta prospettiva di celebrare un avvenimento che va ricordato in omaggio alle migliaia di morti sul campo, quasi sempre in età giovane e giovanissima, hanno avuto un andamento per così dire oscillante. Citiamo qui due casi di diversa entità e origine che hanno come centro Lonigo e Altavilla.
A Lonigo la celebrazione del 25 aprile è cominciata e si è interrotta in una piazza praticamente deserta, dove l’inno nazionale ha inviato le sue note ad una popolazione che non c’era mentre i pochi che si mantenevano al margine della piazza erano impegnati a fare altro, non mostravano neppure di ascoltare. Vista la situazione, il sindaco Luca Restello ha preso una decisione libera da ipocrisie e opportunismi, una decisione coraggiosa: ha chiesto scusa alla piazza praticamente vuota e comunque occupata a fare altro ed è tornato a casa rinunciando a pronunciare il suo discorso. Caso significativo: il sindaco di Lonigo è un insegnante di religione, ed è leghista, però ha difeso a suo modo l’unità dell’Italia repubblicana dato che non gli pareva dignitoso -ed ha avuto assolutamente ragione- pronunciare parole significative e fondate sulla realtà delle cose ad ascoltatori quanto meno distratti, se non addirittura assenti.
Il giorno dopo racconta di essere convinto che occorra una forte iniziativa per andare a scalfire l’indifferenza ed il vizio di non vedere e non pensare. Se a Lonigo la realtà è stata questa, l’altro caso riguarda invece Altavilla, dove la tendenza è stata completamente opposta: al comizio del presidente provinciale dell’ANPI Danilo Andriollo la gente si è presentata in massa con il completamento del quadro della piazza da parte dei ragazzi della scuola media.
Nelle interviste che seguono sia Restello che Andriollo parlano dell’esperienza appena vissuta, in chiave diversa, ovviamente, visto l’esito, ma invece sostanzialmente concordando sul fatto che per non lasciar disperdere nel nulla i valori essenziali della Repubblica è urgente riprendere il discorso dall’inizio o da dove pare essersi interrotto, cioè dai più giovani, soprattutto dall’informazione più precisa e onesta sulla storia e sulle vicende che hanno portato alla caduta della dittatura. Solo così si possono consegnare alle ultime generazioni le informazioni più credibili e oneste utili per capire e decidere che cosa si vuole pensare e fare.
Interviene anche Gianfranco Refosco, segretario generale della CISL vicentina: punta l’attenzione sul tempo trascorso da quei fatti e sull’alibi possibile che se ne potrebbe trarre, ma “il trascorrere inevitabile degli anni e l’ormai ridottissima pattuglia di testimoni diretti della lotta partigiana non può far dimenticare proprio niente, a cominciare da quei ragazzi coraggiosi e generosi che si sono sacrificati per tutti, quindi anche per noi arrivati tanto tempo dopo alla vita sociale e politica italiana”.
Il nostro quarto interlocutore è infine Walter Stefani, personaggio notissimo che per decenni ha guidato da dirigente l’ufficio cultura del Comune e che ha vissuto i giorni della Liberazione da testimone e protagonista: le sue parole sono profondamente significative ed è anche su queste sue parole che bisognerebbe riflettere davvero perché se ne ricavano considerazioni estremamente interessanti, una vera e propria seduta educativa per chi coltiva la facile e deleteria abitudine di manifestare riempiendo le strade di squallidi slogan fondati su niente, comprese le volgarità e le bugie storiche più indecenti.