NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Vicenza, è boom di rimpatri: 31 in poco più di un anno

di Luca Faietti
faiettil@tvavicenza.it

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Vicenza, è boom di rimpatri: 31 in poco più di un

Assessore Giuliari, la politica dei rimpatri degli extracomunitari con problemi è già in atto da un paio d'anni: come valutate i casi oggetto poi di intervento? Quali sono i criteri seguiti?

«Esiste un protocollo operativo che valuta il progetto di rimpatrio attraverso una collaborazione tra i Servizi Sociali comunali e Diakonia. I criteri seguiti comportano innanzitutto l'accertamento dell'adesione del singolo o del nucleo al progetto di rientro, poi la verifica delle condizioni socio-economiche, cioè la pressoché totale assenza di risorse economiche per gestire in autonomia un rientro in patria. A questa valutazione segue la predisposizione del progetto, fase in cui Diakonia ha un ruolo di prim'ordine: documenti, rapporti con l'ambasciata o il consolato, quantificazione delle spese di viaggio in economia, l'attribuzione di una piccola liquidità, ma ancor di più, l'accompagnamento "psicologico" al rientro, che è comunque vissuto come un fallimento e che porta con sé un grande impatto emotivo».

Che ne pensa dell'azione di Sarkozy in Francia, giusto dare incentivi per rimpatriare stranieri?

«La politica deve orientarsi sempre verso la promozione del benessere dei cittadini e la creazione di condizioni di umanità e fraternità. Ogni espulsione porta sofferenza, mentre diverso è sostenere progetti, anche di rimpatrio, che vadano verso un miglioramento delle condizioni di vita di chi ne è coinvolto. È quindi meglio adoperarsi per soluzioni durature, non condizionate dalla ricerca del consenso popolare, ma dalla sincera volontà di risolvere e non di rimandare o nascondere i problemi. Ho l'impressione che in Francia molti rimpatri non siano stati eseguiti con il consenso e la condivisione delle persone interessate».

Ad Arzignano a pagare il rimpatrio di un soggetto sono stati i connazionali ghanesi: come giudica questa presa di posizione?

«La cosa non mi ha per nulla meravigliato perché non è un caso isolato, ma una prassi comune a molte comunità straniere. È deviante presentare eccezionale un fatto che invece è quotidianità».

C'è in queste comunità il senso di responsabilità legato all'appartenenza di un territorio come il vicentino?

«C'è quella stessa responsabilità che caratterizza le nostre comunità vicentine. La terra non appartiene a chi la possiede, ma a chi la ama».

Il rimpatrio deve essere una estrema ratio o può diventare un metodo, un sistema?

«Credo che ognuno di noi abbia il diritto di vivere dove vuole ed il dovere di contribuire a far crescere positivamente la comunità e il territorio in cui abita. Se incontra delle difficoltà nel suo progetto di vita il rimpatrio può essere la soluzione migliore, ma non può essere imposto, bensì condiviso».

I soggetti rimpatriati vengono aiutati al reinserimento nel loro Paese d'origine?

«Le prestazioni offerte comportano di norma il biglietto d'andata per il mezzo di trasporto più indicato, di solito l'aereo, e un pocket money. In alcune situazioni si è ritenuto di intervenire anche con aiuti aggiuntivi per consolidare la permanenza e promuovere l'autonomia: in due casi è stato parzialmente finanziato l'avvio di una attività lavorativa (un bazar, in un altro caso un contributo per l'acquisto di macchine per confezioni), in un terzo caso si è ampliato il finanziamento per l'acquisto di un generatore di corrente e per un aiuto iniziale per l'affitto».

Lei come definirebbe la situazione a Vicenza: i 50 mila euro per sostenere queste politiche saranno sufficienti?

«La crisi economica in atto fa sentire i suoi effetti più pesanti in questi mesi e sono molti i lavoratori stranieri rimasti a casa senza lavoro. Molti di loro hanno figli piccoli, non riescono a pagare l'affitto, hanno debiti con Aim per i consumi energetici, mancano di una rete parentale di sostegno, non vedono più una prospettiva serena in Italia. Credo comunque che il fondo stanziato sia sufficiente per aiutare quei casi che le diverse comunità straniere meno organizzate o presenti non riescono a farsene carico».

Quali disagi sociali incontrate soprattutto nelle persone che vengono poi rimpatriate?

«Abbiamo osservato problematiche legate all'instabilità dei senza fissa dimora con problemi di salute tali da produrre una cronicità o addirittura un'invalidità psico-fisica, la disoccupazione datata e l'estrema difficoltà di reintegrarsi nel mondo del lavoro anche con soluzioni temporanee. Spesso la disoccupazione del capofamiglia è accompagnata da una limitata integrazione sociale della moglie, che non riesce ad essere di aiuto efficace nel momento di crisi economica (non conosce l'italiano, esprime il proprio ruolo esclusivo dentro la famiglia). In primo piano sono anche i problemi psicologici che accompagnano l'adesione al progetto di rientro. Qualcuno esprime una difficoltà culturale nel tornare in patria da "perdente" e vive con ansia il percorso inverso di re-integrazione in patria. Tutti presentano gravi problemi di sussistenza».

L'apporto di Diakonia è prezioso in questo campo e come si attua la sinergia con il Comune?

«Come già detto, è fondamentale il lavoro coordinato in atto tra Comune e Diakonia. L'attivazione del progetto di rimpatrio può essere promossa dal Servizio Sociale Comunale o viceversa da Diakonia stessa. In entrambi i casi viene progettato il rientro valutando sia gli aspetti giuridico-amministrativi che economici del progetto di rimpatrio. Il progetto di rimpatrio viene dettagliato e autorizzato dal Direttore del Settore Servizi Sociali e Abitativi».

Il fenomeno della prostituzione è ancora così ampio nel vicentino?

«È un problema che mi preoccupa molto perché l'attenzione è spesso rivolta solo al fatto di cercare di non fare vedere le prostitute sulle strade con il conseguente aumento della prostituzione in casa. C'è inoltre una rassegnazione e, peggio, una convinzione, che "tanto la prostituzione ci sarà sempre". È molto debole, anche nel nostro territorio, la cultura di rispetto della donna, così come è necessario rafforzare un'azione educativa nei confronti delle donne giovani».

Si può parlare di nuove schiavitù?

«Ne sono convinto. Ci sono veri e propri "banditi" che riescono a stringere in una morsa giovani ragazze che si riducono ad essere vere e proprie schiave».

Il caso umano che più l'ha colpita in questo senso nei due anni trascorsi da assessore?

«Ogni sofferenza e fatica nel vivere mi colpisce. C'è una Vicenza che con molta dignità vive la sua fragilità e povertà e spesso viene ingiustamente derisa, umiliata, denigrata, emarginata. Talvolta c'è una violenza di linguaggi e un vergognoso alimentare di paure che rischiano di farci perdere i profondi valori della comunità veneta e vicentina. È il tempo invece di costruire città più solide attraverso la solidarietà».

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