NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Io credo, ma dialogo

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Io credo, ma dialogo

La zona di Napoli è di origine greca e i prestiti linguistici dal greco antico sono molti; in musica c’è qualche rimanenza di presumibile origine antica, oltre a quello che è possibile documentare dal Medioevo alla recente musica dell’800 e ‘900?

“Beh, il rebetiko ha molte similitudini con la canzone di E. A. Mario e la musica napoletana degli inizi del ‘900".

Tutte le culture hanno una musica che le identifica tanto quanto la lingua, il cibo o il panorama olfattivo. Oggi nel pop si tende sempre più a una globalizzazione appiattente e il pubblico giovane che invece subisce una maggiore attrazione verso la musica etnica o delle origini può essere visto, a volte, come un soggetto vulnerabile ai fanatismi: è un pregiudizio o effettivamente c’è un tipo di pubblico che attraverso certe forme di espressione artistica manifesta un senso di appartenenza anche distorto?

“L’ OPV ha un pubblico estremamente eterogeneo e questo lo riscontriamo soprattutto nelle produzioni teatrali, da noi vengono le famiglie e sul pubblico ho un’idea: troppo spesso è costretto a subire e quello che non sa è quello che rifugge, o per ignoranza o perché non gli viene proposto".

O forse perché lo identifica come qualcosa di non suo.

flauto_magico_della_OPV (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Ma perché non lo conosce. Nella 200° rappresentazione de “Il FlautoMagico” che abbiamo fatto, ad Avellino, un gruppo di ragazzi di 13 anni è venuto e mi ha detto: “Maestro, Maronn’ che figata ‘stu Flauto Magico, dìman m’ scaric Mozart!” . Io l’ho abbracciato e gli ho detto: “Se ha un senso quello che abbiamo fatto stasera è esattamente quello che mi hai detto tu e ti ringrazio di cuore". . E questo me lo porterò dietro tutta la vita".

Dei migranti vediamo l’arrivo e a volte parte del tragitto. Il viaggio è l’andare: l’artista come vive la dimensione dello spostamento? Come lo percepiscono? Loro si misurano con noi quando toccano terra ma nel momento in cui non sono ancora arrivati sono “nel mezzo”.

“Noi abbiamo scritto uno spettacolo proprio su questo concetto, si intitola “Il giro del mondo in 80 minuti”: racconta di una zattera che sta salpando per un mondo migliore e arrivano questi musicisti che per partecipare al viaggio devono portare una canzone e una valigia. Alla fine, questa zattera, approdando davanti a quello che potrebbe essere il mondo ideale, i musicisti decidono che in effetti il loro mondo ideale è la zattera stessa perché, in qualche modo, le tavole della zattera e quelle del palco sono le stesse. Il viaggio per il musicista è fondamentale ed è l’elemento che ha creato l’OPV, il nomadismo è insito in ogni musicista. Poi quello che noi vediamo non sono solo musicisti e quelli dell’OPV hanno scelto di lasciare le loro terre perché avevano voglia di mostrare al mondo quanto fossero bravi. I viaggi della disperazione sono altri tipi di viaggio".

Però ci sono tanti artisti che arrivano.

“Assolutamente sì e per noi sono la fonte".

Il flauto magico”è un’opera con una struttura drammaturgica e musicale molto articolata ed è un’opera illuminista. L’avete riletta in tutte le forme musicali possibili: l’aria “Der Hölle Rache” della Regina della Notte è diventata una specie di sirtaki metal. Dalle avanguardie, le opere di destrutturazione per noi sono la norma: da un punto di vista concettuale, gli artisti che non arrivano da una tradizione culturale occidentale, come hanno affrontato un’opera monumentale come questa? L’hanno vista come qualcosa di intoccabile oppure con una libertà assoluta?

papageno (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)“Quando ho lavorato su “Il Flauto Magico” l’ho fatto come se fosse una favola musicale tramandata oralmente. La peculiarità del racconto orale è che quando passa di bocca in bocca si trasforma. L’OPV è composta da musicisti che leggono la musica e da altri che non la leggono. Quando insegnavamo le arie, quelli che non la leggono ce le riportavano un po’sbagliate e abbiamo fatto diventare partiture gli errori dei musicisti, facendo finta che arrivassero dalla loro tradizione musicale. Si sono estremamente divertiti anche se molti non capivano bene e altri non sapevano nemmeno cosa fosse “Il Flauto magico”, tant’è vero che il percussionista africano, quando ha fatto Papageno, lui sentiva in cuffia le arie e mi ha detto: “Che meraviglia! Ma CHI GLI SCRIVE GLI ARRANGIAMENTI?”. in realtà il mio lavoro su “il Flauto Magico” è stato tornare bambino, al momento in cui l’avevo ascoltato e trasferire questo incanto ai musicisti che lo affrontavano e ci siamo abbastanza riusciti".

Quindi lo avete spogliato di tutto.

“Si l’operazione che facciamo con l’opera è proprio di spogliare la composizione".

Ma non è troppo dissacratorio? Mozart ha scritto qualcosa di inarrivabile.

“lo abbiamo portato in tantissimi teatri d’opera: in Germania, a Monaco, io “tremavo” e la reazione del pubblico è stata molto sorprendente, perché applaudiva e rideva sugli arrangiamenti musicali".

Popolo educatissimo musicalmente.

“Sì, si".

La musica, insieme alle arti visive, è sicuramente la forma d’arte più ricettiva e malleabile ai cambiamenti dati dai flussi di popoli dei quali non si può trascurare l’influenza anche religiosa.

“Assolutamente".

Le arti che potrebbero subire un cambiamento formale sostanziale sono quelle teatrali come la prosa e la danza, quest’ultima la vedo particolarmente a rischio. Si potrebbero ipotizzare forme di musica meticciata in ambito sacro, per esempio una messa cattolica con forme musicali arabeggianti senza che venga vista come un’invasione?

“lo spettacolo è questo (“Credo” andato in scena in Piazza dei Signori ndr), non sappiamo se ci siamo riusciti ma quello che volevamo fare è assolutamente questo".



nr. 21 anno XX del 4 giugno 2016

Io credo, ma dialogo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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