NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Che cosa spinge un laico a farsi pellegrino?

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Che cosa spinge un laico a farsi pellegrino?

Cominciamo con le motivazioni, che non tengono conto, come si dice, dei “mercanti nel tempio mentre sentono il determinante peso di una devozione che è arrivata a 154 anni dalla prima apparizione…

Che cosa spinge un laico a farsi pellegrino? (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)VINCENZO RIBONI- È una vicenda che ci spinge ad orientarci verso Lourdes conciliando il nostro sentire con l’attività nostra di medici, in particolare io che lavoro nell’ambito delle urgenze ed emergenze; i bisogni e le necessità delle persone sono molto forti e Lourdes diventa un momento nel quale si respira qualcosa di diverso al di fuori da sentimentalismi e anche da eccessiva emotività. Uno si rende conto che è contento di esserci, non in attesa del miracolo perché Lourdes è già un miracolo, ma perché si è assieme a persone che nutrono la speranza, qualcosa che oggi è davvero molto importante. Un momento vissuto così assieme agli altri ci spinge e ci sostiene e rende poi queste ore passate lì in quel determinato modo un bagaglio che ci portiamo via, fino a casa, con la sensazione che sia fino alla prossima volta.

Che ruolo gioca l’emotività del singolo?

VINCENZO RIBONI- C’è ma fa parte dell’insieme, non è caratterizzante o prevalente, rientra nell’essere in quel luogo e con quelle persone.

WALTER TROTTA- Io sono un dirigente di azienda e mi presto da volontario a fare da barelliere in questi viaggi a Lourdes. È una esperienza che ho fatto già 13 volte, che arricchisce perché ha una parte scientifica, medica, curativa, ed una parte propria del volontariato che vive invece dell’emotività del rapporto con l’ammalato. Il barelliere riveste un ruolo continuativo per tantissime ore sempre a disposizione, vivendo accanto all’ammalato, pregando e facendo tutto con lui, magari solo comunicando con uno sguardo, con una mano sfiorata. In estrema sintesi credo che sia questo il vero messaggio che arriva da Lourdes con tutto il meccanismo anche complicato dalla partenza all’arrivo, attraverso le varie fasi di un viaggio lunghissimo e stancante. Il lavoro del barelliere sembra a prima vista semplice ed essenziale, e infatti non richiede grandi preparazioni, ma certo richiede una grande carica umana e spirituale. Qui vale proprio questo aspetto. Sono credente e anche praticante…

Il che le spiane la strada verso una visione finalistica molto precisa…

WALTER TROTTA- Le cose si combinano: c’è tensione per la responsabilità che ci si assume perché ci occupiamo di persone molto sofferenti, ma c’è anche una forte emotività, una partecipazione che supera nettamente il primo aspetto e la fatica alla fine non si sente più. Se si frequenta Lourdes si vede che i barellieri sono persone che rendono il proprio servizio con il sorriso sulle labbra, suggerendo speranza, ottimismo, buona disposizione d’animo. È un elemento che complessivamente non può non coinvolgere tutti, dagli ammalati a tutti gli altri che fanno parte del viaggio.

Che ruolo gioca la fatica del viaggio se si incontra una delusione e si torna con qualcosa che manca ancora?

Che cosa spinge un laico a farsi pellegrino? (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)WALTER TROTTA- Lì siamo tutti uguali. Man mano che ti allontani da Lourdes e immagini quale sarà il rientro ti accorgi che occorre silenzio, meditazione, è un momento difficile perché bisogna tradurre quel che si è vissuto con il fatto che invece si sta per rientrare nella quotidianità di sempre. A quel punto o sai interpretare e produrre un messaggio corretto per tutto quanto hai vissuto, oppure la tua esperienza rimane a sÈ stante e magari si potrà ripetere ma senza che si allarghi ad un ambito più importante di quello personale. Comunque chi va a Lourdes ci ritorna con convinzione perché il messaggio che si trova lì è pieno di umiltà e condivisione, valori evidenti: per questo si ritorna, per rivivere quei momenti e quella esperienza. Il che è anche un modo per verificare una volta di più quel che c’è dentro di noi.

GIUSEPPINO SCANFERLA- Come presidente Unitalsi debbo dire che la grande massa di pellegrinaggi che si effettuano ogni anno dimostrano le motivazioni e il valore dell’esperienza. Quest’anno siamo andati a Lourdes con due treni e un aereo ed eravamo circa 1300 persone; arrotondo un po’ le cifre per dire che c’erano 50 barellieri, 250 suore, 16 medici, una trentina di infermieri, 13 preti, 300 disabili e ammalati, ed infine oltre 400 pellegrini. Per organizzare tutto questo viaggiare e perché tutto funzioni tenendo conto anche del fatto che siamo tutti volontari e ognuno di noi si paga viaggio e alloggio, ci vuole un assetto preciso e deciso delle persone coinvolte: medici e sacerdoti perché si assiste sul piano fisico e morale, ma poi tutti gli altri, compresi gli scout. Tutti disponibili a lavorare in modo assolutamente gratuito. A Lourdes si va perché ci si crede. A me è capitato fin dalla prima volta nel 1974 quando una mia collega di banca mi suggerì di andare a fare questo servizio per gli ammalati. La chiave di lettura è data proprio da questa presenza delle persone disabili e ammalate. Ti ringraziano con gli occhi più ancora che con le parole. Aggiungo una mia conclusione personale: a tu per tu con loro noi capiamo finalmente quanto è preziosa la salute. Fianco a fianco e aiutando capiamo questo dono che ci è stato dato, un dono al quale normalmente non badiamo troppo. Vale per chi ci crede ma vale anche per chi non ci crede.

Che cosa spinge un laico a farsi pellegrino? (Art. corrente, Pag. 4, Foto generica)

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