Cosa rappresenta questo nuovo libro nel suo ventennale lavoro di ricerca sull’Altopiano?
"Premetto che il libro nasce dal mio amore per i luoghi dove sono nate le leggende dell’Altopiano dei Sette Comuni visti e conosciuti durante l’adolescenza. Esso rappresenta un tuffo nel mio passato. Difatti sono andata alla ricerca di questi angoli magici per immortalarli con la fotografia, poiché non esiste un archivio d’immagini di questi siti. Mentre nei libri precedenti narravo le antiche storie, in questo testo cerco di dare per ogni sito, una sintesi dei molti racconti sorti su di esso partendo dalla toponomastica cimbra o talvolta veneta, che li identifica attraverso l’analisi etimologica dei nomi. “La Porta del Bosco” è un invito a visitare alcuni luoghi non solo con gli occhi degli storici e dei naturalisti, ma anche con quelli della fantasia e della magia".
Che importanza ha la cultura cimbra in questo mondo ormai globalizzato?
"Sembra retorica, ma non lo è se dico che ognuno di noi affronta le azioni presenti e future assorbendo dalle proprie radici culturali. Può essere che in questo presente storico alcuni individui non trovino interesse per il passato, ma io credo rappresentino una minoranza. La curiosità verso le proprie origini, l’arte e le trasformazioni dei territori sono sempre importanti. Anche il recupero della cultura “cimbra” è presente nella società odierna del vicentino. La storia è fatta di cicli e ricicli. Oggi la lingua cimbra, è studiata in alcuni paesi dell’Altopiano e gli allievi che si cimentano sono molti, poiché è nella diversità che si acquista una consapevolezza di identità personale".
Perché ha dato molta importanza alla toponomastica?
"La toponomastica arriva dal passato ed è sopravvissuta per secoli, inoltre parla la lingua dei padri. Nei nomi dei luoghi ritroviamo la testimonianza di molte leggende e i loro protagonisti. Tre esempi eclatanti: Zeelighen Baiblen, luogo dove vivono in una grotta le piccole fate chiamate le Zeelighen Baiblen ossia Beate Donnette, Tanzerloch, Voragine della Danza, dove si radunavano le streghe per i loro sabba e Altarkhnotto, Antico Sasso o Scoglio dell’Altare, dove si svolgevano sacrifici e dove i nani esponevano al sole i loro tesori".
Oggi i miti e le leggende hanno ancora rilevanza per i lettori più giovani?
"L’approccio alle leggende è soggettivo, ma credo che i luoghi suscitino ancora suggestioni che anche i bimbi di oggi possono vivere. I racconti di super eroi moderni non sono tanto dissimili da quelli dei personaggi magici dei monti, narrati nei filò. Anche molti libri Fantasy, dal Signore degli Anelli a Herry Potter, amati dagli adolescenti e adulti, affondano le loro radici nelle leggende d’oltralpe".
Cosa direbbe ad un visitatore che per la prima volta scoprisse l’Altopiano?
"Direi che oltre ad un clima mite d’estate, bellezze della natura e una storia che lo ha visto protagonista nella prima guerra mondiale, esiste un’altra storia ben più antica e per certi versi ancora misteriosa, da scoprire. É quella della sua anima cimbra che parla attraverso un territorio di boschi, grotte e voragini che hanno ancora i loro nomi antichi e che richiamano ai molti personaggi fantastici arrivati su queste montagne assieme ai primi abitanti".
Paola Martello ha le sue origini sull’Altopiano dei Sette Comuni e vive a Vicenza. Ha pubblicato i libri: C’era una volta… Ista gabest an Botta, La fiaba dipinta nel gioco delle 40 carte, Fabulando con le 56 carte, il poema per immagini Altaburg – Si può amare una fata?, Sette volte bosco sette volte prato – Leggende, piante, animali e lingua cimbra. Ha curato la realizzazione del romanzo storico postumo delpadre Umberto Martello Martalar I Castellani di Poggio Selvaggio – Storie di Pace e di Guerra 1908 - 1918. È laureata in Architettura ed è stata docente di Scuola Media. Ha illustrato libri ed è coautrice di altri testi, ha partecipato a convegni, concorsi e mostre. È stata presidente del Cenacolo Poeti Dialettali Vicentini.