NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Come eravamo quando eravamo campioni

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Come eravamo quando eravamo campioni

Ritorniamo all'inizio e parliamo del rugby che viaggia come sappiamo in totale controtendenza rispetto a quanto abbiamo detto e ricordato finora.

Come eravamo quando eravamo campioni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)GIOVANNI ALI'- Dagli anni 90 abbiamo fatto un grosso intervento anche nelle scuole anche se non sempre è stato facile perché il rugby era considerato violento, dove ci si sporca, ci si fa male; ma dopo il 2000 siamo riusciti a entrare come disciplina importante, che porta valori, fa giocare assieme i bambini, gli insegna senza problemi il contatto fisico che per molti è all'inizio un mistero. Insomma, abbiamo fatto e stiamo facendo un lavoro importante che ci ha dato una esperienza formidabile ricordandoci sempre di quell'exploit incredibile del Titanus; ci siamo proposti di avere una base larghissima, partendo dal minirugby, dalla continuità nel tempo, non solo per la prima squadra, ma creando le premesse indispensabili alla prima squadra. Guardate che in serie A ci siamo arrivati anche con in formazione sei ragazzi dell'under 20 tutti nostri, come dire che dal minirugby è stata trovata la giusta strada per arrivare a dare un contributo diretto e prezioso all'attività agonistica. Ora con la società e con Luigi Battistolli che seguendo suo figlio si è innamorato del rugby lavoriamo al futuro e speriamo di approfondire sempre più questa avventura, ora che abbiamo anche il campo. Tra l'altro come minirugby abbiamo come sponsor la Popolare che ci dà una grande mano. L'altro aspetto importante è il progetto. Costruito 15 anni fa: rappresentava dei valori in cui crediamo, le cose che volevamo dire e comunicare e soprattutto il punto di arrivo che intravvedevamo. Nel 2005 dovevamo andare in serie B e avere il minirugby come punto di riferimento per il Veneto e per il settore nazionale e ci siamo arrivati. Dopo il 2005 abbiamo identificato il 2015 come punto di arrivo per la serie A e ci siamo arrivati tre anni prima aggiungendoci però anche il terzo posto dell'under 16 nel campionato nazionale di categoria.

Come eravamo quando eravamo campioni (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)FEDERICO FORMISANO- Tutto vero e si tratta di un fenomeno da analizzare bene. Non possiamo dimenticare che tante altre società di Vicenza erano strutturate alla stessa maniera, ad esempio il basket femminile che ha vinto campionati ma avendo squadre di basket in tutta la città. Quando bisognava dividere i tempi delle palestre la pallacanestro femminile faceva la voce grossa perché effettivamente aveva squadre dappertutto. Nel momento un cui è crollata tutto è ovviamente cambiato. Una conseguenza perfino scontata. Il calcio sta pagando anche altro: aveva lavorato molto più sul vivaio che poi ha abbandonato per scelta ed è andato a cercare i giocatori altrove mentre si scorporava dalla società tutta la parte dei primi calci, dei pulcini eccetera. È andato via il volontariato, la base dell'attività che produce risultati più in alto a distanza di tempo.

ALBERTO CERIONI- Bisogna dar merito a uomini come Antonio Concato, che ha speso una vita per il basket portando le ragazze perfino in ferie, quelle che non potevano permetterselo. E ha pagato di tasca sua sempre. È un modo per ricordare che appunto il volontariato personale è la chiave di volta di tante situazioni. Il basket femminile di Vicenza ha vinto tutto e sempre anche nelle categorie giovanili, con tre o quattro formazioni dalle allieve alle juniores che dominavano il campo nazionale mentre la prima squadra dominava il campo internazionale oltre che vincere scudetti. La domanda che mi faccio è la seguente: perché dietro a Antonio Concato non c'è rimasto niente?

UMBERTO NICOLAI- Un fenomeno importante sono le società di quartiere che debbono continuare a fare da motorino, il problema nasce quando si verticizza tutto e si disperde la base. Vorrei ricordare che a Vicenza in questo momento ogni settimana si giocano 220 ore di basket e 182 ore di pallavolo. Cosa viene prodotto? Sono contento del movimento giovanile come assessore allo sport perché abbiamo numeri importanti, ma nella realtà ci accorgiamo che non abbiamo più il vertice, quello che ha ora il rugby e ha anche l'atletica che è riuscita a fare il miracolo di andare a correre per il titolo nazionale con la categoria dei 16 anni, costruita con un movimento di dimensione provinciale. Qual è la crisi? Secondo me la crisi è nei dirigenti che mancano e nel basso livello degli allenatori: grande praticantato, ma arrivati al salto di qualità lacune vistose. Lo lasciano capire proprio esempi come il rugby e l'atletica. I grandi fenomeni extra come il Famila di oggi sono dovuti a persone singole, come Marcello Cestaro: il giorno che si stanca che cosa ne sarà del basket di Schio, così come del calcio di Padova?

GIOVANNI ALI'- Una scelta buona è quella di non accentrare e permettere invece che nascano realtà diverse e parallele; a Longare abbiamo una prima realtà strutturata autonomamente anche nella scuola, così come ai Ferrovieri, come con l'Altovicentino Rugby o a San Pio X. Tanti debbono praticare, questo è l'obiettivo. E poi c'è il messaggio dello sport che non è solo agonismo, ma anche impegno sociale. I nostri ragazzi sono impegnati in forme diverse, con doposcuola, con incontri, con lezioni affidate ai giocatori, alla collaborazione con aziende come la Zambon per avere la vicinanza dei manager che fanno stage per far capire gli aspetti gestionali oltre a quelli puramente sportivi. Questi sono valori importanti perché coinvolgono e amalgamano l'ambiente ed è proprio questo uno degli obiettivi che ci siamo proposti e stiamo inseguendo con molta convinzione sicuri che sia costruttivo per la crescita di chi pratica il nostro sport e anche dello stesso livello dello sport che ci interessa.

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