Federico Formisano, capogruppo PD in consiglio comunale: «Sono informato di questa situazione perché ho avuto modo di andare spesso presso gli istituti per anziani, sia per trovare pazienti, sia per visite istituzionali; l'altra sera ho partecipato ad un incontro dei familiari dei cosiddetti Chiostri e ho appreso cose anche peggiori. Penso che si debba uscire da questa fase di transizione e che le situazioni denunciate vadano risolte una volte per tutte. Ma partire da una situazione come quella lasciata da molti anni di cattiva amministrazione non sarà facile. Ci sono problemi di struttura (sia al Salvi, che al Trento abbiamo a che fare con edifici vecchi e malandati su cui non si è intervenuti), ci sono problemi di personale con molte persone che hanno chiesto il cambiamento di mansioni, poco turn over, mancata sostituzione in caso di malattia, problemi di conduzione. L'Ipab avrà bisogno di anni per uscire da una situazione così difficile, in cui la programmazione sia portata avanti con piglio manageriale, senza incertezze e con molto coraggio nelle decisioni».
Massimo Pecori, capogruppo UdC: «Non c'è dubbio che la qualità dei servizi offerti agli ospiti debba essere il primo obiettivo di una seria Amministrazione. Proprio per questo la commissione servizi sociali del Comune di Vicenza aveva avviato una serie di incontri sull'Ipab onde valutare i possibili interventi a fronte dell'ipotizzato aumento dei costi delle rette proprio per scongiurare un peggioramento dei servizi e garantire una adeguata occupazione. La politica, invece, ha pensato bene di azzerare il consiglio di Amministrazione dando il la ad un commissariamento che ha prodotto nell'immediato solo l'aumento delle rette senza risolvere il problema che vi era intimamente connesso».
Ciro Asproso, Verdi: «La denuncia è gravissima e va presa molto seriamente, tanto più che non si tratta di un allarme isolato. Nel corso degli ultimi anni abbiamo avuto altri casi simili, io stesso svolsi delle interrogazioni in Consiglio comunale su questo argomento e ricordo, che anche Variati interpellò la Giunta regionale del Veneto per inadeguatezze e disservizi riscontrati al "S. Camillo". Purtroppo, le risposte che arrivano dal fronte politico e amministrativo non sono per nulla incoraggianti. Da una parte, utenti e sindacati, denunciano la carenza di personale e l'inadeguatezza del servizio; dall'altra (vedi dichiarazioni del Commissario Zenere), si conferma l'aumento delle rette e la necessità di tagliare l'organico. Come si nota, due posizioni inconciliabili, eppure il Comune non ha ancora preso posizione e sembra incapace di delineare una strategia d'azione. La scarsità di risorse è un forte limite, basti dire che gli stanziamenti per il sociale sono stati falcidiati sia dal governo Berlusconi, 100 milioni di trasferimenti in meno (su 150 mln) rispetto al 2008, sia da Galan: - 20 milioni. Ma vi è anche un problema culturale e di sensibilità sociale. Nell'attuale "società della paura" - dove il vecchio modello di riferimento è venuto meno, ma ancora non se ne intravedono di nuovi - i valori dell'eguaglianza sociale e dei diritti della persona (compresi quelli alla cura) sono in crisi, mentre si affermano i pregiudizi e gli stereotipi sulla devianza del diverso. Nell'ottica del "ritorno elettorale" si preferisce destinare più fondi alle politiche di repressione, anziché a quelle di accoglienza e assistenza».
Come si può giustificare un aumento delle rette se le condizioni di assistenza sono così ridotte?
Formisano: «Nel Veneto gli aumenti ci sono stati un po' dappertutto con qualche rara eccezione, ma spesso siamo in presenza di istituti che riescono a dare servizi decisamente migliori. Per esempio l'altra sera ho appreso che il trasferimento obbligato dai chiostri, è accompagnato da una sproporzionata richiesta di aumento che non è affatto giustificata dal miglioramento offerto nel nuovo reparto: è vero che ci sono stanze da due letti, ma è anche vero che si tratta di ambienti ricavati da stanzoni più grandi divisi con pareti di cartongesso e i bagni (tre in tutto il reparto) non sono all'interno delle camere; inoltre mancano completamente i luoghi comuni per l'aggregazione dei degenti. S'ipotizza che i degenti debbano pranzare nei corridoi. In questo caso un aumento di duecento euro al mese è totalmente ingiustificato».
Pecori: «Non si può giustificare. È evidente che le due questioni vanno affrontate insieme, per non generare un senso di abbandono negli ospiti e nelle famiglie».
Asproso: «In effetti, non si giustifica. Va anche detto che, sempre più, le persone non autosufficienti e con handicap grave sono state espulse dal sistema sanitario e dalla sue garanzie. La Sanità pubblica prende in carico il paziente solo per la fase intensiva, tutto il resto è a carico di Comuni e utenti. Così che, anche le case di riposo, si trovano sempre più spesso a gestire pazienti gravi, senza che la Regione abbia mai proceduto ad un adeguamento dei carichi assistenziali. Il costo sanitario riconosciuto dalla Regione Veneto è ben al di sotto di quello reale e i ripetuti aumenti della quota "alberghiera", sono un modo fittizio per scaricare gli oneri sanitari sugli utenti e le loro famiglie».