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la domenica di vicenza
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Interventi

C’est plus qu’un crime, c’est une faute

di Mario Giulianati
9 luglio 2016

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Interventi

C'est plus qu'un crime, c'est une faute

 

Un giovanotto poco più che ventenne, nigeriano, sbarca in Italia, a Lampedusa, a maggio del 2015 da un barcone e, come fanno tutti questi presunti o autentici fuggiaschi dalla guerra, chiede asilo e riconoscimento appunto come profugo. Giunge in un centro di accoglienza in Sicilia e chiede lo stato di rifugiato. Poi viene inviato a Sassari. La Commissione non considera veritiero il suo racconto e pertanto gli rifiutano il riconoscimento. Ormai è prassi che il rifugiato respinto faccia ricorso. E così fa questo giovanotto. Il giudice incaricato, a Cagliari, fissa l’udienza per la decisione definitiva nel gennaio del 2020. Le autorità preposte lo forniscono di un permesso di soggiorno. Quindi pare che per circa 2000 giorni (dal maggio del 2015 al 30 gennaio del 2020) e forse qualche mese in più, questo personaggio ha goduto e goda di vitto, alloggio, qualche soldo in tasca, vestiario, altre cose di prima necessità, assistenza sanitaria e tutela legale gratuita, e quant’altro il buon cuore vicentino gli offrirà. Di sole spese vive siamo sopra, e non di poco, agli 70.000 euro.

Cuore vicentino perché questo nuovo concittadino da dove si trovava in Sardegna in riva al mare, ha ritenuto che la città del Palladio fosse più consona alla sua visione della vita e così giunge a Vicenza. Un bel mucchietto di euro che però, se se ne è andato dalla Sardegna per giungere tra noi, BIBLIOTECA_DEL_SENATO (Art. corrente, Pag. 2, Foto generica)lasciando la struttura a cui era assegnato senza entrare in una nuova struttura, perde il diritto che da il programma dell’assistenza. Ma allora sorge preoccupante l’interrogativo di chiederci con che cosa e come vive. Un breve racconto che però innesta non pochi altri interrogativi e sopratutto crea l’immediata valutazione, negativa, di un metodo, messo in opera dal Ministro degli Interni Angelino Alfano e affidato, per quel che ci riguarda, al prefetto dott. Soldà. I confronti con il costo per l’Italia di un artigiano, di un modesto impiegato oppure di un operaio pensionati (non parliamo delle pensioni minime), persone che comunque hanno versato decenni di contributi, è presto fatto e risulta evidente che raramente in circa altrettanti 2000 giorni salga a quei livelli. Ma non è questo l’aspetto, seppur importante e delicato, che per ora mi interessa. Piuttosto mi interessa l’atteggiamento delle rappresentanze dello Stato che, a volte, pare non afferrino il senso dei malumori che sempre più si manifestano relativamente alla presenza non sempre gradita di questi, forse, profughi. Distorsioni come quella narrata non aiutano certamente a recuperare sentimenti di solidarietà. Tutt’altro. Oltre che un rifiuto della azione di sostegno genera forti sospetti di azioni illegali e una sempre maggior diffidenza nei confronti delle Istituzioni. La somma di questi effetti non è certamente una buona cosa. verrà respinto Ci si chiede ancora che cosa fa e farà una persona di questa età tutto il giorno, giorno dietro giorno, per tutti i duemila e più giorni della sua permanenza in Italia. Come e con chi occuperà il suo tempo? Con quali pensieri affronterà ogni singola giornata? Con quali prospettive accetterà che il tempo scorra sulla sua pelle senza dargli altro conforto che la sopravvivenza? Quali e quante illusioni si trasformeranno, via via che passa l’inutile tempo, in delusioni e quindi, spesso, in desiderio di rivalsa? Difficile se non impossibile dare risposte puntuali a queste e a altre domande, ma con la regolamentazione esistente, almeno per quanto appare essere, della gestione della vicenda profughi/ fuggiaschi/clandestini è assai più facile che le soluzioni scelte dai gruppi o dai singoli individui possano volgere al peggio. Ma il caso citato è uno di infiniti casi analoghi se non ancora più pesanti, e l’insieme non si presenta per nulla tranquillizzante. Ritengo che serva un regolamento più equilibrato, più rispettoso sia del profugo e della comunità ospitante, che tenga sempre conto di una priorità che è rappresentata, proprio per una miglior accoglienza del profugo autentico, dalla certezza della sicurezza e della garantita serenità della gente. Tutto il resto viene dopo. Plagiando il Ministro di Polizia del Primo Impero, Fouché (C’est plus qu’un crime, c’est une faute) il non provvedere in tempo, e il tempo è sempre più ristretto, direi che “più che un colpa grave è un errore”. Gravissimo.

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