NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Processo breve? Un disastro

di Tiziano Bullato
bullatot@tvavicenza.it

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Processo breve? Un disastro

Si presume che una normativa che imponga una durata predefinita per ogni procedimento finirà per cambiare anche il modo di impostare le indagini: è la fine delle maxi-inchieste?

«Per quella che è la mia esperienza, le maxi-inchieste originano non tanto dalla volontà degli investigatori, quanto piuttosto dall'emersione di condotte criminose poste in essere in serie da più persone. Di fronte a tali fenomeni criminali, la visione unitaria è essenziale, salva la necessità di prestare una attenzione costante all'individuazione delle responsabilità individuali, stante il principio della responsabilità personale. Piuttosto vi è da dire che tali indagini, se verrà approvato senza modifiche il disegno di legge sul processo breve, correranno il rischio di non giungere a conclusione».

Se un numero sempre più consistente di procedimenti dovessero estinguersi per prescrizione si dovrebbe concludere che molti responsabili di delitti non verranno puniti. Ma c'è un rischio effettivo che anche molte vittime di reati non vengano mai risarcite?

«Questo è una conseguenza quasi inevitabile. Il disegno di legge approvato dal Senato prevede che in caso di estinzione del processo penale, la parte civile possa riassumere la causa in sede civile per ottenere il risarcimento del danno. Nel migliore dei casi ciò comporterà un allungamento dei tempi. Inoltre, oggi numerosi imputati sono spinti a risarcire la parte civile per ottenere una riduzione della pena. Un domani questo incentivo verrebbe meno».

L'obbligatorietà dell'azione penale, pur non essendo una esclusiva italiana, è pur sempre una ragione di accumulo di procedimenti penali. È ancora un dogma intoccabile o la categoria dei magistrati potrebbe ripensare questo argomento?

«Il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale è previsto dalla Costituzione e discende direttamente dal principio di uguaglianza di cittadini di fronte alla legge. Il Parlamento con le maggioranze necessarie potrebbe quindi eliminare o modificare il sistema attuale, anche se ritengo che sarebbe una riforma complessa da attuare. Chi infatti dovrebbe decidere quali reati perseguire? In base a quali criteri? Sotto il controllo di chi? Personalmente ritengo che la soluzione più percorribile sia quella di una radicale ed organica depenalizzazione, cui abbiamo già fatto cenno».

Tre gradi di giudizio sono garanzia di un processo giusto al di là di ogni ragionevole dubbio. Ma esistono spazi di trattativa per cercare di snellire questa procedura?

«In linea teorica, tre gradi di giudizio (due di merito e uno di legittimità) risultano offrire maggiori garanzie rispetto a due soli gradi di giudizio (uno di merito e uno di legittimità). Ciò premesso, io penso che se si facesse un sondaggio tra i cittadini, la maggioranza sarebbe favorevole ad una riduzione del processo civile a due soli gradi di giudizio, con la prospettiva di vedere drasticamente diminuitA la durata del processo (attualmente è proprio nel giudizio di appello che si registrano le difficoltà maggiori). Per quanto riguarda il processo penale, l'eliminazione generalizzata dell'appello non mi parrebbe percorribile. Personalmente vedrei con molto favore una forte riduzione della possibilità di proporre appello, limitandola in particolare ai reati più gravi. Ritengo che viste le esigenze disponibili, lo Stato Italiano non si possa permettere di giudicare un reato minore, quale può essere ad esempio un'ingiuria, prima dal Giudice di Pace, poi in sede di appello dal Tribunale Ordinario e infine dalla Corte di Cassazione. O ancora, che un altro reato minore, ad esempio la contravvenzione del disturbo delle occupazioni delle persone (art. 659 c.p.), venga giudicato prima dal Tribunale, poi dalla Corte di Appello e infine dalla Cassazione».


Il quadro complessivo si completa questa settimana con il parere autorevole del presidente del tribunale di Vicenza, Giuseppe Bozza, e con quello del procuratore capo Ivano Nelson Salvarani. Lo hanno espresso con le relazioni inviate in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. Le pubblichiamo integralmente.

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