NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora

Entro fine 2016 pronta la funicolare che porta dal Teatro Romano a Castel San Pietro, 800 metri di percorso con dislivello di 200: aggiunge una struttura moderna e attrattiva ad un bagaglio per il turismo già sovrabbondante sfruttando la collina, il fiume, il panorama, l’arte, la storia - Perché Vicenza non fa lo stesso con Monte Berico? - Ne parlano l’assessore Antonio Dalla Pozza, Vladimiro Riva (VicenzaÈ) e Claudio Cicero, ex assessore della giunta Hüllweck

di Giulio Ardinghi

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Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora

Diamo un’occhiata a Verona 2016 e ci accorgiamo che è nata un’altra stella nella logica scaligera sempre rigorosamente dedita a valorizzare le ricchezze locali al servizio di un turismo sempre più forte e attrezzato: Verona ha un fiume, ha il centro storico, ma ha anche una collina che domina il panorama; così ha deciso che i quasi nove milioni di presenze turistiche in un anno (i dati che vi diamo sono quelli ufficiali della Regione Veneto) andranno meglio assecondate con qualcosa di più: non più soltanto Giulietta e Romeo, non più soltanto il Garda a una manciata di chilometri, non più soltanto un centro storico che nelle riviste specializzate viene paragonato a Firenze.

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Tutto questo non basta. Verona sta realizzando una cremagliera alla maniera di Lisbona, Lipsia, Budapest, Barcellona, Genova e via citando. Il percorso è disegnato su un tracciato già esistente agli inizi del 900 e che nessuno con qualche intelligenza preveggente ha perfino solo pensato di cancellare: parte da Ponte Pietra, sul lato dell’Adige e ai piedi del Teatro Romano, e con poco più di 500 metri sale di 200 metri per portare i passeggeri alla stazione di arrivo, a Castel San Pietro. Per la città tutto questo vuol dire anche un aggancio alla collina delle Torricelle. E siccome l’appetito vien mangiando, come si dice, il Castello smetterà la sua funzione di scatola sul monte, magari solo con un ristorantino, per diventare sede bis del museo di storia naturale, quindi un altro accesso al patrimonio che il turismo specie straniero dimostra di apprezzare sempre molto. Visto e saputo tutto questo ci domandiamo una volta di più -e forse ancora una volta inutilmente- perché mai Vicenza non riesce a pensare qualcosa di simile o di equivalente? Siamo abbastanza certi che la risposta sia ancora una volta legata al tema delle occasioni perdute, quella galleria di scivolate quasi incredibili che spaziano dal cavallo di Marini, offerto in regalo per il cortile di Palazzo Trissino e rifiutato, fino all’autostrada finita (soltanto verso sud) un paio di anni fa, e poi passando magari per la soppressione di un aeroporto che questa città ha deciso (unica al mondo, pensiamo) lasciandolo diventare una base militare a nemmeno mezzo chilometro dal cerchio delle mura in spregio ad un progetto di offerta dello scalo di Villafranca che avrebbe fatto del Dal Molin un vero punto di riferimento alternativo.

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Ci tornano in mente vecchi ricordi di scuola, quando più dei nostri non brillanti successi bruciavano molto quelli puntualmente clamorosi del meo amato cugino. Questione di confronti, spesso sanguinosi, sempre a dir poco spiacevoli. Il che suggerisce l’alibi della scomoda posizione geografico-strategica di Vicenza che lungo l’asse Verona/Venezia forse ancora oggi preferirebbe non esserci. E però sono conti che si debbono fare giorno per giorno, anno per anno, decennio per decennio, pezzo di autostrada per pezzo di autostrada, circonvallazione per circonvallazione. Ma non c’è verso, il faccia a faccia si conclude prima ancora di cominciare, nessuna illusione. Al maturare degli anni 80, pur con il blocco demagogico della PiRuBi, forse ci si poteva ancora fare qualche illusione soprattutto sul peso del Veneto e di Vicenza in campo nazionale dato che i parlamentari erano molti e molto influenti. Si pensava che lungo l’asse Rumor/Bisaglia tutto fosse ancora possibile e che la politica dei prudenti rimandi rappresentasse ancora e sempre la base più solida e certa per raggiungere gli obiettivi. Nello scorrere dei decenni però la trappola era cresciuta e si era fatta bell’e pronta a scattare: ci sarebbero infatti caduti, precipitati, tutti quelli che non avendo preparato un Piano B navigavano senza saperlo col vento di prua e dovevano accorgersene rapidissimamente pagando di tasca propria, viaggiando all’indietro per trovare poi dietro l’angolo successivo il nulla o magari qualche briciola.

Il tutto fu anche troppo chiaro allo scadere degli anni 80 quando nel giro di pochissimo tempo si capì -e parliamo principalmente di Vicenza dopo la morte di Mariano Rumor- che la fregatura all’orizzonte avrebbe superato di molto i temi principali delle infrastrutture presenti e sperate, o del peso politico delle varie province venete a livello nazionale. Ne discende che qualsiasi confronto con il resto del veneto, Verona in particolare, è ancora un’operazione che continua a bruciare senza che ci sia una qualche prospettiva di migliorare le percentuali di possibile successo.

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Il devastante effetto dei campionati del mondo di calcio pensò spietatamente a rimettere tutto a posto quanto a linguaggio chiaro ed inequivocabile: svolgendosi la manifestazione in Italia, era stato possibile costruire un pacchetto preventivo di cose da fare per preparare il territorio all’evento. Se da un lato voleva dire rifare molti stadi e viabilità di accesso e sgombero, significò anche progettare per qualche città del Veneto molto di più: Verona cambiò letteralmente faccia al suo sistema interno e di scorrimento delle strade urbane, idem per Padova, stessa musica per Venezia, e qualcosa anche per Treviso e Rovigo. Tutte ricevettero qualcosa di importante su cui costruire poi il dopo/mondiale, tutte tranne Vicenza. Le grandi circonvallazioni non la riguardarono, il completamento rispetto alla rete autostradale men che meno. Dai primi anni 90 la musica fu una specie di canto buddista ripetuto all’infinito, con la richiesta di completamento della Trento/Rovigo, ma senza esiti, così come si impantanò sul nascere la circonvallazione di Vicenza che ha conosciuto soltanto negli ultimi anni la parte sud, mentre la parte nord rimane ancora sulle carte dei progettisti e mentre la famigerata Via Aldo Moro è pur sempre la stessa di prima, un pezzo di asfalto “vorrei ma non posso”, anziché quel che dovrebbe, cioè bretella di rilancio del traffico fuori dal centro e quindi di risolutivo alleggerimento per la città.

Ne parliamo con Antonio Dalla Pozza, competente anche per il Turismo nella giunta di Palazzo Trissino, Vladimiro Riva che è al vertice di VicenzaÈ, braccio turistico della Camera di commercio, e con Claudio Cicero, già assessore della giunta Hüllweck e poi consigliere comunale delegato alle questioni di traffico. Si torna a parlare del “no a prescindere”, cioè del muro di opposizione che affligge chiunque si presenti con una idea magari interessante ma che subito si sospetta di minacciare lo stato delle cose, lo stato di grazia dell’immutabilità sacralizzata in nome di valori che magari non si ricordano nemmeno più… I risultati si ritrovano però nei numeri delle presenze turistiche del 2015. Anche dato per scontato che Vicenza non possa mai fare concorrenza a Verona e Venezia, è sufficiente mettere vicine le cifre per capire fino a che punto l’obiettivo sia una mission impossibile: Vicenza 504.254, Verona 8.337.346, Venezia 19.197.964.



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