NR. 08 anno XXIX DEL 27 LUGLIO 2024
la domenica di vicenza
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E Amleto diventò un reality

Intervista con Francesca Pennini che spiega la sua scelta di presentare il testo shakespeariano sotto forma di un casting. Il candidato scelto dal pubblico con l’applausometro

di Elena De Dominicis
elenadedominicis@virgilio.it

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Collettivo CineticO

Anna Cappelli (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)@artiscenichecom

 

La stagione di prosa del Teatro Astra di Vicenza si è conclusa questa settimana con lo spettacolo “Amleto” della compagnia Collettivo CineticO. Lo spettacolo non ha praticamente nulla del plot del famoso testo shakespeariano e viene presentato in forma di casting a cui partecipano dei volontari che hanno risposto via mail a una chiamata pubblica da parte della compagnia. I candidati al ruolo di Amleto vengono scelti dal pubblico tramite applausometro. Abbiamo incontrato la regista Francesca Pennini.

 

La cosa che vediamo subito sono questi tre “valletti” che introducono la scena: hanno la maschera e l’elastico della scherma e corrono in cerchio con la musica della Hamlet Suite Op.116 di Shostakovich. Come mai li hai mascherati da schermidori? Perché la spada è l’arma con cui si conclude la tragedia?

Collettivo CineticO (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Francesca Pennini: “Il riferimento sportivo allo schermidore è per il duello finale, però gli elastici non sono legati alla scherma, sono trasversali a tanti sport, col senso di dare una resistenza al corpo, una incapacità di agire, come la difficoltà d’azione nell’Amleto, ammanettarli sul palco e renderli schiavi della scena, vincolati lì. Questa maschera serve a celare il volto, a dargli una dimensione di cattiveria; la maschera è quella da maestro, ha il bavero nero, i candidati man mano che procedono nelle prove prima ce l’hanno bianca e soltanto chi vince ha la maschera nera come gli altri, diventano pian piano sempre più simili”.

Come mai i candidati non si vedono mai in faccia?

“Da un lato per tenere separato il corpo dalla voce, quindi l’azione dalla parola, dall’altro per giocare sull’identità di un possibile Amleto e sul mistero del loro viso, per renderli un po’ più goffi perché avendo una visione limitata sono costretti a guardarsi intorno e capiscono poco come funziona. Mi piaceva che il personaggio di Amleto, che per me sono tutti e 4 i candidati in realtà, fosse proprio una vittima di queste istruzioni che arrivano da fuori ma che non riesce a gestirsi, non ha speranza di successo”.

Hai scelto il taglio del reality che è quello che appiattisce qualsiasi cosa: qui hai preso un capolavoro del teatro e della letteratura e lo hai appiattito perché il testo non c’è e non c’è praticamente niente. Questi 4 che rappresentano milioni di ragazzi che si propongono qualsiasi cosa sappiano fare. È questo l’intento di quest’opera? Raccontare un sistema che appiattisce qualsiasi cosa anche il talento? Ti ha colpito in qualche modo?

“Pensavo che potesse essere funzionale al rapporto con l’opera di prosa più emblematica di tutte e che a tutti gli effetti è diventata in realtà una delle più pop e riconoscibili proprio nello strillo quasi commerciale dell’ “essere o non essere” . Diventa in modalità reality ed è appiattita dalla riconoscibilità e quindi darla in pasto agli spettatori mi sembra in realtà riconoscere che la fama di questo lavoro lo rende per forza commerciale”.

I ragazzi che non vengono selezionati li fai stendere a terra, morti per finta, fai prendere i rilievi, manca solo il plastico. Il linguaggio della spettacolarizzazione del delitto: è uno spettacolo teatrale ma parliamo di televisione.

“Forse parliamo di televisione perché parliamo di stare al servizio di ciò che vuole vedere il pubblico in un modo un po’ cinico e grottesco. Forse in questo senso va verso il televisivo: lo spettatore si sente in potere ma in realtà è anche lo spettatore in un tunnel”.  

Con l’applausometro permetti al pubblico di decidere il vincitore. C’è il potere dato dai numeri: non importa che il pubblico abbia una competenza tale da scegliere quello più adatto ma quello più simpatico, quello che venderà più dischi o che riempirà il teatro. È un meccanismo perverso: non ci deve essere competenza.

Collettivo CineticO (Art. corrente, Pag. 1, Foto generica)Si è vero ma è anche un ragionamento sul personaggio di Amleto e la difficoltà di portare a termine la sua missione, l’errore costante che compie nel cercare di vendicare il padre. Il fatto che nessuno dei quattro abbia speranza di riuscire bene, per me, torna con le caratteristiche di Amleto. La cosa impressionante che delle volte succede, è che dei candidati siano effettivamente adatti al personaggio di Amleto, non vengono scelti perché non è importante chi è giusto per il personaggio ma chi tiene lo spettacolo spesso assecondando proprio un senso di consenso. Cerco di scegliere persone diverse per professione, tipo di esperienze teatrali che hanno avuto, in modo da poter differenziare le loro descrizioni e suppongo che sia anche diverso l’approccio che hanno alle mie indicazioni. Cambia tantissimo su ogni piazza ma appena sentono come il pubblico risponde, vanno tutti verso quella “luce””.

Si ride dall’inizio alla fine perché la situazione è grottesca anche se alterni con le parti di coreografie. Quando ne rimane solo uno, lo illumini con una luce molto allungata per cui si crea un’ombra che sembra una marionetta o uno di quei manichini che si usano per gli studi anatomici di disegno. Questa immagine ha un ché di sinistro. È voluto associare il sinistro al divertente?

“Sì, per me è importante che ci sia sempre una punta di indigesto in queste risate e che nel momento in cui c’è il vincitore questa gloria iniziale vada sfumando verso la trappola che gli è stata tesa per cui lui non diventa altro che una marionetta nelle mani dello spettacolo. Deve eseguire le azioni come gli viene detto di fare e poi viene legato e comincia a correre come gli altri 3 che non sono altro che quelli intrappolati precedentemente e diventati i secondini dei nuovi arrivati. Per cui sì, una situazione un po’ funebre dove gli altri vengono smaltiti, vengono buttati in un sacco dell’immondizia tutti i vestiti degli eliminati; è volutamente un raffreddamento”.

Collettivo (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)

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