Dalle collezioni private europee, svizzere e francesi provengono le straordinarie opere, circa un centinaio di lavori, tra dipinti, disegni, lavori su carta e stampe, che costiruiscono la mostra veneziana Le avanguardie parigine fin de siècle: Signac, Bonnard, Redon e i loro contemporanei. I capolavori appartengono al periodo del fine secolo dell’800, prima del movimento cubista e trasferiscono il clima parigino verso gli anni ‘80, quando la città viveva l’esperienza dell’arrivo di sempre nuovi artisti coinvolti dall’idea dell’evoluzione dell’arte nella negazione del passato. L’affermarsi delle avanguardie storiche era complessa, in quanto avveniva nell’accavallarsi di movimenti senza una chiara suddivisione -spiega la curatrice dell’esposizione Viviene Green- ed al loro ruolo si deve il rinnovo di una pittura dai linguaggi molto diversa delle opere ora esposte. Parigi fin de siècle viveva infatti un periodo di fermenti politici e trasformazioni culturali; molti artisti appartenevano a gruppi politici di sinistra sorti per le vicende sociali. Nella mostra all’inizio entrano le ninfee di Claude Monet nel loro dissolversi nei giardini di Giverny, quindi Pierre–Auguste Renoir, Berthe Morisot. Agli impressionisti rispondono i neoimpressionisti, verso la metà degli anni ’80, i Nabis ed i Simbolisti. Le avanguardie storiche nella loro evoluzione interiorizzano il principio fondamentale di uno sviluppo del “mezzo”, nell’adesione ai precedenti temi del paesaggio, l’interesse dello sguardo sulla città e per le visioni cittadine, la vita moderna, attraverso nuovi linguaggi. Signac, dopo la morte di Seurat (1852-1891), rappresenta il nuovo indirizzo del divisionismo, attraverso l’applicazione scientifica del colore puro in piccoli tocchi, che donava ai dipinti una superiore luminosità. Fondamentale è per i pittori del gruppo dei “Nabis” (da nebiim, parola ebraica che significa “profeta” o “visionario”) di subire il fascino delle incisioni giapponesi, come accade a Bonnard, con l’influenza di Gauguin e del suo Sintetismo. Quindi nell’incedere verso la modernità, entrano le intuizioni del Simbolismo, nel risalto delle opere di Redon, che premettono il distacco dal legaccio della realtà, per essere piuttosto pittura dell’onirico, avviso intuitivo di uno sguardo allarmante ed ambiguo, proiettato in anticipo sulla psicanalisi, nell’interiorità.
Vivien Greene, curatrice della mostra, e curator of 19th and Early 20th Century per il Solomon R. Guggenheim Museum di New York La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Guggenheim Publications in italiano e inglese, illustrato con saggi di studiosi come Bridget Alsdorf (Princeton University), Marina Ferretti Bocquillon (Musée des Impressionnismes) e Gloria Groom (Art Institute of Chicago).