NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Come riuscire a distruggere un modello perfetto

di Giulio Ardinghi

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Come riuscire a distruggere un modello perfetto

La valorizzazione dei Centri Servizio, anche quelli di minore dimensione

Un errore molto grave è quello di non rendersi conto del potenziale formidabile offerto da questa rete operativa che conta 350 strutture nei 560 Comuni del Veneto con una presenza complessiva che quasi eguaglia quella degli uffici postali: potrebbero trasformarsi in preziosi punti di riferimento dal momento che hanno la possibilità di diventare qualunque tipo di servizio rivolto al settore sociosanitario, a partire dalle associazioni dei medici di base. Quando URIPA ha steso il suo programma ha trasformato proprio per questo la definizione casa di riposo in quella di centro servizi, vale a dire un segnale forte che implicitamente chiede la giusta attenzione degli amministratori. Debbo dire che leggendo con attenzione il piano regionale sociosanitario ho constatato che su oltre 300 pagine viene dedicato soltanto un capitoletto agli anziani, come se il problema non esistesse o comunque fosse solo da scaricare sulle famiglie sia come assistenza sia come eventuali costi pubblici. Quel che la politica continua a non capire è che il nostro costo di servizio vale sei volte in meno di quello ospedaliero per cui la strategia del taglio delle spese su questo versante proprio non dovrebbe trovare alcuna corrispondenza.

La giusta programmazione delle risorse finanziarie già oggetto di continui e pesanti tagli

Come riuscire a distruggere un modello perfetto (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)È un tema particolarmente importante sul quale ci sono continue verifiche di poca razionalità e di un ritmo di adempimenti che non assomiglia neppure lontanamente alle necessità di un’attualità come quella che viviamo in continuo cambiamento. Su questo punto pesa terribilmente la morsa della burocrazia che fa quello che vuole a suo modo e con i suoi tempi. Il sistema programmatorio è vecchio, scaduto, non corrisponde più alla realtà. Tanto per fare un esempio che si capisce benissimo, lo scorso febbraio è stato fatto il riparto delle spese per l’anno precedente, mentre le vere esigenze di un fare di conto con la realtà imporrebbe di lavorare alla fine di un anno per quello subito seguente e non ritrovarsi costantemente in ritardo di due anni. Siamo di fronte ad un equivoco abbastanza chiaro e cioè la funzione che dovrebbe esercitare la burocrazia: è la componente tecnica che deve fare il lavoro per la politica e non il contrario, cosa che invece è ormai prassi comune. Se la politica non riprende in mano le sue prerogative e non detta con chiarezza le regole del gioco non si andrà da nessuna parte, mentre però il tempo passa ed i problemi non si risolvono perché diventano sempre più pesanti e meno affrontabili.

La programmazione delle attività formative in ambito territoriale per superare la necessità di operatori del settore sociosanitario

Il problema dei problemi è che non abbiamo operatori da assumere anche se in tutto il nostro sistema non c’è stata caduta di occupazione. Non si fanno assunzioni perché nessuno ha ancora quantificato il fabbisogno e mentre si vive in questa situazione di transizione perpetua chi punta ad un posto nella sanità preferisce l’ospedale dove c’è un contratto pubblico che alletta maggiormente. Sull’altro lato, il nostro, c’è una situazione pesante dovuta alla situazione degli anziani che arrivano da noi in uscita dall’ospedale, con famiglie che sentono problemi altrettanto pesanti, e le scuole che dovrebbero formare il nuovo personale dopo cinque anni licenziano allievi a cui manca qualcuno dei parametri richiesti per le assunzioni e non si fa niente per modificare questa situazione. Anche in questo caso è la burocrazia che comanda.

La revisione degli standard regionali minimi che datano al 1994, non più in linea con le reali necessità attuali

Questo riferimento al 1994 parla da solo. In poco più di vent’anni è cambiato tutto, ma proprio tutto, compresa la qualità della salute delle persone di cui ci occupiamo. Basta guardare le cifre dei ricoveri e delle morti: allora moriva una persona ogni tre anni circa, oggi se ne vanno in circa cinquanta: è dovuto al fatto che gli anziani che approdano al nostro sistema non arrivano per riposo, come una volta, ma per dimissioni ospedaliere, dopo aver trascorso un periodo di cura a causa di condizioni molto problematiche. La Regione dovrebbe rivisitare tutta la questione partendo dalla parte retributiva.

Il recupero di quattro anni di paralisi nelle politiche sociosanitarie per le persone anziane

Qui ritorniamo sul discorso degli anziani: li consideriamo o no? ci rendiamo conto che si tratta di una condizione nella quale ci troveremo tutti prima o poi? Pare che la filosofia imperante sia stata almeno negli ultimi quattro anni tutta rivolta alla negazione del tema; l’assessore di oggi, Lanzarin, dimostra con i fatti che abbiamo vissuto con il suo collega precedente un periodo di totale paralisi mentre la politica sociosanitaria si dedicava evidentemente ad altro con il risultato di distrarsi, al punto da causare commissariamenti sparsi. È chiaro che il compito di Lanzarin è quello di affrontare uno stato delle azioni del settore che con tanto non fare sono andate vicino al valore zero per cui bisogna affrontare un recupero davvero difficile. Un vero peccato, siamo andati con gli ultimi quattro anni molto vicini alla distruzione di quello che era il fiore all’occhiello della nostra amministrazione regionale, quel sistema che aveva trovato estimatori ed imitatori non soltanto in Italia ma anche in Europa. Che senso ha disperdere un patrimonio così che funzionava tanto bene? Non so rispondere. È come se la Fiat liquidasse la Ferrari, la spersonalizzasse e le facesse produrre le proprie prestigiose auto nelle linee di montaggio di Torino. Diciamo pure che siamo molto feriti nell’orgoglio e che siamo consapevoli di attraversare un momento che risulta sicuramente il peggiore di sempre.

Una più equa fiscalità nazionale e regionale

Si tratta di un altro capitolo importante. La fiscalità regionale ci penalizza perché per noi l’Irap è all’8% mentre per i privati è al 3%, così come se si parla di energia ci ritroviamo a pagare per l’elettricità un 22% di Iva che la norma descriverebbe al 10%. Ma l’agenzia delle entrate dice che non se ne parla e che bisogna pagare il 22%. Più in generale dobbiamo sottolineare che per quanto riguarda un settore strategico come la informatizzazione dei dati la burocrazia regionale non si preoccupa della tempestività delle informazioni e quindi della qualità, ma è tutta concentrata sulla quantità in modo da poter dimostrare che le operazioni effettuate e concluse sono state tante. Il risultato finale di queste scelte per chi ragionevolmente si aspetta una vera ed efficiente attualizzazione dei dati e delle analisi non è affatto piacevole. Si lavora comunque e sempre con dati di riferimento già scaduti per cui attualizzare un progetto è praticamente impossibile: è già un successo se i dati che ci forniscono non sono scaduti da molti mesi o da anni…

FINANZIAMENTI IN RITARDO CRONICO- Come dire, sottolinea nemmeno tanto tra le righe il comunicato firmato da Roberto Volpe, che ad esserne coinvolti sono complessivamente la difesa e il rilancio del ruolo del sistema sociosanitario rispetto ad una “egemonia culturale e tecnica che è andata via via rafforzandosi nel corso di questi ultimi anni da parte della cosiddetta sanità regionale”. Non si parla di teoria, come abbiamo ampiamente visto e capito, perché al contrario si descrive con chiarezza lo stress quotidiano di chi opera nella sanità e nel sociale, il pericolo reale di una destrutturazione dei meccanismi portanti di tutto un settore strategico nel bilancio regionale (l’80% è dedicato al capitolo della spesa sociosanitaria) e della stessa filosofia dell’operatività. Un esempio tra i tanti? All’URIPE debbono arrivare di regola anche i finanziamenti del settore scuole materne e asili nido. Quelli del 2013 non si vedono ancora anche se ne è stata annunciato il versamento imminente. Non si sa se parziale o definitivo. Il modello sanitario e sociale veneto, copiato a man bassa in Europa, è ridotto così, pian piano al dissesto. Ed era la punta di qualità di tutta una politica che se l’era inventato e realizzato. Non lo è più. Per chiudere, torniamo alla metafora di Volpe sulla Fiat: se decidesse di punto in bianco di cancellare la Ferrari o la rinchiudesse nei suoi stabilimenti torinesi sradicandola da Maranello e dalla sua stessa storia che cosa succederebbe, ma soprattutto che senso avrebbe una manovra di questo genere? Ma la Fiat non farà mai una fesseria del genere...

 

nr. 25 anno XXI del 2 luglio 2016



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