Come e quando è nata la sua passione per il tè?
"Quando tornavo da scuola, mi sedevo al tavolo in cucina e bevevo la mia bella tazza di tè, pociando biscotti e guardando cartoni animati. Crescendo l’abitudine di quella tazza pomeridiana è rimasta, tanto che all’Università era quasi un rito nel nostro appartamento di studenti fuori sede: verso le cinque facevamo pausa studio tutti assieme, scambiavamo due chiacchiere e ci ripigliavamo con una buona tazza di tè nero addolcito da un cucchiaio di miele, prima di ributtarci tra i libri per l’ultimo paio d’ore. Erano già anni in cui si prestava attenzione alla spesa, si boicottavano le aziende alimentari che avevano comportamenti poco etici e si comprava equo-solidale; si diventava vegetariani, vegani e macrobiotici; si evitavano i prodotti pronti, confezionati e si cercava di comprare solo materie prime, possibilmente sfuse, anche perché permettevano di risparmiare e non creavano immondizia".
Come ha trasformato questa passione in attività commerciale?
"Nel frattempo avevo iniziato a lavorare con mio padre nell’azienda di famiglia, che all’epoca si occupava principalmente di cesti natalizi, anche se manteneva la produzione e la distribuzione delle caramelle. Proprio nell’ottica di rilanciare la distribuzione delle nostre caramelle, avevamo iniziato ad allargare il catalogo con altri prodotti (biscotti, cioccolate e panettoni) su cui potevamo avere un’esclusiva per il mercato italiano. Un giorno mio padre lanciò l’idea di cercare un tè da importare direttamente. In effetti, era un prodotto perfetto: aveva una scadenza lunga che ci permetteva di acquistarne una grossa quantità e si adattava benissimo ai dolci e al Natale. Io pensai subito alla Cina, ma mio padre aveva le idee chiare: voleva un tè di Ceylon, perché nella sua memoria Ceylon era sinonimo di qualità".
Cos'ha di speciale il tè di Ceylon che gli altri non hanno?
"Quando alla fiera di Colonia mio padre iniziò a parlare di prezzi e portò a paragone un campione di tè che ci era stato proposto in un altro stand, Mr. Perera senza batter ciglio lo prese, lo guardò, lo annusò, lo scosse un attimo con un gesto deciso della mano e lo restituì a mio padre dicendo: Certo, questo costa meno, ma questo lo vendi una volta sola, gli italiani hanno buon gusto, non lo ricomprerebbero. Mi aveva conquistata, e aveva conquistato mio padre: iniziammo a importare il tè della Mlesna esattamente dieci anni fa, nel 2007 e nel 2010 andammo per la prima volta in Sri Lanka a visitare la fabbrica e le piantagioni. Fu una rivelazione: avevo imparato moltissime cose sul tè, ma quando capii fino in fondo qual’era il lavoro umano che c’era dietro alla mia tazza, rimasi folgorata".
Si fa presto a dire tè... ma cosa c'è dietro?
"È come un nodo da cui partono infinite corde che allacciano tra loro le persone più lontane. Ha a che fare con la botanica, con le scienze agrarie. Il mio viaggio mi ha permesso di scoprire molti segreti della lavorazione del tè e iniziò a suggerirmi l’idea di scrivere un libro per raccontare l’incredibile lavoro che viene svolto ogni giorno, in questa piccola isola dell’oceano indiano, per produrre buona parte del tè bevuto nel mondo. Seguendo queste tracce mi sono imbattuta in grandi storie epiche e in semplici ricette di cucina, ho incontrato l’aristocrazia europea e la casalinga americana, ho bevuto il tè alla russa e quello delle suffragette inglesi, ho visto i verdi campi di tè e gli azzurri mari attraversati dai vascelli carichi di oro verde. E alla fine tutto questo ricadeva nella mia tazza, in quella semplice bevanda fatta per lo più di acqua, che pur aveva mosso i cuori di tanti uomini e donne nella storia".
Valeria Vicentini è direttore della comunicazione e del marketing nell’azienda di famiglia, si è laureata in Discipline dell’Arte della Musica e dello Spettacolo a Bologna, dove ancora oggi vive. Attrice e regista teatrale per passione, ha scritto in collaborazione con Amedeo Sandri Mangiare Veneto: sette province in cucina (2009).
nr. 14 anno XXIII del 14 aprile 2018