NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La prima auto in Italia girò a Piovene

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La prima auto in Italia girò a Piovene

A SPASSO TRA LE CURIOSITÀ DEL LIBRO


La prima auto in Italia

Acquistata da Gaetano Rossi, industriale di Piovene Rocchette (VI), «che si trovò a guidare liberamente a fianco di pedoni o di cavalli e buoi, che, non abituati ad un arnese tanto rumoroso, si spaventavano, facendo andare a finire molte carrozze e carri dentro i fossi».


Patente sì, patente no

Nel 1901 «non furono ben accette le disposizioni che di fatto introdussero la licenza a guidare, ovvero la patente. La tesi degli oppositori a questa norma si basava sull'assunto secondo il quale lo Stato si sarebbe fatto dispensatore di abilità e capacità nel tenere la guida, cosa che non poteva essere valutata e constatata con obiettività. Il rilascio della patente avrebbe potuto infondere, ai neo-guidatori, una falsa sicurezza, portatrice di guai. Comunque conseguire un particolare documento per la guida, divenne obbligatorio nel 1905, fino ad allora era prevista una licenza costituita da un libretto sul quale dovevano essere annotate le eventuali contravvenzioni».


Il primo patentato: all'esame ne sapeva più lui dell'istruttore

Nel 1901 «il signor Carlo Carulli, divenne il primo cittadino di Cremona in grado di guidare un'auto a tutti gli effetti. Infatti sostenne l'esame di guida che si concretizzò in una passeggiata dove lui stesso illustrò all'ingegnere che lo stava esaminando i particolari tecnici del veicolo a motore. Ottenne così la licenza di conduttore. Il signor Carulli decise, a partire dal 1910, di costituire la prima attività di servizio pubblico; allora una corsa in città costava lire 1,50, ma per i lunghi viaggi si richiedevano dagli 80 ai 90 centesimi al km. Il costo della benzina era di 40 centesimi al litro».


Lei non sa chi sono io...

«Da un verbale di contravvenzione del 31 ottobre 1911 esteso da Giuseppe Fiorini, brigadiere di Polizia urbana nel Comune di Cesena si evince che, mentre il tutore dell'ordine era in servizio, vide arrivare un'auto che avvisava i passanti con una tromba a diversi suoni, comportamento vietato dall'art. 6 del Regolamento del 29 luglio del 1909. Dopo aver intimato al guidatore di non usare quel suono, il brigadiere riferì di essere stato aggredito verbalmente e con disprezzo dall'automobilista con tali parole: «Farà i conti con me, sono un deputato e prima di pagare devono demandare l'autorizzazione a procedere». Subito dopo, il brigadiere raccontò che l'uomo si era allontanato continuando a suonare la tromba a forti suoni, con disprezzo delle autorità».


1925. Il primo semaforo: la prima causa di congestione...

In Lombardia venne sperimentato il primo semaforo l'1 aprile 1925, così descritto da un corrispondente dell'epoca: «Lì, nel centro del fatal crocicchio, l'innocente sostegno di una lampada è divenuto il pilone del sistema circolatorio, l'albero maestro di una incredibile giostra. Il semaforo campeggia e risplende su quell'antenna, superbo e misterioso come un oracolo». Funzionava quotidianamente dalle 15,15 alle 19,15 e si illuminava con una luce rossa indicante lo stop per le automobili e i motocicli; bianca e rossa per il via ai pedoni, e lo stop ai veicoli; gialla per il via ai tram; verde per il via alle automobili e ai motocicli. Tuttavia il semaforo, inizialmente, non realizzò la sua funzione perché il pubblico, non abituato a tali segnalazioni luminose, non si adeguò ad esse ma, anzi, fu catturato dalla curiosità di ammirarle. E infatti invece di circolare, automobili, carrozze, biciclette e motociclette stavano fermi, creando code su più file.


1928. Limiti di velocità? Liberi tutti, su tutte le strade

«Il primo Regolamento del 1901 inerente ai "veicoli semoventi senza guida di rotaie", stabilì che la velocità non superasse i 25 km/h in aperta campagna e "quella di un cavallo al trotto" circa 15 km/h nei centri abitati. Per di più, lo "chauffeur" avrebbe dovuto, oltre che ottemperare alle ulteriori disposizioni eventualmente emesse dai Comuni, moderare la velocità nei tratti di strada pericolosi (curve, dossi) e ogni qualvolta potessero esservi pericolosi accidenti, o nei tratti di spavento a persone o ad animali. La velocità salì progressivamente a 40 km/h nelle successive elaborazioni dei Regolamenti sulla circolazione stradale (tra il 1905 e il 1912) per arrivare a 50 Km/h, fuori dei centri abitati, con il Regolamento n. 811 del 1914. Questa situazione rimase immutata finché nel 1928 non giunse il principio "liberi tutti su tutte le strade, comprese quelle all'interno dei centri abitati».

(foto da http://www.omniauto.it)

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