NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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Dolce storia di un cammino ipnotico

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Dolce storia di un cammino ipnotico

L'approccio con El Camino del Norte è a Irun, piccola città basca giusto nell'angolo formato dal sud della costa atlantica francese con l'inizio della penisola Iberica: il confine è poco lontano dall'aeroporto e l'inizio del percorso è subito segnalato, basta tirare un bel respiro visto che siamo di mattina e poi partire. Il bagaglio è ridotto al minimo e bisogna calcolare bene come funzionerà il ricambio degli indumenti durante le 32 tappe, quante ne sono segnate nel percorso ufficiale che mi è stato consegnato. Certo è che bisogna stare molto leggeri, avere scarpe serissime da trekking, una mantella per riparare il sacco dalla pioggia, ma soprattutto mettersi in spalla non più di 12/15 chili perché uno zaino troppo pesante finisce con il compromettere l'impresa. Diciamo che con una serie di magliette di cotone e pantaloncini adeguati si può fare benissimo tutto il percorso arrivando a indovinare la rotazione di tutto, a partire dalle calze corte che debbono far parte della dotazione. Un paio di sandali liberatori è opportuno ci sia perché alla fine della giornata i sandali sono normalmente una salvezza.

Dolce storia di un cammino ipnotico (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)La tabella mi ha segnato 32 tappe la cui lunghezza varia da un minimo di 17 ad un massimo di 42 chilometri. Ho potuto constatare direttamente che non è indispensabile seguire esattamente questa indicazione di partenza/arrivo, per il semplice fatto che uno può benissimo scandire in modo diverso il cammino. L'ho fatto personalmente non tenendo in alcun conto l'ansia di partenza al mattino presto che affligge la maggior parte dei camminatori. Una giornata estiva di luce dispone di molte ore per cui se dentro la medesima distanza si fanno anche tre o quattro soste di un'ora alla fine il risultato è che si riesce ad oltrepassare il limite della tappa e quindi ad equilibrare meglio i momento in cui la lunghezza è davvero molto forte, eccessiva come nel caso delle due tappe da oltre quaranta chilometri.

Dettagli, naturalmente, perché la sostanza è invece tutta incentrata su due punti chiave a cui non è possibile rinunciare per l'importanza che in effetti hanno, prima di tutto l'approccio attraverso un allenamento costante che nel mio caso è durato da febbraio/marzo fino a metà luglio (sono partito da Irun il 3 di agosto); l'allenamento serve non soltanto ad assuefarsi alla durata in ore della marcia, ma anche a dare ai piedi quel che serve per non entrare in conflitto con le scarpe. Vesciche e risentimenti assortiti sono all'ordine del giorno se si affronta questo impegno con leggerezza. Le vesciche in particolare vengono a tutti, ma è altra cosa se si supera il problema nelle prime due settimane di allenamento.

Il secondo aspetto della sostanza vera di tutta la questione riguarda l'aspetto non fisico dell'andare a zonzo per un mese lungo un lunghissimo cammino che ti dà modo di pensare molto e molto intensamente. Diciamo pure che la convivenza con se stessi non è proprio l'attività maggiormente in voga in questa nostra vita, il che pone immediatamente il problema di come cavarsela con la meditazione verso la quale ci avviamo più o meno consapevolmente. Per la verità non passa troppo tempo -diciamo non molto più delle due o tre tappe iniziali- prima che si venga assaliti dalla certezza che si è da soli e che questa condizione durerà a lungo pretendendo da noi una specie di reset davanti ad uno specchio immaginare in cui prima o poi di infileremo alla maniera dell'Alice di Carrol.

Non rimane traccia infatti delle correnti che pretendono di insegnare introspezione a tutta una umanità semismarrita, ci dimentichiamo dei "dove andiamo e da dove veniamo", i vari "chi siamo veramente e che cosa è in nostro potere progettare" perché tutto diventa un esercizio dilettantistico da primi passi sulla corda tesa; il vero funambolismo si arriva a capire che è tutt'altro, lontanissimo nello spazio, ma davvero a distanze siderali dalla faciloneria di qualche cacciatore di adepti a buon mercato. Purché paghino un gettone minimo, perché tutto fa...

Quando nell'813 dell'era cristiana quel re soprannominato Il Casto annunciò di avere scoperto la tomba dell'apostolo Giacomo in questo esteso campo dominato dalle stelle (campo de las estrellas) non soltanto assestò una scossa incredibilmente potente ad una Europa che addirittura galleggiava sulle reliquie di santi di tutti i generi (veri o presunti) ma piantò come una scheggia velenosa in un territorio come quello della penisola Iberica che "godeva" già da centinaia di anni della dominazione islamica e che quindi raccoglieva questa formidabile palla infuocata per rimandarla rabbiosamente al mondo dei dominatori, per quanto raffinati architetti o avanzati filosofi e matematici potessero rivelarsi.

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