Quanto dura la preparazione tecnica per una corsa a tappe?
BRUNO CENGHIALTA- Si lavora anche con l’anticipo di un paio di anni, o hai la squadra strutturata per quel che serve oppure devi fare campagna acquisti che può essere anche molto anticipata, marzo aprile dell’anno prima. A V volte succede di contrattare un corridore due anni prima perché è in contratto non in scadenza immediata. Una volta che la squadra c’è ed ha un livello cominci la preparazione. Adesso ho Garzelli di Di Luca che sono due corridori di prestigio a fine carriera, anche se Garzelli resta un corridore importante ma non da primi tre posti. Chi ha corridori da classifica alta se li tiene stretti. Se vuoi un podio o un posto di prestigio devi partire comunque da lontano, adesso per maggio, per capirci. L’avvicinamento al Giro comporta tante operazioni, un periodo in altura, un lavoro sulle cronometro che sono sempre più importanti e determinanti per la classifica finale, non c’è un momento di sosta e bisogna pensare a tutto sapendo che dopo decine di salite magari si arriva all’ultimo giorno con venti secondo di scarto su cui vincere il Giro.
ENRICO PENGO – Noi abbiamo già cominciato, prima della Vuelta. Abbiamo messo le basi dopo la fine del Tour e prima della Spagna si deve capire gli ordinativi, i materiali e si deve capire che struttura avrà la quadra, con quali atleti., L’inverno dura poco. La stagione adesso deve ancora chiudere, abbiamo squadre in Cina e poi in Argentina. Da qui al primo ritiro ci sono una ventina di giorni. Si ricomincia subito insomma anche perché l’unico periodo in cui si può ragionare è questo. Pensa che il 4 di gennaio le squadre sono già in giro dall’Australia all’Argentina; e poi ci sono in Italia prima Donoratico, Laigueglia, Sanremo, eccetera, e tutto ricomincia.
BRUNO CENGHIALTA- Il lavoro non finisce mai, le squadre World Tour non si fermano praticamente mai per cui non puoi stare a guardare ed è un grandissimo lavoro per tutti dagli atleti a tutti quelli che formano l’organizzazione tecnica.
MORENO NICOLETTI- Pensa che RCS che fa l’organizzazione ha 600 persone operative. Noi come città dobbiamo dare gli spazi per posteggi, sala stampa, far preparare tutte le strade con le misure giuste, gli incroci sicuri. Per questo abbiamo interpellato alpini protezione civile, volontari disponibili. Avere la tappa significa essere all’inizio, arrivano 3500 persone tutte assieme e solo questo numero descrive bene che tipo e che intensità di lavoro bisogna fare per arrivare ad avere quel che si vuole quando si vuole una tappa del Giro. Alla fine abbiamo scelto l’arrivo in viale Roma, il migliore dal punto di vista organizzativo perché c’è il grande spazio di Campo Marzo. Ci si arriva dalla Riviera Berica dai Colli di Orgiano e Monte Berico, giù da Santa Libera e rettilineo. Un bel percorso. Non sarà una tappa tranquilla, questo è certo.
DANILO SCREMIN- Come diceva Cenghialta che ho avuto anche come DS il lavoro di preparazione è importante, come saper fare il magazzino, avere i ricambi giusti. Non lo fa il massaggiatore, ma lo fa di certo come nel mio caso il factotum. Se le squadre sono importanti il magazzino è sempre lontano da dove sei. Guarda Pengo che ha il magazzino da meccanico lontano. Pengo e Bolzon si alzano magari alle 2 del mattino. Io di Giri ne ho fatto 25, poi 7 Tour e 2 Vuelte. Ero nell’MG con Ferretti e corridori importanti come Baldato che è il corridore a cui sono affezionato. Il rapporto con il massaggiatore è importante perché si è sempre di fronte e ognuno ha le sue idee e magari non coincidono con le tue. Il migliore dal punto di vista dei rapporti è stato Gianni Bugno. E’ un lavoro misto a passione che non fai se non ti piace.
BRUNO CENGHIALTA- Vero, secondo me Pengo quando dorme non dorme perché le cose da fare sono tantissime e non tutte vengono come vorresti,. L’impegno totale per le biciclette non si discute. Sarebbe bello vedere una giornata tipo del lavoro del personale. Non finisce mai.
GIANLUIGI MORAS- L’incidenza del lavoro del massaggiatore sullo stato fisico e funzionale del corridore è fondamentale. Il dopo corsa ti rendi conto di quanto lo sia perché è necessario recuperare le energie perdute e farne patrimonio per il giorno dopo, c’è lo scarico della tensione, la cura alimentare per recuperare fatica, c’è il reintegro dei liquidi: scarico e massaggio sono fondamentali. Il lavoro muscolare è estremo e quindi richiede un intervento defatigante e decontratturante. L’impegno fisico di una corsa a tappe è grandissimo, all’atleta si chiede molto. Poi ognuno ha il suo programma di preparazione ma naturalmente non posso dirne niente perché il mio terreno è un altro.
BRUNO CENGHIALTA- E’ anche un fatto di abitudine, ci si allena tutto l’anno, si corre e ci si allena anche così. Chi arriva al professionismo ha qualità superiori e questo vale anche nel recupero. Il che non toglie che il massaggiatore oltre ad essere un grande psicologo è un professionista preziosissimo, indispensabile, un compagno che riesce a trovare il dialogo giusto. Comunque un ciclista sopporta queste fatiche con un grande allenamento che dura da sempre, ha un’abitudine radicata alla fatica. Ripeto: le soste di stagione adesso sono ridotte a quasi niente, gli impegni sono continui e si è preparati per affrontare la fatica. Poi individualmente ci sono metodi diversi, magari uno non corre per due mesi e va alla gara che gli interessa e vince; altri hanno un sistema di rendimento che si basa principalmente sulle gare, in gara ci si prepara. Trenta corridori di una squadra hanno un programma preciso tra corse a tappe e in linea e la sequenza viene decisa anche attraverso la presenza di un preparatore che è diventato l’altra figura essenziale nel mondo del ciclismo professionistico. Oggi tutti i team sono organizzati così con un progetto giornaliero per gli atleti che sono in genere divisi per gruppi a seconda del programma di corse che la società decide con il direttore sportivo. Il preparatore passa attraverso una formazione specifica e quando arriva al ciclismo, come nel caso del Centro Mapei, è in condizione di fare quel che occorre. Può esserci come in questo caso un direttore sportivo che fa anche il preparatore, ma è sempre frutto di una formazione precisa. E le sue ore di lavoro sono come quelle degli altri, magari dieci o dodici ore al giorno.