Come vedono le categorie produttivo questa fase di transizione rispetto al rapporto futuro con il mondo del lavoro?
CRISTIAN ZOPPINI- Condivido il fatto che nella scelta ci sia un fattore umano che deve pesare legato alle attitudini alle speranze e alle capacità del ragazzo; d'altra parte bisogna approfondire il rapporto con il mercato del lavoro dove si dovrà entrare a fine corsa; dobbiamo fare a capire a tutti, tutti assieme, che si deve entrare in azienda o si diventa libero professionisti o altro ancora. Ma la condizione è che si va a finire al mondo del lavoro. Facciamo una serie di incontri sull'orientamento con insegnanti ragazzi e genitori. Vogliamo informare sul tema del lavoro che è il tema fondamentale perché siamo a vocazione prettamente manifatturiera, le aziende producono e hanno bisogno di profili professionali tecnici; la scelta deve essere libera ma a conoscenza delle caratteristiche del territorio nel quale crescono. La vocazione manifatturiera che ci ha fatto crescere ed evolvere anche sui mercati mo0ndiali è patrimonio comune che si deve conoscere nel senso che si deve sapere che cosa occorre per inserirsi in questo mondo. Invece le situazioni di missmatching sono molte, le aziende aspettano figure professionali che non arrivano proprio perché molte scelte sono state fatte in modo sbagliato quale che ne sia l'origine, o i ragazzi non convinti o le famiglie che li hanno indirizzati in modo non corretto tenendo conto magari di proprie aspirazioni e non della realtà vera delle cose. Il percorso di crescita e di sviluppo non può prescindere da tutto questo. La globalizzazione è quella tal cosa per cui le aziende si sono strutturate e organizzate, ma anche i ragazzi la devono conoscere perché con questa mobilità territoriale che si afferma in tutto il mondo, i nostri ragazzi dovranno confrontarsi con i loro coetanei di tutti i paesi, non solo con quelli del proprio paese, e qui saranno fondamentali per forza le competenze specifiche professionali ma anche quelle trasversali come il lavoro di gruppo, la conoscenza delle lingue, kil rispetto delle regole, ecc. Apparentemente al di fuori delle competenze tradizionali e invece legatissime a tutto il quadro complessivo.
SANDRA FONTANA- Come responsabile dell'ufficio scuola di Confartigianato mi occupo molto dei rapporti con i genitori per cui abbiamo fatto una scuola, e naturalmente dei ragazzi,. Si parte con un deficit anche indipendente dal titolo di studio. Quello che notiamo anno dopo anno è che questo deficit è soprattutto si autonomia, molto garantiti e assistiti in tanti aspetti della loro vita per cui fanno difficilmente una vita veramente autonoma. Il ragazzino delle medie non fa praticamente nulla da solo e questo è un fatto che bisogna analizzare perché penalizza nelle scelte quotidiane compresa la scuola quando serve scegliere qualcosa di molto importante come in questo momento di passaggio alla scuola superiore. I genitori indirizzano i figli come hanno fatto con i più grandi anche se nel frattempo il mondo è cambiato. Preoccupante che si venga ai colloqui con noi accompagnati da un genitore, molto più preoccupante della scelta sul titolo di studio. Siamo convinti che l'autoimprenditorialità debba essere alla base di tutto anche nel passaggio tra le generazioni invece ora come ora si nota una certa caduta di personalità genericamente intesa.
GIANI ZEN- È che la scuola italiana continua a puntare molto di più sulla diligenza che sull'intelligenza; bisognerebbe fare una sana rivoluzione che non vogliamo però fare. La ministra Carozza ha fatto a Cernobbio un bellissimo intervento sul lavoro ipotizzando una ferma di un anno come in Germania per i ragazzi già dalla scuola. Nel decreto di tutto questo non c'è niente...
TINA CUPANI- Abbiamo un accordo con Confindustria su economia e lavoro giovanile per capire come muoverci assieme verso un ulteriore sviluppo chiedendo di essere è parte attiva all'interno di queste iniziative rivolte ai ragazzi. Come sindacato pensiamo che si tratti di creare per i ragazzi una collocazione razionale nel mondo del lavoro e che ci sia congruenza tra titolo di studio e impiego lavorativo. L'accordo lo abbiamo ora anche a livello provinciale. Bisogna ragionare sulla vicinanza della scuola al territorio prima di tutto per capire che cosa il territorio chiede, ed utilizzare quella parte di autonomia degli istituti superiori per essere vicini a questa esigenze. Ci interessa anche che i ragazzi sappiano del diritto che esiste per il mercato del lavoro. Su questo stiamo collaborando. Stiamo cercando di capire con i docenti proprio il momento del passaggio alla scuola superiore per identificare le criticità. Interessano i progetti già presentati per lavorare all'interno delle aziende, ma la scuola chiede di avere il tempo per gestire la preparazione a tutto questo e per fare formazione all'interno della scuola dato per scontato che ci deve essere continuità.. E infine si chiedono risorse che la scuola non ha o ha troppo scarse.