NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora

di Giulio Ardinghi

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Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)IPOTESI SUGGESTIVA, MA I VINCOLI?- Di fronte a certi progetti falliti, vedi quello dell’Alta Velocità che doveva rivoluzionare tutto il movimento da ovest della città, è chiaro che un’amministrazione deve affrontare spesso situazioni già appesantite in partenza da qualcosa che non si riesce a controllare o rimediare. Vale per l’avvicendamento degli amministratori che si ritrovano a gestire decisioni magari già avviate o già fallite e che cercano con grande difficoltà una soluzione il più delle volte difficile. Nel caso specifico del trenino collinare di Verona siamo appunto di fronte ad uno di questi casi ad un tempo straordinariamente semplici o al contrario straordinariamente difficili a seconda che le premesse e l’impostazione di tutto il ragionamento risultino compatibili con le regole vigenti. I veti incrociati che anche troppo di frequente precipitano sulle spalle di chi si azzarda ad esprimere qualche buona idea hanno l’effetto deterrente il più delle volte immediato, compromettono tutto anche in presenza di regole che potrebbero essere adattate e rese sopportabili. La sintesi che ne fa Antonio Dalla Pozza è a questo proposito più che mai eloquente. L’assessore dice infatti che quella di Verona è una bella idea e che trasportata a Vicenza in rapporto al percorso per salire a Monte Berico è da giudicare come minimo suggestiva. A chi non piacerebbe? Soltanto che c’è un “ma” solidissimo rappresentato dai vincoli: “Nel caso specifico il vincolo non superabile per noi è quello dei Portici di Monte Berico, un vincolo storico/artistico che non si può certo ignorare. Di certo possiamo pensare all’accessibilità di Monte Berico in un’altra chiave perché è chiaro che la situazione del territorio che ci riguarda è molto simile a tante altre città che l’hanno risolta in vario modo. Come a Genova o a Perugia, con ascensori e mezzi pubblici che salgono in percorsi vincolati, come del resto possiamo ritrovare un po’ dappertutto, anche all’estero. Il problema del vincolo è una chiave chiusa, i Portici sono vincolanti per quanto riguarda tutto il colle, per cui…”.

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)I PROFESSINISTI DEL NO PREVENTIVO- Sullo sfondo però pare esserci sempre il no preventivo, il no a prescindere: il mantra che suggerisce di rifiutare una novità perchè fa bene alla stabilità della digestione. Solo che a volte si esagera un po’, a dir poco. Vladimiro Riva dal suo osservatorio di VicenzaÈ lamenta in sostanza che questo atteggiamento sia troppo frequente e comunque troppo fuori dall’esame reale delle cose proposte per quel progresso non solo teorico che a questa città converrebbe finalmente per una modernità consapevole e autentica. Dice Riva che la cosa si ripete ogni volta che nasce una proposta, una qualsiasi: “Difficile capire che origine abbia questo atteggiamento così frequente e così dannoso. Difficile anche accostarlo con troppo semplicismo alla voglia di proteggere l’ambiente, o la città, o non so che altro. Quelli che si agitano subito e comunque quando arriva una proposta nuova vorrei sapere dov’erano e in che cosa erano impegnati quando è stato cancellato l'aeroporto, o quando è stata soppressa la ferrovia Noventa-Vicenza-Recoaro, o quando c’era la possibilità di realizzare il mai attuato progetto del filobus in centro. Questa tendenza è talmente normale dalle nostre parti che a livello nazionale nemmeno ci considerano più: lo stanziamento di un miliardo deciso dal governo per il patrimonio artistico e architettonico ha visto il Veneto diventare destinatario di 8 milioni in tutto; i Beni Culturali hanno ricevuto una valanga di segnalazioni che candidavano progetti; dalla provincia di Vicenza ne sono arrivati via mail una ventina, frutto di uno spezzettamento che non tiene conto degli interessi del territorio nel suo complesso. A parte il castello di Giulietta e Romeo, forse l’unico di impatto sicuro, ci sono proposte di misura minima, irrilevanti per la totalità del Vicentino, a favore di un museo di qua, un reperto di archeologia industriale di là, un antico castelletto di sopra, i giardinetti di una villa di sotto. Insomma, non c’è la visione complessiva di quel che conviene al territorio e questo atteggiamento si riversa inevitabilmente anche sulla dimensione della città considerata come vera città guida della provincia”.

E POI GLI ORRORI INDIFENDIBILI…- Sembra definitivamente esaurita, semmai c’è stata fuori dalle correnti dei partiti, la stessa capacità di progettare e lottare per obiettivi comuni e per il beneficio del territorio vicentino. Dice ancora Vladimiro Riva che “purtroppo di proposte non se ne fanno praticamente più mentre crescono dappertutto gli orrori che vengono assorbiti con la massima naturalezza; che senso ha opporsi a tutto in nome della tutela e poi non preoccuparsi di brutture come nel caso del tribunale che a Borgo Berga sovrasta la strada che scorre proprio sotto il palazzo? che senso ha opporsi a tutto , trascurare i legami internazionali nel massimo silenzio per poi scattare per l’indignazione quando si capisce che Vicenza potrebbe anche uscire dalla rete della tutela Unesco? Del resto debbo anche chiedermi tante altre cose: perché seguiamo l’esempio di quelli che alla fine della guerra rifiutarono il cavallo di Marini in regalo? E perché mentre Verona fa tutte queste belle cose noi abbiamo ancora in sospeso da 20 anni la soluzione vera di via Aldo Moro, così come abbiamo avuto recentemente la tangenziale sud o ancora più recentemente il collegamento con Rovigo mentre resta nei sogni quello con Trento? Io credo che il benessere economico così forte dopo gli anni 60 non abbia tenuto conto del fatto che assieme al conto in banca doveva crescere anche la cultura. Ricordiamo che Vicenza ha anche respinto con perdite il festival di Menotti poi andato a Spoleto, senza dire di tutto il resto, del Teatro Olimpico, della gestione Neri Pozza, eccetera. Temo che questa città si sia addormentata, sia invecchiata e continui ad invecchiare inesorabilmente. Mi viene in mente che quando venni nominato presidente delle AIM nel 1990 l’impatto mi lasciò abbastanza perplesso per non dire altro: cera una mezza dozzina di laureati rispetto al totale di circa 800 dipendenti. Quel confronto mi pareva stridere parecchio e dopo tutto questo tempo trascorso comincio a sospettare che volesse dire davvero qualcosa di importante sulla disponibilità della città ad essere diversa…”.

Con Verona un non-gemellaggio che brucia ancora (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)QUANTI BEI PROGETTI RIMASTI NEL CASSETTO- La tesi espressa da Riva trova una quasi uniformità di vedute nelle parole di Claudio Cicero, ex assessore della giunta Hüllweck per viabilità e trasporti e poi delegato come consigliere addetto alla stessa materia per alcuni mesi prima dell’avvicendamento con la giunta Variati. Cicero non è soltanto l’uomo delle rotatorie, quello spunto che risparmia oggi a tutti noi code infinite nei punti di maggiore impatto del traffico, è anche lo stesso che aveva espresso di volta in volta molte buone idee a cui prestare un po’ di attenzione. Anche Cicero parla di una cronicizzata tendenza al no preventivo che finisce col danneggiare gli interessi della città e di chi ci vive e parla anche di tanti progetti rimasti nel cassetto senza una vera e propria ragione comprensibile a parte le solite opposizioni preconcette: “Non mi stupisce che Verona abbia tante idee e che le realizzi, il suo turismo è sempre più efficiente e le sue strade sono sempre affollate anche d’inverno. La zona collinare è un patrimonio importante per le città che ne possono usufruire. Qui da noi c’è Monte Berico e bisognerebbe saperlo sfruttare evitando che si intasi di auto e che alla domenica diventi praticamente impraticabile. Un’idea per la verità io l’avevo anche avuta ed era quella di un mezzo elettrico di facile gestione che poteva arrivare al Piazzale della Vittoria partendo dalla stazione ferroviaria. Era una buona soluzione, permetterebbe ai turisti e ai vicentini di salire senza problemi e di avere a disposizione un panorama eccezionalmente bello, proprio come quello che si offre ai chi sale a Castel San Pietro nel caso di Verona. Quella volta mi hanno detto no prima ancora che facessi in tempo a presentare la mia proposta. Mi sono convinto che è meglio non proporre niente perché tanto le risposte che si hanno sono sempre le stesse. E invece bisognerebbe fare e si potrebbe fare moltissimo. Il no a prescindere lo diceva Totò, un’amministrazione comunale dovrebbe poter esprimere concetti diversi, qualcosa di più importante, dignitoso e proiettato verso il futuro…”.

 

nr. 23 anno XXI del 18 giugno 2016

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