Come siamo arrivati a rompere questo lunghissimo digiuno?
BRUNO CENGHIALTA- Succede anche se a Vicenza abbiamo da sempre una situazione favorevole al ciclismo e al Giro, a partire dalla Campagnolo che è uno dei grandi fornitori di biciclette nel mondo; potrebbe essere un connubio continuo, ma l’Italia è grande tanto da offrire tante belle situazioni alternative per la tappa; esistono liste d attesa lunghissime per gli arrivi di tappa per cui Vicenza ha vissuto un periodo dovuto a tutto questo non ad altro. Le richieste sono addirittura di anni. Per un certo verso è anche molto positivo che c’è tanta vicinanza al ciclismo. Da ciclista debbo dire che per me il ciclismo resta l’unica cosa che conta come passione e lavoro. L’ho vissuto con sfumature molto personali e poi debbo dire che piace alla gente, può essere praticato da tutti e l’ambito agonistico offre uno spettacolo unico. Oggi siamo di nuovo a Vicenza e ne siamo felici ringraziando chi ce l’ha fatta a portare qui questo evento.
MORENO NICOLETTI- Tecnicamente l’ho portata io questa novità, mesi fa sono stato interpellato da Paolo Bari per vedere se si poteva. Però non c’erano contatti e bisognava lavorarci. Un po’ tra tutti, Rai, Gazzetta, Zomegnan, ecc., subito mi hanno detto di no poi forse per sfinimento mi hanno detto sì e guardate che il Giro fa una specie di 8 per passare da qui. Sono andato anche ad Amsterdam, poi in Toscana, sempre a trattare con tutti, infine con Fausto Pinarello abbiamo fatto questa richiesta per la tappa e lui mi ha accontentato. E’ stato un gran lavoro sempre supportato dal mio gruppo e cioè Gigi Moras, Tino Rosele, Stefania Villanova. Ero ben spalleggiato ed il risultato è questo anche se fino a un mese fa ero convinto di avere l’ultima tappa del Giro. Ma va bene così, è un bel successo. Anche se ho avuto molta gente che mi ha sconsigliato o non aiutato addirittura ostacolato. Va bene così. Ora però viene il bello. Ci sarà un bel percorso da dietro i Berici fino a Campo Marzo. Una tappa di 240 chilometri con grandi salite nel finale e verso il finire del Giro, dopo il Balibier. Il 31 dobbiamo verificare tutto e ho proposto di inserire la salita di via Monti, 25% di pendenza per 4,5 chilometri. Durissima, credo che darà una grande spettacolarità a questa tappa e in viale Roma non è detto che arrivi una volata.
Che fatica è preparare tutto?
ENRICO PENGO- Diciamo almeno 16 ore al giorno nei periodi di gara e forse non bastano. Prima devi fare tutta la preparazione. In gara c’è la tensione i trasferimenti, gli spostamenti delle tappe che una volta si facevano in un tempo e ora è cambiato tutto. Insomma un gran lavoro e recuperi di tempo spaventosi: prima delle 11,30 o mezzanotte non si finisce e la mattina alle 6,30 tutti su. Senza contare lo stress, senza contare le previsioni che non si possono fare perché tutto in gara è affidato anche alla fortuna, a una foratura, a una caduta, ecc. Insomma dietro il lavoro dei corridori ce n’è un altro che è il nostro. La fatica dell’atleta non si discute. Non ha praticamente sosta nell’anno tranne due o tre settimane. La cosa che non viene mai sottolineata però è che il personale fa una media di 70/80mila chilometri per spostare i mezzi da una gara all’altra. Quando andiamo in aereo oltre oceano ti assicuro che è un momento di vacanza. 10 ore di aereo sono una delizia, riposo.
DANILO SCREMIN- Non per niente sono factotum, testimoni Cenghialta e Pengo. Però ognuno ha il suo lavoro da fare e i massaggiatori hanno un solo vantaggio, quello di lavorare in una stanza calda, i meccanici in compenso, anche se lavorano fuori, fanno solo quello. Solo si fa per dire. Per me i massaggi vanno assieme al bucato, al dare il sacchetto in corsa, ecc. Se non ti piace questo lavoro non lo fai.
GIANLUIGI MORAS- Per stare nello staff medico del Giro e ci sono da sei anni ho conosciuto il prof. Tredici che è il responsabile del settore sanitario e con lui ho trovato il modo per collaborare anche perché lui sapeva della mia passione per il ciclismo. La maggior parte di noi è formata da anestesisti e rianimatori, emergenza grave, e poi siamo in tre ortopedici che si dividono 8 giorni a testa lungo tutta la corsa e hanno la responsabilità degli interventi sull’incidente o comunque per una consulenza continua: seguiamo distribuiti lungo la corsa con centro mobile, due auto mediche e cinque ambulanze in modo da coprire tutta l’estensione della corsa, dai primi alla ultima fila. Le cadute sono più frequenti specie nella fase iniziale del Giro, mentre a classifica abbastanza chiarita verso la fine ce ne sono di meno. I problemi comunque ci sono sempre, anche nelle tappe di montagna perché dopo la salita c’è la discesa. O rimi interventi sono di due macchine più vicine al punto chiave, poi ci sono le ambulanze e io in genere sto sulla prima delle cinque. Qualcosa succede sempre, preghiamo che non si tratti di cose gravi. In qualche caso si riesce a gestire in altri ci si rivolge all’ospedale più vicino a dove ci troviamo. Certo che tutto il complesso è formato da veri artisti, bravi generosi e decisi negli interventi.