NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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I desaparecidos alle urne? Sono i partiti

Il dato sconcertante si ripete nei 12 comuni vicentini andati al voto perché ora si vince soltanto a patto di dimenticare di mettere nella scheda i simboli di un tempo: il fenomeno riguarda però tutta Italia dal momento che il PD ha messo il proprio logo nel 6% delle schede e 5Stelle il 13% - Un tramonto che non solo pare definitivo, ma anche al limite del tentato suicidio - Ne parliamo con Ettore Beggiato, Manuela Dal Lago, Mauro Fabris e Luca Romano che dicono: con questa tendenza si spalanca ulteriormente l’ipotesi di un assenteismo ancora crescente

di Giulio Ardinghi

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I desaparecidos alle urne? Sono i partiti

È come una corda tesa che alla fine si rompe. Non proprio del tutto, non ancora, ma certo è vicina a rompersi. Per rimetterla in asse occorreranno anni, sempre che nel frattempo non accada di molto peggio e sia la stessa esistenza democratica, qui da noi e in tutta Europa, a venir messa in discussione. Parliamo dell’equilibrio da cui la vita civile deve essere regolata. A chi spetta il compito? Ai politici in campo nazionale e internazionale, agli amministratori nelle fette più ridotte del territorio che però messe tutte assieme producono un clima ed una immagine.

L’ultima tornata ai seggi ha svelato cose magari prevedibili e che però messe tutte in fila formano un trenino per niente tranquillizzante. Ed il dato prevalente qual è, se non il tramonto lento ma inarrestabile dei partiti? In provincia di Vicenza la dozzina dei Comuni coinvolti in questo appuntamento si sono distinti per una assenza totale dalle schede dei simboli dei partiti. Proporzionato a quanto si è visto in tutta Italia la tendenza appare assolutamente identica. Basti dire che a Milano le due civiche prevalenti e a confronto (Sala e Parisi) hanno messo in vetrina ciascuna un logo a tema: nemmeno l’idea che da una parte ci sia il centrosinistra e dall’altra il centrodestra, anche se alle spalle dei due aspiranti sindaci ci sono organizzazioni che fanno capo la prima a Romano Prodi, l’altra a Letizia Moratti.

I desaparecidos alle urne? Sono i partiti (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Ma alla luce di questa nuova realtà, anche se relativamente nuova perché sempre più prevedibile, bisognerà pure andare a scavare quanto meno nella storia dello stesso significato di una qualsiasi lista civica. Negli anni della cosiddetta prima repubblica si inventava una lista civica per due ragioni fondamentali: o il partito di appartenenza non ti aveva neppure calcolato nella conta dei candidati da mettere in lista, oppure si creava un simbolo del tutto fittizio che a fine gara sarebbe sparito nel nulla: doveva avere soltanto una funzione di disturbo, ovvero di appoggio, a seconda della prospettiva dalla quale i protagonisti osservavano il campo di battaglia. La mutazione è stata di rara potenza, genetica, ed ha aperto le porte a chiunque volesse, e voglia, farsi il proprio percorso nel tentativo di arrivare alla poltrona principe del proprio Comune. Il caso vicentino è di una evidenza perfino imbarazzante anche se riflette con variazioni del tutto secondarie quel che è successo in tutta Italia.

I partiti sono spariti o si nascondono il più possibile, la loro funzione sociale di sorveglianza ed elaborazione di progetti non esiste praticamente più. Gradino dopo gradino questa misura minima di aspirazioni e azioni si trasmetterà al livello governativo e arrivati a quel punto non si sa bene come e perché dovrebbe aumentare la percentuale di quelli che già oggi 40 su 100 non si muovono neppure da casa per andare a votare. Un sintomo assai rilevante arriva proprio dalle due formazioni politiche di maggiore consistenza: il simbolo del PD è apparso nel 6% delle schede, quello dei 5Stelle nel 13%. Come dire che tutto il resto del piano praticabile per la propaganda elettorale e la vittoria finale è stato riciclato dentro una pletora di civiche che ovviamente hanno variato per forma e simboli a seconda della zona. Che cosa c’è dietro tutto questo? La caduta di qualità della classe politica, la sua esistenza strutturalmente precaria, la sua prospettiva ridotta nel tempo. Umberto Eco interrogato sul fenomeno della Rete ha risposto a modo suo dicendo che si tratta di un grande bacino democratico in cui, assenti regole certe e credibili, qualunque fesso può dire quel che gli pare. Non vorremmo che anche nel caso delle liste civiche di sfrenata gemmazione e rigenerazione si potesse arrivare ad esprimere un concetto equivalente. Il problema in tutti i casi c’è ed è più che evidente. Ne parliamo con Ettore Beggiato, Manuela Dal Lago, Mauro Fabris e Luca Romano, persone che hanno praticato la politica ad alto livello e che pure nelle distinzioni inevitabili di analisi sembrano concordare su un punto: se si va avanti così nessuno può sperare che le percentuali di votanti aumentino. Non ci sarebbe ragione.



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