NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Crisi imprevedibile 30 anni fa: nemmeno un mago...

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Crisi imprevedibile 30 anni fa: nemmeno un mago...

A fronte di grandi cambiamenti determinati soprattutto dalla crisi, che cosa si poteva immaginare all'epoca dei grandi conflitti contrattuali e che cosa si potrebbe inventare oggi per creare una prospettiva seria che non sembra molto vicina o probabile?

Crisi imprevedibile 30 anni fa: nemmeno un mago... (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)BRUNO OBOE- Più che avere sospetti sono sempre stato convinto che le conquiste dei lavoratori e della democrazia non sono per sempre ma a causa dell'andata e ritorno delle stesse vicende della vita, non solo della politica, si rimette sempre tutto in discussione; il che vuol dire però che bisogna continuare a lavorarci. Tenersi quel che si ha, si capisce, ma continuare a lavorarci perché niente è definitivo. Ecco che cosa ho sempre pensato.

PIETRO BARTOLOMEI- Non ho mai avuto a disposizione una palla di cristallo per indovinare. So che le crisi sono cicliche più o meno forti, magari con grandi problemi anche occupazionali come è stato nel caso della ceramica, della concia ecc. Allora però fu quando ci si inventarono cose nuove per rimediare appunto allo stato di recessione che si era creato; il fatto è che dopo l'Europa e quel che ci hanno raccontato dell'Europa non ci aspettavamo di arrivare all'unificazione in queste condizioni e ora siamo come la Grecia la Spagna, il Portogallo, ecc.

Crisi imprevedibile 30 anni fa: nemmeno un mago... (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)EGIDIO PASETTO- Neanch'io debbo dire ho mai avuto sindromi da indovino, ma so che i cosiddetti diritti se non fanno parte di quel novero di cose che non si toccano mai, come i diritti dell'uomo o la carta costituzionale, sono sempre ritoccabili perché secondo me tutto dipende dai contesti: sono i contesti che disegnano i diritti e non viceversa. Allora nord e sud del mondo non avevano alcuna relazione economica, in Cina c'era Mao, il mondo era diviso in due blocchi rigidi. La globalizzazione ha modificato tutto per cui ha ragione Oboe: deve esserci capacità delle persone a esercitare il diritto ed a conservarlo, ecc. Ma a parte i diritti fondamentali tutto va rinegoziato nel contesto che si è creato di fatto per cui se la Cina oggi è diventata la più grande manifattura del mondo tutto cambia e tutto si deve ridefinire all'interno di una situazione che vede cambiate anche le regole del gioco.

Dire che il contesto ridisegna i diritti vuol dire però chiedere alle parti in causa, una elasticità che oggi non si riesce a indovinare almeno in una certa parte del sindacato, così come può altrettanto essere ignorato dagli imprenditori. Le crisi di ceramica, meccanica, concia, oreficeria non hanno insegnato qualcosa anche su questo piano?

BRUNO OBOE- Sono partito a 14 anni lavorando nel tessile e sempre col tessile ho cominciato a fare il sindacalista; sapevamo benissimo che ogni quattro o cinque anni c'era una crisi; sapevamo anche che non si poteva aspettare il futuro per affrontare i problemi quando si presentavano, ma ragionandoci prima tanto che fino agli anni 60 abbiamo parlato anche delle grandi ristrutturazioni aziendali, sia nel tessile che negli altri settori. Per fare gli interessi dei lavoratori e della comunità dovevamo provocare qualcosa e proporre qualcosa ed ottenere reazioni che ci assicurassero iniziative del padronato almeno per i successivi dieci anni, con prospettiva larga. Questo era il metodo. Era normale che ci fossero le crisi specie nel tessile ed altrettanto normale che si agisse come ho detto. Ma nel 70 dopo avere ottenuto sulle contrattazioni riconoscimenti nuovi dai carichi di lavoro alla situazione ambientale di fabbrica, Pietro Marzotto ci ha presentato un piano da 25 miliardi che ha cambiato l'azienda; se la Marzotto esiste ancora è perché quell'imprenditore ha saputo davvero guardare avanti anche utilizzando il seme che avevamo piantato noi con le nostre sollecitazioni sulle condizioni di lavoro e sui livelli occupazionali.

PIETRO BARTOLOMEI- Anche nella ceramica c'è stato qualcosa di simile compresa una forte reazione alla situazione di crisi peggiore che si era registrata in quel momento particolare; dopo di che la ceramica da migliaia di lavoratori si è ridotta ad una realtà di nicchia: nel 70/71 avevamo avuto un contratto nuovo e tutto era abbastanza comprensibile e soddisfacente: i guai sono cominciati una decina di anni dopo quando sono spuntati gli Stati Uniti a dirci che non importavano più la nostra ceramica per la presenza di piombo nei prodotti e facendo così diminuire la nostra esportazione che è andata a terra dopo avere avuto aumenti anche del 55% annuo in provincia. Allora però è nato anche uno dei primi fondi di sostegno al reddito che ha aiutato molto a non precipitare del tutto la situazione. Questa è stata la reazione utile.

EGIDIO PASETTO- Tutto vero e sono d'accordo. Quel che cambia dal 2008 ad oggi è che è in crisi l’Europa non un solo settore o qualche azienda. È in crisi un modo di produrre anche se qualcuno vince e altri perdono ma è il sistema Europa a perdere. Cambiano i paradigmi e quindi bisogna pensarci nel contesto di un mondo che globalmente ha visto crescere il pil più del 3 per cento nell'anno. È alla luce di questi fatti che bisogna ripensare attentamente a tutto.

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