NR. 43 anno XXVIII DEL 23 DICEMBRE 2023
la domenica di vicenza
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Romanzo impopolare

Una banca tante storie

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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Romanzo impopolare

Scriveva Lucio Anneo Seneca nei Dialoghi morali che "le ricchezze sono schiave in casa del sapiente e padrone in casa dello stolto". Un punto di partenza saliente per comprendere un libro come Romanzo impopolare (Aviani&Aviani editori), scritto da Cristiano Gatti e Ario Gervasutti con una sorta di "affettuosa" dedica al Toni - l'uomo medio comune - che "capendoci sempre poco è rimasto senza niente". Presentato in anteprima a Palazzo Cordellina, Biblioteca Bertoliana, il corposo volume dal titolo quanto mai azzeccato, è un libro che non può passare inosservato tra i lettori vicentini.

Romanzo impopolare (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Avvincente e godibile come un vero romanzo, preciso e attendibile come un libro d’inchiesta, è il frutto di un immenso lavoro durato un anno dei due giornalisti che hanno affrontato oltre due milioni di pagine, tra atti giudiziari, verbali dei consigli di amministrazione, intercettazioni telefoniche, testimonianze personali, per raccontare compiutamente e senza pregiudizi una delle storie che hanno segnato l’ultimo decennio italiano, nel settore sensibile dell’economia e del sistema bancario: splendori e rovine della Banca Popolare di Vicenza. Adesso che la polvere del clamore sembra essersi depositata, è possibile ripercorrere con occhi diversi questa incredibile vicenda che ha segnato profondamente il tessuto sociale di una città che per decenni aveva creduto (quasi) ciecamente alla buona fede della banca cittadina salvo poi doversi clamorosamente ricredere. Ogni area d’Italia, ogni banca, ogni forziere ha un suo vissuto particolare, con situazioni, personaggi, dettagli diversi, ma ciascuna delle singole vicende incarna e riassume in definitiva, declinandola nel locale, la storia globale, la storia intera di un’epoca. Una come altre, una tra le altre, la Banca Popolare di Vicenza. Vale a dire una gloriosa Popolare, uno di quei monumenti legati inscindibilmente al proprio popolo e alla propria terra. Un vero patrimonio identitario, economico e culturale, di un’area avanzatissima ed essenziale d’Italia, quale è il Nordest. Quanto successo in questa terra di piccola e media imprenditoria, di attività familiari fondate sulla fatica, di orafi e di tessile, di mobili e di ceramiche, è affresco esemplare di quest’ultima notte italiana, cupa e lugubre, popolata di spettri e anche di povere vittime, durata a lungo, fino ai primi chiarori di un’alba lentissima. Tra sogni collettivi e ambizioni personali, tra azzardi espansivi e intrighi di estrema provincia, tra ottusità politiche e oscure trame internazionali, è in fondo il romanzo vero, il romanzo storico, che racconta di come un intero territorio e un’intera popolazione, con le loro energie migliori e i loro progetti coraggiosi, con i loro valori antichi e i loro slanci futuri, si siano ritrovati un giorno con il niente nelle mani. Con il forziere svuotato. E ancora adesso senza comprenderne i reali motivi. Racconto di numeri e di regole, anche. Ma soprattutto racconto di umanità, con i suoi slanci e le sue debolezze, le sue intuizioni e i suoi errori, con decine di protagonisti e tanti comprimari, dalla Banca centrale europea a Bankitalia, dagli astuti dirigenti di corridoio agli spregiudicati faccendieri sempre pronti a prendere scorciatoie sull’orlo del precipizio. Dal piccolo risparmiatore di paese, colpevole a sua volta di analfabetismo economico, fino alle massime autorità europee, Romanzo impopolare racconta senza pregiudizi e senza sentenze preconfezionate la fedele successione dei fatti, la reale importanza dei personaggi, con il ritmo e i colpi di scena tipici del thriller finanziario. Senza risparmiare niente a nessuno, senza accanirsi contro niente e nessuno. Rivelando dialoghi rigorosamente veri e inediti, documenti mai pubblicati prima, che contribuiscono a costruire un quadro ben diverso da quello, semplicistico, raccontato fino ad oggi dalle cronache. Non un processo parallelo, ma un contributo fondamentale a comprendere ciò che realmente è successo e a capire perché - come suggeriscono anche le cronache di questi giorni - potrebbe succedere ancora.

Romanzo impopolare (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Uscendo con le ossa rotte da una lunga stagione di crisi e di rovine, collettive e personali, tanti italiani manifestano un feroce senso di grande raggiro - leggiamo nella prefazione - . Sono convinti, anche se non comprendono fino in fondo i meccanismi del gioco, che pochi hanno rovinato tanti. È tutto molto chiaro ed elementare: ci sono i cinici carnefici e ci sono le povere vittime, separate nettamente dalla linea che separa sempre il bene dal male. Ma letta così, questa è solo una parte, la più facile, della realtà. Più che altro, getta subito un’ombra di colpa e di condanna sui pochi, com’è naturale e giusto, evitando tuttavia di portare a galla anche l’innegabile dose di responsabilità dei molti. Prima di tutto, lo spaventoso deficit di conoscenza che immancabilmente genera, come un terreno fertile, gli imbrogli e le furbate. Il novanta per cento – si dice a spanne – delle persone comuni, considerate come risparmiatori, correntisti, azionisti, vive una vita intera lavorando tantissimo, faticando tantissimo, ma senza spendere un minuto per capire dove finiscano e come vengano usati i propri risparmi. La gente comune arriva al punto di vantarsi e di compiacersi della propria incompetenza: io di queste cose non capisco niente, io lascio fare al mio ragioniere, al commercialista, all’impiegato della banca, tanto gentile, tanto carino... Praticamente tutti gli scandali e i fallimenti più sanguinosi della nostra vita finanziaria sono fondati su una resa iniziale, senza condizioni: io penso a lavorare, ho già i miei problemi, porto i soldi in banca, allo sportello mi dicono di firmare e io firmo, ma non so neppure cosa. La storia contemporanea d’Italia, delle famiglie italiane, dimostra che non sarebbe proprio male introdurre già nelle scuole dell’obbligo alcuni momenti di istruzione economica, non certo per formare una moltitudine di Keynes e di Ricardo, ma per diffondere i rudimenti basilari che sicuramente, presto o tardi, andranno a incidere sulla vita quotidiana di chiunque. La casalinga e il padre di famiglia, il padroncino e il pensionato, tutti possono infastiditi e annoiati buttare l’economia fuori dalla porta, ma quella puntualmente rientrerà dalla finestra, travestendosi nei modi più impensati: mutuo, cambiale, conto corrente, azione, obbligazione, polizza, inflazione, domanda e offerta. Imparare subito questi concetti elementari, assieme ai capoluoghi del Molise e alle tabelline, ai cartelli stradali e al teorema di Pitagora, salverebbe molti italiani da tanti agguati futuri. Da tanti errori, da tanti disastri.

Abbiamo incontrato Ario Gervasutti.

Romanzo impopolare (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)



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