NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Ma chi giurava che l’eroina se n’era andata?

di Giulio Ardinghi

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Ma chi giurava che l’eroina se n’era andata?

Ma chi giurava che l’eroina se n’era andata? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)DA UN PO’ DI TEMPO SONO TORNATI IN STRADA”- I nuovi fatti riportano all’equivoco in cui si è cascati nel ritenere che la sospensione di ”incidenti” significasse una caduta in qualche misura dell’uso dell’eroina; forse si è caduti nella trappola di ritenere che il non vedere direttamente corrispondesse ad una nuova realtà e che i tossicodipendenti fossero spariti dalla circolazione per una specie di miracolo che in realtà non è mai avvenuto. La testimonianze in questo senso più affidabili vengono da chi in strada ci va regolarmente per quei progetti di assistenza, soprattutto ai senza tetto, che in qualche modo coinvolgono anche altri orizzonti, altre realtà che pure non facendo parte degli obiettivi del gruppo che si muove ogni giorno e ogni notte sono comunque sotto gli occhi di tutti. I tossici all’angolo di strada non c’erano più, ma ora ci sono, sono tornati, con l’evidenza che mostrano dei loro comportamenti ivi compreso il bucarsi in pubblico. La testimonianza arriva da Cristina Salviati, operatrice del Gruppo di Strada: “Per le tossicodipendenze non abbiamo proposte perché ci dedichiamo ad un’altra fascia di situazioni sociali come quella appunto dei senza tetto. Il non esserne coinvolti non ci impedisce tuttavia di vedere e quel che vedo oggi mi dice che c’è più gente che si buca davanti a tutti, che ci sono di nuovo più siringhe per terra, che c’è insomma tutto l’apparato utile a stabilire che un certo fenomeno si verifica. Debbo dire che era parecchio tempo che non ci accorgevamo di queste cose, come se fossero spariti i tossicodipendenti e come se il mercato si fosse attenuato. Invece non è così, siamo tornati a vederli e questo vuol dire che l’eroina circola di nuovo, ammesso che abbia mai veramente cessato di essere spacciata, comprata e consumata”.

Ma chi giurava che l’eroina se n’era andata? (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)L’ARCHIVIAZIONE DELLA MEMORIA- C’è anche una spiegazione psicologica importante per arrivare a capo di questo tema. Il riferimento che facevamo in apertura al meccanismo della olistica della disponibilità nel caso in questione occupa saldamente tutto lo spazio disponibile. Giudicare che un fenomeno è cessato soltanto perché non se ne hanno più segnali visibili rappresenta uno dei sistemi più immediati e anche più semplici per darsi una risposta tutta intonata al massimo ottimismo possibile. Il problema, dice lo psicologo è che cadiamo sempre più spesso in una specie di archiviazione della memoria dalla quale siamo disposti ad uscire soltanto quando la evidenza dei fatti ci costringe a rivedere le nostre più recenti convinzioni. Antonio Zuliani, che si occupa dell'applicazione della Psicologia nei settori della Sicurezza, dell'Emergenza e dell'Ambiente attraverso tre progetti speciali, parla di questa tendenza ad archiviare secondo codici che riappaiono periodicamente immutati ogni volta che se ne presenta l’opportunità: “Non è il mio campo di studio ma credo che l’assenza di incidenti del tipo di quelli più recenti abbia prodotto questa archiviazione per il fatto che le spiegazioni potevano essere tante, a partire dalla tendenza delle organizzazioni di spaccio ad indirizzare verso consumi diversi la loro clientela. L’equivoco può essere questo, fondato sulla necessità di capire le tendenze del mercato, quei parametri variabili che vanno dalla fruibilità alla qualità del prodotto e alla domanda dello stesso. Propendo per l’archiviazione dal momento che esiste quella che si chiama la olistica della disponibilità secondo la quale un certo concatenarsi di fatti esiste solo in quanto visibile, se se ne parla il problema c’è, se non se ne parla il problema non c’è e rimane sotto traccia fino al momento in cui riemerge e viene riconsiderato esistente. È una specie di curva matematica che risulta sempre praticamente identica per qualsiasi evento affidando alle statistiche la constatazione relativa. Le chiavi interpretative possono anche variare, la base non cambia. Un esempio di tutto questo lo si può trovare nella diffusione dell’AIDS. I meccanismi sono gli stessi. I numeri ci dicono che la malattia si sta diffondendo più di prima, ma non se narla perché dai primi anni devastanti in cui non c’erano superstiti la farmacologia ha ottenuto risultati straordinari. Oggi la cura non ottiene la guarigione esattamente come prima, però ottiene una straordinaria percentuale di sopravvivenze, anche per molti anni. Il che ha autorizzato a pensare che non ci sia più problema, mentre il problema c’è e sono appunto le statistiche sull’aumentata diffusione a dimostrare che l’infezione contagia di più. Il vero problema è che questo inganno induce a non utilizzare quella prevenzione che invece sotto la frusta degli anni peggiori veniva adottata come unico elemento di difesa per evitare la malattia. Questo caso assieme all’equivoco che si può essere determinato sull’eroina e sulla sua diffusione si assomigliano molto, hanno la stessa radice e dal punto di vista sociale anche le stesse conclusioni”.

I RAGAZZI PIU’ ESPOSTI ALL’ALCOL- Spaccio e consumo di droga, come abbiamo visto anche con uno sguardo alla diffusione dell’AIDS, ma anche alcol, che rappresenta una piaga sociale per niente trascurabile come dimostrano appunto le statistiche. C’è moda e moda ed ogni moda, se male interpretata, ha le sue vittime e nel caso dell’alcol più si è giovani peggiori sono le conseguenze di un uso indiscriminato. A Vicenza, si calcola che fra i giovani l’incremento di consumo di aperitivi che fanno grado corrisponda al 63 per cento, mentre i superalcolici hanno avuto un boom del 122 per cento soprattutto fra le ragazze. Spopola il cosiddetto binge drinking, cioè l’assunzione esagerata, in una sola volta, di alcol. È un classico ormai nelle feste e nei fine settimana e serve a stordirsi: “È il modo per affermare un modello negativo -ha spiegato in un’intervista dello scorso anno il direttore del dipartimento dipendenze del San Bortolo Vicenzo Balestra- e per entrare nel mondo dei grandi. Chi beve di più è “figo”. Per questo cerca più lo sballo che il gusto. Ma si beve anche per una sorta di automedicazione, per affrontare la noia, la solitudine, per vincere un complesso di inferiorità, superare barriere di comunicazione. Oppure si utilizza l’alcol come droga sostitutiva quando non si ha a disposizione un’altra sostanza o come calmante dopo l’uso di droghe stimolanti. La cosa ancora più grave è che i minorenni rischiano molto e non lo sanno. Da un punto di vista biochimico i loro enzimi non sono pronti per catalizzare l’alcol che oltrepassa la barriera gastrica e invade tutti i tessuti. Il danno più grave è riservato al cervello. E spesso è irreversibile. La verità è che i ragazzi sottovalutano gravemente il pericolo. C’è un discorso di status: nei film i protagonisti bevono sempre. Poi gli alcolici sono facilmente reperibili sul mercato. E infine c’è il fatto che le bevande alcoliche non sono percepite dai giovani come un problema, anzi, all’opposto, perché giudicate fonti di benessere, sotto la spinta della pubblicità che le associa a situazioni di piacere e felicità. Inoltre, se non nei casi in cui arrecano danni alle persone, gli alcolici non hanno una condanna sociale come avviene con il fumo. E tutti assieme sui 1800 pazienti che ricorrono al Sert, questi dell’alcol facile sono stati nel 2015 400, vale a dire il 35%circa del totale.

 

nr. 27 anno XXI del 16 luglio 2016

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