NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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La città? Se occorre, decidiamoci a colorarla

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La città? Se occorre, decidiamoci a colorarla

LE PROSPETTIVE PROFESSIONALI

Indubbiamente, così impostato, il ragionamento implica un riversarsi in direzione di categorie professionali ben identificate come quella degli artigiani e degli architetti oltre che su un bacino anche molto più allargato di attività lavorative. Sensibili, su questo tema, gli architetti.

GIOVANNI BARBAN - «D'accordo con Tosetto che ci voglia un progetto a largo respiro nel senso che l'arredo urbano non deve essere fatto solo di particolari ma invece da un'idea generale, perché c'è sempre il rischio di perdersi in elementi isolati che magari cozzano con l'immagine La città? Se occorre, decidiamoci a colorarla (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)generale della città. Noi giovani architetti siamo alla ricerca di un'idea di città più definita e precisa, obiettivo per cui noi stessi ci mettiamo in discussione; questa idea non c'è e se c'è si capisce poco, mentre sicuramente manca quel fermento culturale che produrrebbe il risultato. Piaccia o non piaccia il coccodrillo è una provocazione, ma una provocazione comunque utile ad una riflessione più profonda. Perché quel coccodrillo è stato messo proprio lì? E perché un imprenditore come Bisazza ha preso questa decisione? Forse perché Viale Milano, nato su parametri di modernità mezzo secolo fa, oggi denuncia punti di degrado. E poi ancora: perché non cominciamo ad affrontare proprio questo tema come hanno fatto a Venezia o a Firenze? Io mi domando anche perché Cristiano Seganfreddo abbia aperto proprio lì uno spazio culturale creando una situazione nuovissima. È il mondo che si sta muovendo, noi abbiamo peculiarità mondiali nella nostra città; cerchiamo di pensare a che cosa succede fuori e ripensiamolo in chiave nostra, riadattando magari, ma facciamolo assieme perché l'approfondimento ha bisogno di questo. Siamo dispostissimi a seguire questa strada perché per noi architetti rappresenta un incentivo, ma lo è anche per tutti gli altri. Ogni categoria ha interesse ad approfondire a ripensare e anche a rimettersi in discussione».

LUISA MANFREDINI - «Prima di parlare delle nostre panchine e delle attività anche culturali che si svolgono in quell'ambito, vorrei dire che sulle rotatorie abbiamo provato a creare con l'amministrazione e con associazioni e categorie una specie di coordinamento. Noi vorremmo vedere aiuole e rotatorie del centro storico secondo una tipologie uniforme e distinguerle da aiuole e rotatorie della periferia, ricercando proponendo e riproponendo in senso nuovo quale verde e quale La città? Se occorre, decidiamoci a colorarla (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)tipo di decorazione. Le installazioni vanno curate e non c'è molto personale per questo, vale a dire che occorre fare scelte specifiche verso materiali che non richiedano troppi interventi assicurando lo stesso dignità e funzionalità anche di immagine ai vari punti. Impianti che richiedano poca manutenzione e poca acqua. Se lavoriamo insieme le soluzioni le troveremo. La nostra attività prevede un filone di conoscenze e incontri e uno che prevede proposte concrete per migliorare la qualità dell'ambiente e dell'arredo urbano; l'idea di reinventare luoghi poco valorizzati ci ha portato a varie idee. Una di queste ha portato appunto alle panchine, esteticamente belle, ma pensate soprattutto come luoghi di incontro e aggregazione, un qualcosa che nasce in uno spazio pubblico a vantaggio e in funzione di chi lo frequenta. Così l'arredo urbano diventa un prodotto diretto di chi vive l'ambiente urbano. I risultati sono buoni. Nel momento stesso in cui il nostro progetto è andato in internet abbiamo avuto moltissime proposte e questo testimonia che aver inventato per così dire queste panchine ha smosso e interessato la creatività di tante persone».

MATTEO TREVISAN - «D'accordo sull'integrazione di forze e sulla collaborazione. Ho detto che ad esempio con l'amministrazione siamo da sempre in dialogo costruttivo anche se in qualche momento tirato; come categoria sappiamo che in questo momento al Comune possiamo chiedere di avere una struttura di riferimento a cui appoggiarci, un minimo di finanziamento dove è possibile, ma sappiamo anche che ora è il momento per arrivare ad investire anche al di fuori della nostra singola azienda commerciale. La città la facciamo noi con il nostro lavoro, con la nostra immagine e con le nostre proprietà, che non possono più essere recinti singoli e chiusi ma si devono muovere con logiche molto più aperte. Se riusciamo in questo passaggio e se il cambio generazionale che sta avvenendo anche nei negozi ci permetterà la collaborazione tra categorie, amministrazione e altre forze disponibili, ci prefigurerà una prospettiva decisamente più interessante».

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