NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Profili per dire basta alla violenza sulle donne

di Alessandro Scandale
a.scandale@gmail.com

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VOCI DI DONNA

In un Paese in cui fino a pochi anni fa esisteva ancora il delitto d'onore, cosa bisognerebbe fare per cancellare questo segno di inciviltà?

«Il delitto d’onore fa parte di una cultura in cui non ci riconosciamo. Ma con i femminicidi il problema si è spostato e non si tratta di tradimento, come spesso anche i media tentano di far passare. Si tratta di abolire dalla nostra testa l’idea del possesso dell’uomo sulla 'sua' donna. Si tratta di riconoscere la possibilità anche alla donna di scegliere se stare con questo uomo o di lasciarlo perché il rapporto non funziona, perché annusa il pericolo, perché non ne può più dei maltrattamenti, perché non ne vuole più sapere di lui, perché vuole un’altra vita, perché vuole respirare, perché non vuole morire, perché vuole salvare sé e i suoi figli. Bisogna cambiare la diffusa mentalità secondo cui la donna deve portare pazienza e sottomettersi, o è una poco di buono se pretende di fare una vita migliore».

VOCI DI DONNA (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)Perché molte donne, contro ogni logica, hanno paura a denunciare i loro persecutori?

«Il momento della denuncia, che arriva dopo anni di violenze, terrore, umiliazioni, è il momento più pericoloso per la donna che, assieme ai figli, rischia la morte per mano del suo ex. L’uomo spesso vive la denuncia come un tradimento e comunque capisce che non avrà più il potere sulla sua donna. Ne era malato prima ed ora la malattia diventa totale. Ha perso per sempre il suo “amore” e “se non sarai più mia, non sarai di nessun altro”. Il che non è proprio una dichiarazione d’amore. Con il femminicidio o l’uccisione dei figli, l’uomo conclude la lunga scia di abusi, violenze fisiche, psicologiche, economiche con cui aveva dimostrato il proprio 'amore assoluto' alla propria donna».

Nei mesi scorsi la commissione regionale delle pari opportunità assegnava a Vicenza la maglia nera per i tentati omicidi in casa. Secondo lei perché la nostra città, per molti versi tranquilla e civile, ha questo inglorioso primato?

«La nostra città non è certamente più disastrata di altre. Forse nella testa dei vicentini la donna deve restare ancora tra le fiamme eterne? Forse l’idea di un rapporto paritario e di rispetto tra uomo e donna non li sfiora perché pensano che la problematica riguardi prevalentemente altre culture più incivili della nostra. Ed allora non si dedicano a considerare il problema perché sono convinti che qui da noi vada tutto per il meglio e che le nostre donne siano felici così. Inoltre sappiamo che il problema della violenza sulla donna riguarda ormai qualsiasi fascia sociale ed economica, quindi non mi meraviglio che anche tra la nostra gente tranquilla e civile, al di sopra di ogni sospetto, avvengano abusi, degradazioni e orrori del genere».

Una provocazione, da uomo a donna... fermo restando che la violenza sulle donne è un problema serio, non crede che esista anche una sorta di "violenza" più sottile delle donne verso gli uomini?

«Come ogni essere anche le donne sanno essere violente. Anche per le donne la violenza, e soprattutto la violenza che lei definisce sottile, è una forma di aggressione dell’altro per sminuirlo e supplire a una propria mancanza, una propria difficoltà in situazioni dove spesso non si riesce a vedere altra via d’uscita. Non voglio dipingerle come martiri a tutti i costi, ma ricordiamoci che la nostra società discrimina le donne che spesso sono costrette a vivere situazioni infelici e pesanti per tutta la vita. Se parliamo poi di violenza fisica da parte della donna, parliamo quasi sempre di legittima difesa per sfuggire o arginare la violenza del partner. Gli occhi neri, le costole rotte, i corpi sfasciati sono prevalentemente delle donne, ma anche le devastazioni mentali, le torture psicologiche, il terrore per l’incolumità dei figli, le umiliazioni, le privazioni, le segregazioni, la morte, sono opera di uomini, siano essi mariti, fidanzati, amanti, conviventi, o ex, che sono capaci di impensabili violenze fisiche, ma anche di violenze psicologiche tanto sottili e nascoste quanto letali».

Ci parli dello spettacolo del 24, Mia o di nessuno, del quale lei ha scritto il testo.

«Questo spettacolo, duro e poetico, nasce dallo spaesamento e dall’orrore che proviamo di fronte ai continui fatti di cronaca sui femminicidi e di conseguenza dalla necessità di diventare più consapevoli della gravità del problema della violenza sulla donna. Sotto la regia mia e di Gianni Gastaldon, sei attrici e cinque attori danno voce ad un racconto corale che rappresenta la graduale presa di coscienza da parte della donna del fallimento del rapporto con il proprio uomo, passando dal sogno del principe azzurro, trascurando così i primi segnali di allarme, ad una situazione che precipita sempre più nella privazione di altri affetti, altri contatti, nello svuotamento della propria mente e della propria vita, nel subire un controllo esasperante e terrorizzante, per approdare alla segregazione e alla conseguente necessità di sopravvivere».

Lei gestisce da anni un centro culturale e di espressione e ha da poco avviato anche uno spazio teatrale, Kitchen Teatro Indipendente. Come sta andando? I vicentini partecipano?

«Sì, i vicentini partecipano, sia alle attività di Ossidiana, Centro Culturale e di Espressione, da vent’anni a Vicenza, che agli spettacoli del Kitchen, nonostante la crisi economica e culturale. Anzi, probabilmente è proprio perché siamo in crisi che la gente sente la necessità di attivarsi e di partecipare a quelle forme culturali ed artistiche che allontanano dalla piattezza e dalla brutalità di altra 'cultura'. Dai vicentini e non, riceviamo spesso ringraziamenti e commenti positivi riguardo alle attività che proponiamo. E questo, oltre a farci piacere, ci rende più consapevoli di ciò che stiamo facendo, assieme al nostro staff direzionale ed artistico che è fatto da più persone, donne e uomini con età dai sedici a oltre i sessant’anni».

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