NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
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Gli alpini accusano: forse diamo fastidio

di Giulio Ardinghi

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Gli alpini accusano: forse diamo fastidio

UNDICI ANNI FA ABOLITA LA LEVA- Per tornare al discorso del futuro anche immediato, bisogna ricordarsi di un passaggio fondamentale: a partire dal 1. gennaio 2005 è stata abolita la leva obbligatoria, provvedimento con il quale si è scelto di servirsi esclusivamente di corpi militari volontari, tra cui ci sono anche due Brigate Alpine, la Taurinense e la Julia, tutti comunque sempre impegnati in missioni internazionali. Ovviamente non basta a ripianare i numeri perché il problema è che il ricambio generazionale è praticamente annullato per quanto riguarda tutto il resto, cioè quel rifornimento costante assicurato in precedenza appunto dal servizio militare obbligatorio. L’alternanza delle generazioni è in questo modo altrettanto nullo e per questa ragione si sta ventilando da tempo di ritornare all’antico, di nuovo alla lega obbligatoria, magari a tempi ridotti, magari riservata ai maggiorenni, e di ridurre così un difetto di fabbrica, per così dire, che sta dimostrando a distanza di undici anni di non aver prodotto quei benefici che ci si immaginava, a cominciare dal risvolto più immediato, vale a dire quello sociale. Ammesso che si arrivi davvero ad una riforma della leva in senso nazionale e civile, lasciando ai professionisti delle armi il settore delle missioni all’estero, ed è lecito dubitarne, ci domandiamo quali sarebbero i punti forti della nuova organizzazione logistica perché nel frattempo sono state dismesse o svendute molte caserme, altre ancora sono state messe a disposizione di gruppi sociali in particolare difficoltà, senza dimenticare un altro fatto statisticamente registrato e messo agli atti: anche tra i volontari militari ci sono sempre meno veneti che si arruolano nelle due Brigate, un altro particolare da tenere in considerazione se si pensa che le attuali proporzioni tra le tessere ANA in campo nazionale segna per la provincia di Vicenza qualcosa come l’11% del totale, e senza dimenticare che dei 65milioni di euro che escono dalle casse dell’ANA italiana oltre 5 hanno targa vicentina. Se vogliamo tentare di sintetizzare, quindi, c’è un voluminoso complesso di dati da analizzare; pensare al futuro e sapere esattamente che la presenza alpina continua ad essere un fattore essenziale nella vita sociale e specialmente in occasioni difficili come le molte calamità naturali, occorrerà ricercare le migliori soluzioni che ancora possono essere reperite sul terreno organizzativo, soluzioni che mancherebbero o comunque non sarebbero facili da trovare a meno di nuove e grosse spese per ricreare sedi adeguate ai nuovi organici che si vogliono costituire. A meno che, si capisce, non si preferisca voltare di nuovo pagina destinando gli obiettivi a diverse finalità, una delle quali potrebbe appunto essere quella del servizio civile socialmente motivato e indirizzato. Un buon richiamo per i più giovani.

Gli alpini accusano: forse diamo fastidio (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)RIMEDIARE A UN GRAVE ERRORE- Quella legge del 2005 viene giudicata da molti un grave errore: la leva obbligatoria aveva un senso e se chi ne ha riformato radicalmente la continuazione in vita provvedendo a eliminarla si fosse un attimo soffermato su qualche possibile alternativa probabilmente oggi non ci si troverebbe in questa situazione: da una parte il progressivo dissanguamento degli organici di tesseramento dell’ANA con conseguente rialzo dell’età media ormai arrivata attorno ai 50 anni, dall’altra parte l’aver tolto a tutte le nuove generazioni una occasione molto più importante dell’istruzione militare in sé perché serviva ai ragazzi come uscita dall’ambito familiare, come esperienza di vita e ancora più importante come contatto con la vita vera e impostata, disciplinata, collettiva, la vita della socialità. Luciano Cherobin, rinnovato presidente delle oltre 20mila penne nere della sezione di Vicenza, spiega che in realtà di questo si trattava, di una grande esperienza di vita che oggi è stata sottratta e le conseguenze si vedono: “Mi pare evidente che le cose non sono migliorate. L’aspetto più importante della coscrizione obbligatoria era appunto la condizione nuova in cui si trovavano i ragazzi per la prima volta al di fuori della propria famiglia. Si imparava a vivere assieme agli altri, a superare il concetto dell’individualismo a tutti i costi dentro cui siamo invece immersi oggi. Era un modo, però un modo che funzionava e per gli alpini era una specie di promessa a vita: come in montagna, dove quando si cammina tutti assieme si va al passo di quello che altrimenti resterebbe indietro, non ci si stacca mai. Chiaro che l’abolizione della leva ha sottratto agli alpini quello che era il naturale e più naturale rifornimento di nuovi associati. Ne risentiamo e siamo convinti che sia stato fatto un grave errore a cui bisognerebbe poter rimediare”.

LA VOCAZIONE SOCIAL/PACIFISTA- Chi confonde la presenza degli alpini e le loro manifestazioni come omaggi alla vita militare o peggio ancora come attaccamento e sostegno alla guerra non ha capito quel che vede e quel che sente. Cherobin conferma: “Siamo i primi a detestare la guerra ed a volere fortemente la pace. Il che non toglie che per questione di pratica praticata rimaniamo legati sia alle guerre e ai sacrifici che le penne nere hanno compiuto, sia alle istituzioni militari perché ne abbiamo fatto parte. Il collegamento è questo e non si va oltre. Del resto la nostra presenza sul territorio nazionale oltre che sul nostro territorio provinciale è ben testimoniata da fatti inequivocabili come il contributo in solido che l’ANA alla solidarietà: sono 65 milioni all’anno che hanno un significato e di questi fanno parte i 5 milioni che arrivano dalle nostre cinque sezioni della provincia di Vicenza. Noi pensiamo che i conflitti vadano annullati con la mediazione e che sia la pace lo stato naturale al quale bisogna tendere perché è il modo di convivenza più consono a tutti noi, alla gente. Da noi non arriverà mai una qualunque esaltazione delle vicende guerresche, se ne parliamo ogni tanto è perché i nostri morti, i nostri eroi, vanno ricordati e rispettati nel modo più adeguato, a questo non possiamo mai rinunciare. Del resto penso che non dobbiamo dimostrare niente dal momento che la nostra presenza è da sempre assicurata senza condizioni, noi siamo pronti a intervenire ed aiutare, siamo nella società, non ne siamo fuori. È alle penne nere che si deve l’istituzione della protezione civile: in Friuli il nostro lavoro fu così rapido e importante che il comando americano in Italia assicurò il proprio aiuto in soldi, uomini e mezzi con la condizione precisa che a gestire questa parte dell’intervento di soccorso ai terremotati fosse gestito dagli alpini e non dallo Stato italiano. Un bel riconoscimento”.

C’È IL RISCHIO DI ESTINZIONE?- L’esaurimento della possibilità di assicurare agli alpini dell’ANA i nuovi ricambi generazionali è indubbiamente causato dall’abolizione della coscrizione obbligatoria. Come se la caverà l’associazione che pure può contare sull’adesione di amici e sostenitori divenuti nel frattempo parte integrante della comunità? Luciano Cherobin dice che negare l’evidenza di un pericolo di esaurimento del tesseramento sarebbe una sciocchezza, ma aggiunge anche che questo calo di organico è costante, la anche abbastanza lento da lasciar sperare in qualcosa di diverso rispetto alla “chiusura” per sopravvenuta mancanza di candidati alla tessera: “In questo momento stiamo piano piano scendendo di tesserati nella misura di circa lo 0,8% all’anno. Si tratta di un ritmo da tenere sotto controllo, ma certo non così forte da lasciare pensare che non ci sia qualche rimedio all’orizzonte. Io personalmente credo che prima della nostra estinzione effettiva qualcosa cambierà nella storia, anche se non saprei dire con precisione che cosa cambierà. Resta sempre il fatto che l’abolizione della leva obbligatoria è stato un grave errore e sarebbe il momento di ripensarci, con altri indirizzi, altra impostazione, ma riconsiderare il problema. In questi undici anni abbiamo sentito più volte voci che si sono incrociate sulla necessità di decidere l’esatto contrario della abolizione della leva. È successo fin da subito, perché già nel momento in cui fu deciso si manifestarono notevoli opposizioni, ma adesso le voci si sono moltiplicate e credo sia arrivato il momento di ripensarci davvero riconsiderando tutto per quel che vale e nella misura che i nuovi provvedimenti potranno avere tenendo conto della realtà così profondamente cambiata in questo periodo.

ANCHE PER I MILITARI IN MISSIONE- Da notare che tra le attività dell’ANA, come testimoniano le sezioni vicentine, c’è anche quella di assicurare alle famiglie dei militari in missione all’estero appoggio utile e necessario in caso di necessità. Le sezioni vicentine mettono in campo circa 20mila penne nere a Vicenza, più le 11mila di Bassano, le 3mila di Marostica, le 3mila di Valdagno e le 2mila dell’Altopiano di Asiago. È con questi numeri che la provincia di Vicenza si trova al vertice dei numeri nazionali. Per dire che non c’è momento della vita sociale e delle eventuali emergenze in cui non venga assicurato l’intervento alpino. Una operatività messa così tante volte alla prova dei fatti che nessuno se ne meraviglia più. Come in Friuli i primi ad accorrere dopo la devastante scossa di maggio nel 1976 furono gli alpini seguiti a ruota dall’esercito austriaco che mandò una colonna di soccorsi da Tarvisio, così questo rituale della operatività organizzata e del tutto generosa e gratuita si è ripetuto e si ripete lungo i decenni fino ad oggi. Gli alpini assicurano ad un momento difficile del contesto sociale come una grave emergenza per cause naturali un intervento misurato ed organizzato fino al punto da non rendere la loro presenza di alcun peso per le comunità che vanno a soccorrere: dal Trentino all’Albania, passando per tante altre sciagure, come l’Irpinia e appunto il Friuli, questo è un leit motiv che non cambia, è sempre uguale e non si smentisce, non delude mai i destinatari dell’opera di soccorso. Ecco perché di fronte al lento esaurirsi degli organici per una progressiva mancanza di cambio generazionale si fa sempre più strada la convinzione che sia un buon servizio reso a tutti se si assicura che le penne nere continuino a costituire per la comunità una punto di riferimento di autentica sicurezza.

Ora, accade che in qualche ministero, oltre alla legge sul volontariato universale che potrebbe escludere gli alpini ci sia in costruzione un progetto che forse si propone di ristabilire la leva anche se non più quella obbligatoria. Certo, non potrà trasformarsi in un ritorno a prima della riforma perché le lancette dell’orologio del tempo non gradiscono arretramenti; ma altrettanto certo che qualcosa di molto utile e proiettato al futuro può e deve essere fatto. La formula sarà quella del servizio sociale volontario. Il richiamo per i giovani potrebbe essere quello giusto e sarebbe la chiave per assicurare continuità al ricambio generazionale senza il quale nel giro di qualche decennio l’ANA potrebbe davvero trasferirsi al tempo passato. Definitivamente.



nr. 33 anno XXI del 24 settembre 2016

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