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Abbiamo incontrato Lanfranco Lionello, vulcanico editore con base a Cittadella ma innamorato da sempre della terra veneta che ha percorso e conosciuto nei minimi dettagli per portare a termine la straordinaria collana editoriale. Perché avete scelto l'aggettivo preziosa per Vicenza e provincia?
«Era chiaro il riferimento a quello che è stato ed è uno dei comparti artigianali e industriali più importanti dell'intera provincia: la lavorazione dell'oro. Ma anche le bellezze del territorio, dalla corona delle montagne allo splendido altopiano asiaghese, fino al pedemonte dolce e mutevole che da Bassano si snoda fino alla provincia veronese, e poi i Colli Berici e le pianure sottostanti sono un ambiente prezioso per lo sguardo ma anche per i frutti della terra, con i suoi vini, le ciliegie, i formaggi, il turismo, lo sport. Ma è la città di Vicenza ad essere preziosa. L'Olimpico, la Basilica Palladiana, il Duomo, i palazzi, i giardini, i ponti, i luoghi del sacro, e tutta l'architettura della città. E Palladio e le sue ville sparse in tutto il territorio. 'Quando si è goduta Vicenza, anche i palazzi di Parigi vengono a noia...', così scrive Loredana Olivato nel suo saggio sui palazzi urbani, citando Stendhal che in una serie di appunti per un Voyage en Italie, acutamente rilevava la caratteristica peculiare del capoluogo berico. E poi preziosa è la provincia, dal Grappa al Pasubio, con le città che sono sorte alle loro pendici, Bassano con il ponte e i Remondini e gli Antonibon; Marostica e il castello, e Thiene, Schio, Valdagno, Lonigo, Noventa, Potrei continuare ma finisco con le parole di Pietro Nonis che, nella sua mirabile prefazione del libro scrisse: “Vicenza è preziosa anche per quel bene senza prezzo che si chiama intelligenza, materia prima della cultura e dell’incivilimento. Prima di collocarsi fra chi guida la classifica della produzione-esportazione di prodotti finiti, Vicenza ha prodotto ed esportato intelligenza, ingegni, menti...” basterebbe ricordare, Piovene, Parise, Fogazzaro, Lampertico la cui fama è universalmente riconosciuta».
Sfogliando questo straordinario volume, ricco di immagini pregiate, si ha la sensazione di entrare in un mondo magico... quale messaggio avete voluto dare al lettore?
«Abbiamo cercato di proporre ciò che di più bello offre il territorio vicentino. Senza trucchi fotografici o artifici. Certo, negli ultimi cento anni molto è cambiato e la visione romantica dei viaggiatori ottocentesco non esiste più. Tanto è stato stravolto e distrutto ed è il prezzo che abbiamo pagato ad un passaggio epocale da civiltà contadina ad un'industrializzazione ed un’urbanizzazione imponente. Ma per questo abbiamo voluto dare un messaggio preciso: ciò che vedete nel libro si può ancora salvare. C'è, è intatto, nelle sue ville, nelle sue città, nella sua storia. Salviamo quello che ancora c'è».
Da cosa è nata la scelta di scrivere i testi anche in inglese?
«Questo è un aspetto ormai in uso nell'editoria di volumi destinati, oltre che al pubblico di lettori tradizionali, agli amanti dell'arte, della storia, della fotografia, anche e soprattutto alle aziende che usano questi volumi come testimonial della nostra terra per i loro clienti stranieri, e l'inglese è la lingua ormai più diffusa e accettata».
Il volume era già stato pubblicato ma ora è uscito in una nuova versione. Quali differenze ci sono?
«Dopo dodici anni la ristampa, e quindi la nuova edizione, necessitavano di un quasi completa rielaborazione, soprattutto dal punto di vista delle immagini e della grafica. Anche il piano d'opera degli altri volumi era stato nel tempo aggiornato e cambiate erano anche le tecniche di riproduzione e di stampa, cosicché per la nostra casa editrice, sempre in cerca della qualità estrema, era irrinunciabile fare questa scelta».
